Professione e Mercato

Il grado di prova nel giudizio sportivo

Lo standard probatorio necessario per ritenere un soggetto colpevole di una violazione disciplinare sportiva è diverso da quello richiesto dall'ordinamento statale nell'ambito di un giudizio penale

di Stefania Cappa *

Lo standard probatorio necessario per ritenere un soggetto colpevole di una violazione disciplinare sportiva è diverso da quello richiesto dall'ordinamento statale nell'ambito di un giudizio penale.

Difatti, il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI è intervenuto sul punto più volte, stabilendo che "(…) è principio consolidato della giustizia sportiva che lo standard probatorio richiesto non si spinge fino alla certezza assoluta della commissione dell'illecito - certezza, che peraltro, nella maggior parte dei casi sarebbe una mera astrazione – né al superamento del ragionevole dubbio, come nel diritto penale. La sua definizione prevede che il grado di prova richiesto, per poter ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio. A tale principio vigente nell'ordinamento deve assegnarsi una portata generale; sicché deve ritenersi adeguato un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla commisisone dell'illecito.". (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. Un., Decisione n. 6/2016).

In un giudizio penale, invece, il giudice pronuncia sentenza di condanna quando l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio.Il riferimento al ragionevole dubbio è stato inserito con la legge n. 46/2006 , che stabilisce la necessità di un alto grado di probabilità di colpevolezza dell'imputato, non ritenendo sufficiente un minimo dubbio di colpevolezza per poter arrivare al pronunciamento di una sentenza di condanna.

Nel processo penale, in particolare, il criterio del ragionevole dubbio costituisce una regola probatoria, disciplinando nel quantum l'onere della prova a carico del pubblico ministero (art. 533 co. 1 c.p.p.), ma anche un precetto di giudizio che il giudice è tenuto ad applicare (art. 530 co. 2 c.p.p.).

Come noto, il giudice ha il potere di applicare la pena discrezionalmente, indicando i motivi che giustificano l'utilizzo del potere discrezionale.

In ogni caso, lo standard probatorio necessario nel giudizio penale - per dirsi consumato un reato - richiede la necessità di un alto grado di probabilità di colpevolezza dell'imputato, non ritenendo sufficiente un minimo dubbio di colpevolezza per poter arrivare al pronunciamento di una sentenza di condanna.

Tuttavia, il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio rappresenta un limite alla libertà di convincimento del giudice, per evitare che la decisione finale del procedimento venga presa in base ad apprezzamenti meramente soggettivi del giudice. (Cfr. Cass. Pen., Sez. V, Sez. 5, 53222/2018).

Ancora, nel giudizio penale deve trattarsi di una probabilità che consenta di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio attraverso elementi logici, la colpevolezza del soggetto che ha compiuto l'evento; nel giudizio sportivo, invece, è sufficiente una certezza relativa in ordine all'illecito commesso.

Fatta questa premessa, va osservato come, nel giudizio sportivo - per ritenere sussistente una violazione disciplinare - l'organo giudicante non potrà cercare l'assoluta certezza della commissione dell'illecito, ma non potrà neppure sostenere una posizione dibattimentale basata su elementi probatori apprezzati in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio adoperato nei processi penali come limite di convincimento del giudice.

Dunque, l'accertamento della responsabilità degli illeciti di natura disciplinare non può trovare il suo fondamento nella certezza assoluta della prova raggiunta, posto che nella maggior parte dei casi rappresenta una mera astrazione.

Se così non fosse, fra l'altro, come già ampiamente sostenuto dalla giurisprudenza sportiva, vi sarebbe il rischio concreto di rallentare il giudizio disciplinare, di impedire la piena tutela dei diritti dei soggetti dell'ordinamento sportivo, oltre a vanificare il principio di ragionevole durata del processo sportivo nell'interesse del regolare andamento delle competizioni sportive e dell'ordinato svolgimento delle attività federali. (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. Un., Decisione n. 93/2017).

In sostanza, l'organo giudicante, nell'accertare una violazione disciplinare, deve formarsi un "confortevole convincimento" e, per giungere a questo risultato, il grado di prova richiesto va individuato in un criterio che superi la semplice valutazione della probabilità comunque inferiore all'esclusione di ogni ragionevole dubbio (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. Un., Decisione n. 93/17; Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. I, Decisione n. 23/2021 ed infine Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. Un., Decisione n. 71/2021).

Ancora, il Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, in relazione all'ordinamento penale e quello sportivo, si è espresso nel senso che "(…) la commistione fra i due ordinamenti ritorna, tuttavia, ogni qual volta non sia possibile non tenere in considerazione l'intervento sostitutivo o caducatorio della giustizia ordinaria. Hanno, quindi, autorità di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che il reato è stato commesso: a) la sentenza penale irrevocabile di condanna (art. 39, comma 1, CGS); b) la sentenza irrevocabile di applicazione della pena di cui all'art. 39, comma 2, CGS, la cui logica si richiama alla previsione di cui all'art. 444, comma 2, c.p.p.; nonché la sentenza di assoluzione che accerti che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso." (Cfr. Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, Sez. Consultiva, Parere n. 1/2016).

A titolo di esempio, il Tribunale Federale FISE (Federazione Italiana Sport Equestri) ha prosciolto la deferita Tizia dall'asserito illecito di aver allegato ad una segnalazione dei documenti contenenti dichiarazioni apparentemente riconducili a soggetti terzi, al fine di far deferire un tecnico federale; tuttavia, i signori in questione una volta sentiti dalla Procura, in sede d'indagini, hanno disconosciuto la paternità delle anzidette dichiarazioni. L'atto di deferimento della Procura si basava unicamente sulle menzionate dichiarazioni, acquisite tra l'altro in un altro procedimento già definito con sentenza.

A giudizio del Tribunale Federale, sulla scorta della giurisprudenza anzidetta, "al fine di fondare la responsabilità in esame sarebbe stato necessario non solo provare l'effettiva falsità materiale e ideologica delle dichiarazioni in esame (che allo stato risultano essere state solo disconosciute verbalmente dai presunti autori, pur non essendo seguita una effettiva verifica e conferma tecnica delle ipotizzate sottoscrizioni apocrife), ma anche provare che l'utilizzatrice nella fattispecie fosse alternativamente o l'autrice diretta del falso ovvero quanto meno a conoscenza della presunta non genuinità degli stessi documenti. Prova che nel caso non è stata raggiunta. L'organo giudicante non può cercare l'assoluta certezza della commissione dell'illecito ma non può neppure sostenere una posizione dibattimentale assodata in base ad un elemento probatorio valutato in misura superiore al ragionevole dubbio, criterio utilizzato nei processi penali come limite di convincimento del giudice. (…).". (Cfr. Trib. Fed. FISE, Decisione n. 39/2022).

In conclusione, quindi, lo standard probatorio richiesto dalla Giustizia sportiva non si spinge sino al superamento di ogni ragionevole dubbio, ma richiede la formazione del "confortevole convincimento" dell'organo giudicante.

* di Stefania Cappa, Avvocato specializzato in Diritto dello Sport e Diritto Penale; Partner dello Studio Legale Ermanno Cappa & Partners; Procuratore Federale FISI - Federazione Italiana Sport Invernali; Giudice Sportivo Territoriale Area Nord FGI - Federazione Ginnastica d'Italia e Membro della Commissione Diritto dello Sport ed Eventi Sportivi dell'Ordine degli Avvocati di Milano.

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