Civile

Sezione speciale in Cassazione per un fisco più equo

La Commissione interministeriale per la giustizia tributaria ha concluso i propri lavori formulando alcune proposte di legge e di legge delega

di Livia Salvini

La Commissione interministeriale per la giustizia tributaria ha concluso i propri lavori formulando alcune proposte di legge e di legge delega. Come è già emerso dalle anticipazioni (si veda il Sole 24 Ore di ieri), la Commissione non è giunta a conclusioni unitarie, ma ha formulato due proposte di legge delega sulla riforma della giustizia che divergono in modo sostanziale. Qui ci si vuole soffermare brevemente su quella che propone la istituzione di una magistratura tributaria professionale a tempo pieno, sulle medesime basi costituzionali che legittimano l’attuale composizione delle Commissioni tributarie quali giudici speciali. In effetti, il mandato ricevuto dalla Commissione interministeriale è quello di elaborare ipotesi di interventi diretti alla riforma della giustizia tributaria che siano di carattere strutturale, secondo le priorità del Governo evidenziate anche dal Pnrr.

I nuovi magistrati saranno dunque reclutati mediante concorso ed andranno a formare una «quinta magistratura speciale» che si aggiunge alle esistenti. Con ciò si è ritenuto di venire incontro alle richieste sempre più pressanti di specializzazione dei giudici formulate dagli utenti della giustizia tributaria e formalizzate anche in numerosi ddl presentati alle Camere. Non vi è dubbio, del resto, che la maggiore specializzazione sia funzionale anche alla riduzione delle cause pendenti dinanzi la Corte di Cassazione attraverso un minor numero di impugnazioni di sentenze percepite come “inadeguate”.

Il reclutamento mediante concorso, e la conseguente destinazione dei nuovi giudici ai Tribunali tributari (le nuove Commissioni provinciali), non lascerà tuttavia prive di giudici professionali le Corti di Appello tributarie (le nuove Commissioni regionali): infatti, per consentire fin da subito l’alimentazione dei relativi ruoli è previsto che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, con qualifica almeno equivalente a quella prevista per i magistrati delle Corti di Appello tributarie e che abbiano svolto funzioni di giudice tributario onorario, possano chiedere la definitiva assegnazione, mediante procedura di selezione, ai ruoli della magistratura tributaria.

La proposta, nella consapevolezza che la creazione di tale magistratura richiederà un impegno di medio periodo, ed al fine di salvaguardare le professionalità acquisite, prevede una perdurante ed importante funzione degli attuali giudici onorari. In primo luogo, sono riservati ad essi, togati o non togati, dei posti nel concorso di reclutamento dei nuovi giudici. I giudici onorari andranno comunque a formare, nel periodo transitorio, i collegi con i nuovi magistrati tributari.

Inoltre, è riservata ai giudici onorari, attuali o reclutati in futuro, la nuova figura del giudice monocratico, destinato a decidere, nel (solo) primo grado del giudizio, le controversie di valore pari o inferiore a 3mila euro. Questa previsione, insieme a quella sulla conciliazione giudiziale di cui si dirà, è diretta a ridurre notevolmente l’impegno dei collegi per i contenziosi “minori”. Tali contenziosi rappresentano attualmente, come è noto, una rilevante parte delle cause pendenti e la proposta ha anche l’effetto di ridurre in modo permanente il numero dei nuovi giudici professionali da reclutare rispetto al numero degli attuali giudici onorari.

Un altro punto qualificante della proposta è quello della istituzione di una sezione speciale tributaria della Corte di cassazione, composta da giudici ordinari e da giudici speciali tributari, al fine di assicurare una sempre più rilevante funzione nomofilattica della Corte, anche con finalità di deflazione del contenzioso tributario.

Al nuovo giudice tributario verrà affidato inoltre l’incisivo compito di esperire, in determinati casi, la composizione delle controversie attraverso la formulazione, per le controversie di valore fino a 50mila euro (che restano comunque oggetto della mediazione amministrativa attualmente prevista, che dà, perlomeno per le contestazioni di competenza dell’Agenzia delle Entrate, buoni risultati), di una proposta conciliativa. Viene riproposto, nel giudizio tributario, il modello dell’articolo 185 bis del Codice di procedura civile, diretto a creare una vera e propria conciliazione giudiziale che si affianca al modello “debole” previsto attualmente. L’accettazione della proposta conciliativa è comunque rimessa alle parti, nella salvaguardia del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria, ma l’ingiustificata – alla luce della sentenza – reiezione della proposta comporterà un aggravio delle spese a carico del soccombente.

La progettata riforma dovrebbe essere anche l’occasione per rafforzare, nell’ottica del giusto processo, le garanzie del contribuente; garanzie che si concretano in proposte sull’ammissibilità della testimonianza, se consentita dalla Commissione, nei casi in cui l’atto impositivo si fondi a sua volta su prove di contenuto testimoniale e nella tutela avverso atti di accertamento che si basano su atti istruttori illegittimi per violazione dei diritti fondamentali del contribuente.

Nella consapevolezza, infine, che un ulteriore miglioramento del rapporto tra contribuenti e Amministrazioni fiscali non può che riflettersi in una riduzione quantitativa e in un più alto livello qualitativo della giustizia tributaria, alle proposte di delega sulla riforma del processo si affiancano proposte di legge sul procedimento, come quella che amplia il diritto al contraddittorio del contribuente inserendo la relativa previsione di carattere generale nello Statuto e quella che colloca a livello normativo le attuali disposizioni regolamentari sull’autotutela, rendendola in specifici casi obbligatoria.

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