Famiglia

Trust e amministrazione di sostegno per la personalità narcisista, ossessiva e paranoide

Lo prevede la Cassazione con l'ordinanza 1 ottobre 2021 n. 26736

di Valeria Cianciolo

La Cassazione con l'ordinanza n. 26736 del 2021 ha confermato la nomina di un amministratore di sostegno a una donna dalla personalità con caratteristiche disarmoniche e in cui sono emersi tratti di tipo narcisistico, ossessivo-compulsivo, istrionico e paranoide.

Il caso

Nel 2017 il Tribunale di Roma aveva assolto con formula piena dalle accuse di truffa e uso di atto falso da parte di un altro soggetto con legami con la vittima. La donna successivamente si è lasciata guidare da questo soggetto in una vicenda che ha avuto anche dei risvolti penali.

La corte d'appello capitolina rigettava il reclamo avverso il decreto del giudice di tutelare che su ricorso del figlio della donna aveva disposto l'apertura della procedura di amministrazione di sostegno della reclamante ritenuta bisognosa di assistenza nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione inerenti alla gestione del suo patrimonio e di società.

Veniva nominato quale amministratore di sostegno un avvocato ed estesa la medesima procedura anche agli atti di ordinaria amministrazione.

La corte territoriale, infatti, condivideva in pieno le valutazioni dei periti e dei consulenti tecnici d'ufficio nominati nel procedimento penale, avente ad oggetto il delitto di circonvenzione di incapaci, e nel procedimento dinanzi al giudice tutelare, che rilevavano nella donna "una personalità con caratteristiche disarmoniche e in cui sono emersi tratti di tipo narcisistico, ossessivo-compulsivo, istrionico e paranoide… Tali tratti determinano un indebolimento della corretta percezione della realtà e della capacità di rapportarsi tale da configurare una condizione di deficienza psichica ovvero uno stato di vulnerabilità e di menomazione del potere di critica."

Secondo i periti, infatti, la donna «alle domande riguardanti le sue vicende patrimoniali aveva risposto in modo sbrigativo, ripetendo frasi fatte, offrendo una visione sommaria di affari e interessi». Il suo patrimonio immobiliare? La donna ignora quale sia. Le società che se ne occupano? Anche su questo la donna non sa riferire nulla: «Ha fornito risposte non esaurienti, talvolta confuse, non ricordando alcun dato relativo ai ricavi, ai costi e al rendimento effettivo di dette società». Per gli aspetti pratici della propria esistenza l'ammistranda dipende dal suo assistente. Posizioni queste, arrivate dopo un'altra consulenza chiesta dal Pm nell'ambito dell'inchiesta nata da una denuncia depositata in Procura dal figlio della ricorrente contro il giovane compagno. Ed è proprio nell'incidente probatorio, richiesto per cristallizzare lo stato psichico della vittima, che sarebbe venuto fuori quel tratto «narcisistico, ossessivo, compulsivo, istrionico e paranoideo».Fermamente convinta di sapersi autodeterminare e di non avere bisogno di aiuto, la donna proponeva ricorso per cassazione.

Il giudizio davanti alla Suprema corte

Fra i motivi denunciati dalla ricorrente rilevava l'omesso esame delle plurime censure rivolte dei consulenti di parte alle consulenze d'ufficio, a dimostrazione dell'autonomia di giudizio della stessa emergente dalla costituzione di due trusts cui affidare il suo patrimonio sia l'omessa pronuncia sul motivo di reclamo con il quale era stata dedotta la rilevanza dell'intervenuta costituzione dei trust quale misura alternativa l'amministrazione di sostegno.

La corte territoriale aveva esaminato la questione inerente ai trusts per escludere la rilevanza quale espressione di autonomia di giudizio della ricorrente sia quale misura alternativa alla amministrazione di sostegno.

Gli Ermellini sostengono sul punto che si tratta di una valutazione di fatto incensurabile in sede di legittimità e coerente con l'onere di vigilanza sull'operato del trustee, che gravando di regola sul disponente, ne presuppongono la capacità di autodeterminazione per la cura dei propri interessi che la corte ha escluso.

Per tutti questi motivi dunque, la cassazione ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile.

Rimane ferma dunque, la nomina dell'AdS per la donna non solo per gli atti di straordinaria amministrazione, ma anche di ordinaria amministrazione.

L'amministratore di sostegno

La legge 9 gennaio 2004, n. 6, introducendo nel libro I, titolo XII, del codice civile l'amministrazione di sostegno (la legge reca anche la "modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali") ha esplicitato le sue finalità direttamente all'articolo 1, in forza del quale "la presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente".

L'istituto ha saputo conquistarsi nella prassi giurisprudenziale un sempre maggiore spazio applicativo: la nomina dell'amministratore di sostegno suppone una condizione attuale di incapacità, sicchè la legittimazione a richiedere l'amministrazione di sostegno della persona che si trovi nella piena capacità psico-fisica è certamente esclusa, ma non richiede che il beneficiando si trovi in uno stato di incapacità di intendere o di volere, essendo sufficiente che sia privo, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi "infermità" o "menomazione fisica", anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che lo metta nelle condizioni di non saper provvedere ai propri interessi. Se vi sono questi presupposti, il giudice è tenuto, in ogni caso, a nominare un AdS, poiché la discrezionalità attribuitagli dall'articolo 404 c.c. ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea (amministrazione di sostegno, inabilitazione, interdizione) e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva.Con ciò non si vuole assolutamente dire che una persona in avanzata età senile debba avere un AdS.

