Civile

Rifugiati ucraini, stranieri senza permesso permanente esclusi dalla protezione temporanea

I nodi della normativa italiana sull’accoglienza

di Marco Noci

L’applicazione nel nostro ordinamento della direttiva europea 2001/55, con il Dpcm del 28 marzo 2022 che garantisce l’accesso alla protezione temporanea alle persone in fuga dall’Ucraina non include, però, gli stranieri residenti in Ucraina al momento dell’invasione russa senza un permesso di soggiorno permanente.
L’esclusione dai benefici della protezione temporanea dei cittadini stranieri sprovvisti della carta di soggiorno ucraina desta perplessità anche perché la legislazione ucraina limita a poche categorie di cittadini la possibilità di chiedere un soggiorno permanente: i professionisti, i lavoratori altamente qualificati, gli imprenditori che hanno investito almeno centomila dollari e, infine, i genitori, coniugi e figli di cittadini ucraini.

Ne restano quindi esclusi tutti i lavoratori, gli studenti universitari e i richiedenti asilo.

Il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esiliati (Ecre) ha evidenziato come, invece, Germania, Spagna, Paesi Bassi e Lussemburgo abbiano dato attuazione a quanto previsto ai punti 13 e 14 della decisione del Consiglio europeo n. 382 del 4 marzo 2022 dove si legge che «gli Stati membri possono estendere la protezione temporanea» ad altri cittadini di Paesi terzi che «si trovavano in Ucraina per un breve periodo per motivi di studio o di lavoro» e che «possono ammettere ulteriori categorie di sfollati» qualora lo siano per «le stesse ragioni e dal medesimo Paese».

Le persone che restano escluse da quella temporanea possono comunque chiedere altri tipi di protezione. quali il riconoscimento della protezione internazionale o, in alternativa, di quella speciale.

Un altro elemento di criticità riguarda la possibilità per i cittadini ucraini e per coloro che hanno già la protezione temporanea di richiedere anche quella internazionale.

La direttiva europea 55 del 2001 afferma che i due status non sono cumulabili.

Il Dpcm del 28 marzo 2022 ha, invece, previsto questa possibilità ma ha sancito che l’esame della domanda di protezione internazionale parta solo al termine del periodo di durata della protezione temporanea, che al momento è valida fino al 4 marzo 2023. Inoltre, qualora la domanda di protezione internazionale non sia stata sospesa, il richiedente asilo può beneficiare della protezione temporanea solo se rinuncia alla protezione internazionale.

La relazione n. 36/2022 della Corte di Cassazione ha però annotato la presenza di criticità nelle disposizioni nazionali (Dlgs n. 85/2003 e Dpcm 28 marzo 2022) che paiono in contrasto con i dettami della direttiva europea 2001/55. La direttiva non dispone, infatti, un meccanismo di sospensione dell’esame della domanda di protezione internazionale a seguito del riconoscimento della protezione temporanea, ma si limita a prevedere che gli Stati membri possano disporre che il beneficio della protezione temporanea non sia cumulabile con lo status di richiedente asilo.

Il Dpcm del 28 marzo 2022 prevede, invece, che il titolare del permesso di soggiorno per protezione temporanea possa presentare in qualunque momento domanda di protezione internazionale. Rinvia però l’esame e la decisione della domanda di protezione internazionale al momento della cessazione della protezione temporanea. In tal modo, viene a crearsi un’ipotesi di sospensione non prevista dalla direttiva 2001/55/CE.

Secondo la relazione della Cassazione, dovrebbe operare la disciplina di maggiore favore prevista dalla direttiva in luogo di quella nazionale, alla luce del Considerando 17 della decisione del Consiglio europeo 382/2022.

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