Famiglia

Riforma Cartabia/6. Il nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

La setsta puntata sul nuovo rito di famiglia in vigore per i procedimenti instaurati dal 28 febbraio

di Valeria Cianciolo

L'articolo 473 - bis.30 cod. proc. civ. dispone che "L'appello si propone con ricorso, che deve contenere le indicazioni previste dall'articolo 342". Pertanto, l'appello nel processo di famiglia deve ancorarsi ai criteri di ammissibilità previsti per il rito di appello nel giudizio ordinario di cognizione e dunque, deve essere motivato, e per ciascuno dei motivi deve indicare a pena di inammissibilità, in modo chiaro, sintetico e specifico:
a) il capo della decisione di primo grado che viene impugnato. Sul punto è doveroso precisare che nell'ottica del rispetto del principio di sinteticità, occorrerà individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata ed evitando inutili trascrizioni nell'atto delle pagine delle pronunce appellate.
b) le censure proposte alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado;
c) le violazioni di legge denunciate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.
L'articolo 473 - bis. 31 cod. proc. civ. dispone che il presidente della corte d'appello entro cinque giorni dal deposito del ricorso, nomini un relatore e fissi l'udienza di comparizione, trattazione ed il termine entro il quale l'appellante deve provvedere alla notificazione del ricorso e del decreto all'appellato.
La norma ricalca sostanzialmente le regole del giudizio di primo grado, ma con una novità relativa ai poteri ufficiosi e di impulso posto che il presidente acquisisce d'ufficio le relazioni aggiornate dei servizi sociali e sanitari eventualmente incaricati e ordina alle parti di depositare la documentazione aggiornata di cui all'articolo 473- bis. 12, 3 comma cod. proc. civ..
In caso di deposito incompleto della documentazione o nel caso in cui vengano rese delle informazioni inesatte, così come accade nel giudizio di primo grado, si applicheranno gli articoli 92 comma 1, 96 comma 3 e 116 comma 2, cod. proc. civ.
L'articolo 473-bis. 32 cod. proc. civ., a differenza di quello che avviene nell'appello nel processo di cognizione ordinario, prevede la possibilità per l'appellante di depositare una memoria di replica entro il termine di 20 giorni prima della udienza (termine perentorio), così come pure l'appellato può replicare con memoria da depositare entro il termine, anche questo perentorio, di 10 giorni prima. In buona sostanza, viene contemplato un contraddittorio preventivo scritto delle parti.
La trattazione del giudizio di appello è collegiale ed il presidente può delegare il giudice relatore solo per l'assunzione di mezzi di prova nel caso in cui ritenga di ammetterli.
Il giudice d'appello ha la facoltà di adottare i provvedimenti indifferibili e urgenti previsti dall'articolo 473 - bis. 15 cod. proc. civ. nonché quelli provvisori delineati dall'articolo 473 - bis. 22 cod. proc. civ. posto che anche in sede di appello possono esservi urgenze che giustificano l'adozione di questi provvedimenti.
L'articolo 473-bis. 35 cod. proc. civ. deroga specificatamente alle preclusioni previste per le nuove prove e i nuovi documenti dall'articolo 345 comma 3, cod. proc. civ.: pertanto, la produzione di nuovi documenti o nuovi mezzi di prova è consentita anche in sede di appello se ha per oggetto domande relative a diritti indisponibili e come l'affidamento e il mantenimento dei figli minori.
L'articolo 473 bis. 36 cod. proc. civ. (Garanzie a tutela del credito ) sintetizza e racchiude quanto precedentemente contenuto negli abrogati articoli 156 comma 5, del codice civile, 8 della legge 1 dicembre 1970 n. 898 e 3 della legge 219 del 2012, estendendo la garanzia anche ai crediti che nascono dai provvedimenti temporane i. Inoltre, la norma offre la possibilità al giudice di imporre al soggetto obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se ricorre il pericolo che possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi di contributo economico.
In alternativa, la parte creditrice può chiedere al giudice di autorizzare il sequestro di beni del debitore: confluisce all'interno dell'articolo 473 bis. 37 cod. proc. civ. l'ordine di pagamento diretto dei crediti dell'obbligato nell'ipotesi di inadempimento. In particolare, si prevede che il creditore una volta che siano decorsi 30 giorni dalla costituzione in mora del debitore inadempiente, può notificare il provvedimento o l'accordo di negoziazione assistita in cui è stabilita la misura dell'assegno, ai soggetti terzi (ad esempio, il datore di lavoro) tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al soggetto obbligato, con la richiesta di versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al debitore inadempiente. Pertanto, il terzo, il mese successivo all'avvenuta notificazione è tenuto al pagamento dell'assegno per l'ammontare previsto dovuto dal debitore principale.
