Civile

Liquidazione giudiziale, a sindaci e pubblico ministero ruolo centrale

Gli organi di vigilanza potranno richiedere l’apertura del procedimento

di Filippo d’Aquino

L’approccio del legislatore delegato al procedimento di apertura della liquidazione giudiziale (ora che il termine “fallimento” è bandito dal lessico giuridico) è alquanto conservativo, in conformità alle indicazioni della legge delega (legge 155/2017), la quale, sul piano processuale, impone l’adozione di un «modello processuale» analogo a quello in essere («in conformità all’articolo 15» della legge fallimentare abrogata: articolo 2, comma 1, lett. d) legge 155 citata) e, sul piano sostanziale, mantiene immutato lo stato di insolvenza (articolo 5, legge fallimentare abrogata), di cui sono “manifestazioni” sia l’inadempimento delle obbligazioni, sia gli «altri fatti esteriori» che dimostrino l’incapacità del debitore di soddisfare regolarmente le obbligazioni (articolo 2, comma 1, lettera b), Ccii).

A quest’ultima indicazione del legislatore delegante paiono attribuirsi, come ribadito da ulteriori criteri di delega, tre delle principali novità che caratterizzano il nuovo procedimento “prefallimentare”.

La prima novità riguarda l’estensione della platea dei legittimati attivi. L’articolo 37, comma 2 prevede la legittimazione a chiedere la liquidazione giudiziale degli organi che hanno funzioni di vigilanza e controllo dell’impresa, in quanto soggetti idonei a intercettare quelle forme di manifestazione dell’insolvenza che non si traducano necessariamente in inadempimenti di obbligazioni pecuniarie. Il riferimento corre ai sindaci (organo collegiale o sindaco unico), i quali più che legittimati attivi, hanno un potere/dovere di domandare l’apertura del procedimento, quali collettori delle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati (articolo 25-novies). Qualche dubbio resta per i revisori contabili, i quali (a differenza di quanto si rinveniva nell’abrogato articolo 14, Ccii) non sembrano rivestire analoga posizione di garanzia.

La seconda novità (per il vero, già scontata nella prassi: Cassazione, 26407/2021) è la legittimazione attribuita al pubblico ministero (articolo 38), ora indipendente dall’apertura di un procedimento penale (vedi articolo 238, secondo comma, legge fallimentare abrogata) o dalla segnalazione di un giudice, legata alla mera «notizia di uno stato di insolvenza» (articolo 38). Il pubblico ministero potrà valorizzare qualunque informazione qualificata di fatti esteriori sintomatici dello stato di insolvenza (crisi aziendali, coinvolgimento dell’imprenditore in frodi tributarie e contributive, operazioni finanziarie dissipative o preferenziali, etc.), limitandosi ad aprire il Registro degli atti non costituenti notizia di reato (il “verdone”) e poi instare per la liquidazione giudiziale.

La terza (e decisiva) novità riguarda l’acquisizione istruttoria di elementi dai quali ricavare, quale che sia l’istante, i fatti esteriori dell’insolvenza diversi dall’inadempimento, le cosiddette «informazioni sui debiti risultanti da banche dati pubbliche» (articoli 42, 367), quali l’estratto dell’agente della riscossione e i bilanci. I dati emergenti da tali fonti informative (a contestarsi al debitore) possono risultare sintomatici dello stato di insolvenza (nella sua più piena accezione di condizione economico-finanziaria che prescinde da un singolo inadempimento) in termini indipendenti da quanto deduce il creditore (o altro istante) e possono dare indicazioni iniziali sulla dimensione del dissesto e sulle iniziative da adottare.

Qui la novità è duplice. In quanto norma diretta all’ufficio che procede, l’acquisizione di queste informazioni avviene ipso iure (articolo 42) e non è più rimessa alla discrezionalità del giudice (ope iudicis), circostanza che sotto la disciplina abrogata aveva creato distorsioni persino all’interno degli stessi uffici giudiziari. In secondo luogo, tale norma non è più destinata a colmare lacune difensive del (creditore) istante (Cassazione, 6991/2019; 13643/2013), in quanto volta a evidenziare ulteriori fatti sintomatici dell’insolvenza – una volta dedotta dal ricorrente - utili per la decisione.

Il legislatore delegato ha, poi, dato attuazione a un ulteriore principio di delega, la «particolare celerità» del procedimento (articolo 2, comma 1, lett. d) della legge 155/2017), introducendo la facoltà di intervento nel procedimento già pendente, sia di altri creditori, sia del pubblico ministero (articolo 41, comma 5), benché resti il dubbio se e come portare l’intervento a conoscenza del debitore non costituito (Cassazione, 17328/2015; 8096/2022). È, quindi, possibile una più rapida trattazione delle diverse domande all’interno di un unico procedimento che, diversamente, sarebbero trattate separatamente per poi essere riunite.

Nella stessa direzione va la disposizione dell’articolo 40, comma 10 (introdotta opportunamente dal Dlgs 83/2022), che limita la proposizione della domanda di concordato preventivo – da parte del debitore incidentalmente nel procedimento preliquidatorio - non oltre la «prima udienza», scoraggiando le domande di concordato “abusive”, finalizzate a ostacolare o ritardare l’esame della domanda di liquidazione giudiziale.

Completa il quadro l’introduzione del principio della retrodatazione degli effetti della decisione al momento della proposizione della domanda, in relazione al computo a ritroso del periodo sospetto in caso di successivo esercizio delle azioni revocatorie concorsuali (articoli 163 – 164, 166, 169), circostanza che – indipendentemente da durata e celerità del procedimento – garantirà i creditori da eventuali atti depauperativi già compiuti dal debitore.

La complessità del procedimento induce a ritenere obbligatorio il patrocinio anche per il debitore, benché il legislatore preveda che questi possa stare in giudizio personalmente (articolo 40, comma 5), anche nei procedimenti in cui non sia ricorrente.

Il procedimento è, comunque, destinato a essere inciso dall’attuazione della Direttiva di armonizzazione delle discipline dell’insolvenza, allo stato in fase di proposta (proposta di Direttiva 7 dicembre 2022, 702 final), con particolare riferimento alle microimprese insolventi (articoli 41 – 45).

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