La senescenza e l'incapacità non sono necessariamente compagne di banco. Peraltro, ove la persona, seppure molto anziana, abbia sì difficoltà di movimento, ma anche piena consapevolezza degli atti da compiere, e si riveli assistita da famigliari, persone amiche, servizio sociale, non giova l'attivazione, nei suoi confronti, dell'amministrazione di sostegno. (T. Vercelli, 16 ottobre 2015).


Rapporto tra trust e amministrazione di sostegno
La sentenza, è l'occasione per fare una riflessione sull'istituto del trust in combinazione con la nomina dell'AdS.

Con l'evoluzione della società, con l'aumento della circolazione dei beni e della ricchezza, il trust sembra un istituto particolarmente adatto a rispondere alle esigenze di talune categorie di soggetti deboli e, dunque, un istituto capace di perseguire interessi meritevoli di tutela ex articolo 1322 cod. civ.

Gli strumenti di cura e di protezione delle persone prive di autonomia sono caratterizzati da due cause: la cura personae e la cura patrimonii, combinati tra loro organicamente e con molteplici punti d'intersezione, comunicano fra loro bidirezionalmente.

La maggiore novità introdotta dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6, sta infatti, più che nell'elasticità della procedura di amministrazione di sostegno e dei suoi contenuti, nella tutela della persona in un nuovo accordo con le misure di protezione del patrimonio, in cui i fattori della cura personae e della cura patrimonii si muovono di pari passo. Caratteristica determinante del trust in fattispecie di questo genere, è la centralità del trustee nell'utilizzazione dell'istituto in caso di segregazione patrimoniale a favore di un soggetto vulnerabile o fragile: nel caso di tutela di disabili, vi è bisogno di un soggetto che decida la gestione dei frutti e dei beni appartenenti al soggetto debole sofferente di handicap psichici o mentali, l'alienazione dei cespiti quando i frutti non siano sufficienti, che si occupi della riscossione delle rendite o delle pensioni.

Parte della dottrina suggerisce l'intervento di un guardiano del trust, cosa che nel trust oggetto del provvedimento romano mancava (o almeno, non se ne parla, sebbene la Cassazione parli del trust incidentalmente, poiché fra i motivi addotti dalla ricorrente, vi era l'omessa pronuncia sul motivo di reclamo con il quale era stata dedotta la rilevanza dell'intervenuta costituzione dei trust quale misura alternativa l'amministrazione di sostegno).

Trust complementare

Il trust non può considerarsi una misura alternativa all'AdS, bensì complementare a questo. Autorevole dottrina esperta in materia di amministrazione di sostegno suggerisce di nominare proprio l'amministratore di sostegno nel ruolo di guardiano del trust dove l'attività di gestione di una certa complessità è svolta dal trustee, sgravando l'amministratore di sostegno da gravose incombenze.

In queste circostanze, diventa interessante verificare come un nuovo istituto come l'amministrazione di sostegno possa relazionarsi in rapporto al trust istituito a tutela del soggetto debole. Il trust, in quanto istituito per atto tra vivi, può realizzare una segregazione patrimoniale che comunque può venire modificata per adattarsi alle esigenze del soggetto debole. A questo proposito, occorre sottolineare che la nomina di un trustee quale amministratore di sostegno renderebbe particolarmente modellabile e vantaggiosa l'utilizzazione delle due peculiari figure nell'interesse del soggetto debole beneficiario del trust e dell'amministrazione di sostegno, garantito comunque dalle rigorose norme di responsabilità previste per il trustee e per l'amministratore di sostegno.

Si potrebbe pensare anche ad un'altra modalità: ad esempio, che una parte del patrimonio sia gestita dall'amministratore di sostegno e l'altra dal trustee.

Anzi, il trust consente di assicurare la conservazione e la destinazione del patrimonio senza dover ridurre ulteriormente la capacità di agire del beneficiario dell'amministrazione di sostegno. Diverse le pronunce di Giudici di merito, che hanno applicato l'istituto del trust al beneficiario di amministrazione di sostegno (G.T. Tribunale di Genova, decr. 14 marzo 2006; G.T. Tribunale di Bologna, decr. 19-23 settembre 2008; Trib. di Bologna, 11 maggio 2009 in Banca Dati Pluris on Line).

La compatibilità tra i due istituti ha avuto un passaggio importante con l'articolo 39-novies, L. 23 febbraio 2006, n. 51 (recante "Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 recante Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti.

Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative"), che ha inserito un nuovo articolo nel codice civile, l'articolo 2645-ter, con il quale, in termini di diritto positivo, si è aperta la strada ad una alternativa al trust, facendo perno sulla meritevolezza degli interessi.

LA MASSIMA

Amministratore di sostegno - (Cc, articolo 404 ).

Per una personalità con caratteristiche disarmoniche e in cui sono emersi tratti di tipo narcisistico, ossessivo-compulsivo, istrionico e paranoide che determinano un indebolimento della corretta percezione della realtà e della capacità di rapportarsi tale da configurare una condizione di deficienza psichica ovvero uno stato di vulnerabilità e di menomazione del potere di critica, la misura di protezione più adeguata è l'amministrazione di sostegno in relazione agli atti di straordinaria amministrazione concernenti la gestione societaria ed il patrimonio immobiliare.

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