L'articolo 473-bis. 38 cod. proc. civ. è stato concepito in conformità a quanto disposto dall'articolo 1 comma 23 lett. ff) della legge delega n. 206 del 2021 che nella sua parte finale così dispone: "…dettare disposizioni per individuare modalità di esecuzione dei provvedimenti relativi ai minori, prevedendo che queste siano determinate dal giudice in apposita udienza in contraddittorio con le parti, salvo che sussista il concreto e attuale pericolo, desunto da circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l'attuazione del provvedimento, che in caso di mancato accordo l'esecuzione avvenga sotto il controllo del giudice, anche con provvedimenti assunti nell'immediatezza, che nell'esecuzione sia sempre salvaguardato il preminente interesse alla salute psicofisica del minorenne e che l'uso della forza pubblica, sostenuto da adeguata e specifica motivazione, sia limitato ai soli casi in cui sia assolutamente indispensabile e sia posto in essere per il tramite di personale specializzato."
Viene così demandato al giudice il potere di controllo sull'attuazione dei provvedimenti relativi alle modalità di affidamento del minore e delle controversie relative all'esercizio della responsabilità genitoriale. La riforma prende atto delle sollecitazioni della CEDU che ha più volte condannato l'Italia per la mancata adozione da parte dei giudici nazionali di misure adeguate per consentire il diritto di visita a fronte di comportamenti ostacolanti di un genitore.
La norma disciplina la competenza del giudice per la risoluzione delle esecuzioni tenuto conto della pendenza o meno del procedimento:
a) se non pende alcun procedimento, la richiesta deve essere fatta al giudice che ha emesso il provvedimento, salvo che il minore abbia trasferito la sua residenza altrove: in questo caso opererà il criterio determinato dall'articolo 473 - bis. 11 cod. proc. civ.;
b) se viene instaurato un nuovo procedimento sulla responsabilità genitoriale, la competenza viene concentrata in capo al giudice che ha precedentemente adottato il provvedimento da attuare con successiva trasmissione al giudice del nuovo procedimento che potrà confermarlo modificarlo revocarlo. (cfr. il secondo comma dell'articolo 473-bis. 38 cod. proc. civ.).
Il quinto comma dispone poiché il giudice può autorizzare l'uso della forza pubblica con provvedimento motivato soltanto se assolutamente indispensabile e avendo comunque riguardo alla tutela della salute psicofisica del minore. Dunque, l'utilizzo della forza pubblica presuppone:
1) l'assoluta indispensabilità del ricorso
2) la salvaguardia della salute del minore: di tutto ciò comunque si deve dare atto nello stesso provvedimento e comunque l'esecuzione deve essere condotta sotto la vigilanza del giudice.
Se l'articolo 473 bis. 38 regola le ipotesi di inerzia nell'attuazione del provvedimento, l'articolo 473 bis. 39 cod. proc. civ., modellato sull'abrogato articolo 709 ter cod. proc. civ., disciplina i casi di "gravi inadempienze, anche di natura economica".
Il legislatore ha attribuito espressamente al giudice - ed è questa la novità - il potere di individuare ai sensi dell'articolo 614 - bis c.p.c., la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva o per ogni giorno di ritardo. Tale profilo era un profilo che aveva creato un contrasto all'interno della giurisprudenza di legittimità. Altra misura espressamente attribuita al giudice, è quella del risarcimento del danno a carico di un genitore in favore del minore.
E dunque, l'inadempimento dell'obbligo di mantenimento dei figli, quando supera la soglia della "gravità", può ben giustificare l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 1 dello stesso articolo 473-bis. 39 c.p.c., (ad esempio, l'imposizione al genitore inadempiente dell'obbligo di pagare, ex articolo 614 bis c.p.c., una somma di denaro per ogni violazione successiva o per ogni giorno di ritardo dell'adempimento dell'obbligo di mantenimento) nonché la pronuncia di una sentenza di condanna al risarcimento dei danni cagionati – al minore e all'altro genitore – dall'inadempimento dell'obbligo di mantenimento (articolo 473 - bis. 39, comma 2, c.p.c.)

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