Amministrativo

No all’interdittiva antimafia se non c’è attività d’impresa

La misura del Prefetto non può colpire chi non è operatore economico. Escluso il provvedimento per l’impianto fotovoltaico destinato all’autoconsumo

di Giovanbattista Tona

L’informazione interdittiva antimafia non può colpire una persona fisica che non svolge attività di impresa ed è illegittima se è emessa nei confronti di chi non si può considerare operatore economico. Il principio è stato ribadito dal Tar Calabria con la sentenza 781 del 10 maggio 2021, che ricostruisce le caratteristiche di questo provvedimento amministrativo. Il punto di partenza è l’individuazione delle caratteristiche che distinguono l’interdittiva dalla comunicazione antimafia, prevista dall’articolo 84, comma 2, del decreto legislativo 159 del 2011 (Codice antimafia).

I provvedimenti

La comunicazione antimafia consiste nell’attestazione della sussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto che, in base all’articolo 67 del Codice antimafia, derivano da provvedimenti provvisori o definitivi del tribunale, sezione misure di prevenzione, o da sentenza definitiva, o anche solo confermata in grado di appello, per i delitti di criminalità organizzata elencati dall’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale. È la mera verifica dell’esistenza di alcune decisioni giurisdizionali, che colpiscono delle persone fisiche e ne limitano le facoltà.

L’informativa antimafia comporta invece un apprezzamento valutativo da parte del Prefetto di situazioni relative a tentativi di infiltrazione mafiosa da desumere dai provvedimenti giudiziari elencati nell’articolo 84, comma 4, del Codice antimafia, o da ulteriori accertamenti disposti.

L’attività di impresa

A mettere in relazione l’interdittiva con l’attività di impresa è lo stesso articolo 84, che collega il tentativo di infiltrazione a una persona, fisica o giuridica, che esercita un’impresa. Ciò è in linea con l’articolo 85 che, nell’elencare i soggetti che possono essere sottoposti a verifica antimafia, indica imprese individuali, associazioni, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, offrendo una prima tipizzazione delle categorie di persone fisiche su cui acquisire la documentazione o eseguire le verifiche: titolare, direttore tecnico, legale rappresentante, componenti dei consigli di amministrazione, soci, consorziati, responsabili di sedi secondarie, consorziati, in alcuni casi componenti del collegio sindacale.

Se il Prefetto estende la verifica a soggetti diversi che in concreto determinano le scelte e gli indirizzi dell’impresa, come previsto dall’articolo 91, comma 5, del Codice antimafia, ancor più la valutazione si connota come discrezionale. E anche l’istituto del controllo giudiziario volontario, previsto dall’articolo 34-bis del Codice antimafia, è legato da un lato a una precedente valutazione discrezionale del Prefetto (Cassazione 35048 del 2021) dall’altro alla natura di impresa dei destinatari dell’interdittiva (Tribunale di Catanzaro 9 del 2021).

Questi ultimi possono chiedere al tribunale per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario, che sospende gli effetti del provvedimento prefettizio e comporta, per almeno un anno e non più di tre, un programma di bonifica e costanti verifiche da parte di un amministratore giudiziario che riferisce ogni due mesi al giudice delegato.

La decisione

Nel caso esaminato dal Tar Calabria, l’interdittiva ha colpito un soggetto le cui imprese erano state sottoposte a controllo giudiziario volontario e che, a titolo personale, aveva avviato un impianto di produzione di energia fotovoltaica di potenza limitata, destinato all’autoconsumo. L’interdittiva gli precludeva di stipulare un accordo di scambio, volto a immettere nella rete del gestore territorialmente competente l’energia elettrica non direttamente autoconsumata.

Il Tar ha evidenziato che questa attività, volta a far fronte ai propri bisogni energetici, non è attività di impresa, tanto che è senza rilevanza fiscale, anche per l’agenzia delle Entrate. L’interdittiva non poteva quindi essere emessa, poiché le disposizioni del Codice antimafia fanno riferimento ai soggetti che esercitano attività di impresa. Inoltre, se si estendesse la misura anche alle persone fisiche, a prescindere dalla loro qualità di operatori economici, la si trasformerebbe in un’anticipazione di pena accessoria (l’incapacità a contrattare con la Pa) tipica dell’ordinamento penale.

I principi

1. L’effetto
L'informazione interdittiva antimafia impedisce che un imprenditore, persona fisica o giuridica, pur dotato di adeguati mezzi economici e organizzazione, ma soggetto a condizionamenti e a infiltrazioni mafiose, possa ottenere fiducia dalle istituzioni ed essere destinatario di titoli abilitativi o titolare di rapporti contrattuali con le Pa.
Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 3 del 6 aprile 2018

2. L'impugnazione
Il provvedimento prefettizio di interdittiva antimafia può essere impugnato solo dalla società o dall'impresa destinatarie , mentre non sono legittimati a impugnarlo, perché non direttamente interessati, i soci o le persone fisiche che svolgano ruoli indispensabili per realizzare l'attività economica.
Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 3 del 28 gennaio 2022

3. Controllo giudiziario
Può essere ammesso al controllo giudiziario volontario, previsto dall’articolo 34-bis del Codice antimafia, solo l'imprenditore colpito da informazione interdittiva antimafia, emessa per prevenire il tentativo di infiltrazione criminale, e che l'abbia impugnata dinanzi al giudice amministrativo.
Cassazione, 35048 del 22 settembre 2021

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