Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte depositate nel periodo compreso tra il 19 dicembre 2022 ed il 6 gennaio 2023

di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato e vizio di omessa pronuncia; (ii) deliberazione della decisione, composizione collegio e nullità della sentenza; (iii) procura alle liti, difetto di rappresentanza tecnica e limiti alla sanatoria; (iv) Rca e risarcibilità delle spese sostenute dal danneggiato per attività stragiudiziale; (v) interruzione del processo ed assolvimento onere di tempestiva riassunzione; (vi) notificazioni, società e presunzione di ricezione dell'atto; (vii) mediazione delegata e condizione di procedibilità; (viii) inesatta indicazione del nome della parte e procedimento di correzione; (ix) spese di lite, prestazioni previdenziali ed assistenziali e risarcimento per lite temeraria ; (x) giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, notifica del titolo ed assolvimento oneri probatori; (xi) espropriazione presso terzi, ordinanza di assegnazione e rimedi esperibili dal terzo pignorato; (xii) praticante abilitato, legittimazione al patrocinio e giudizio di appello dinanzi al tribunale.

PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

POTERI DEL GIUDICE Cassazione n. 37087/2022
Cassando con rinvio il provvedimento impugnato, l'ordinanza riafferma che il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex articolo 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto.

SENTENZACassazione n. 37292/2022
La pronuncia riafferma che il collegio che delibera la decisione deve essere composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l'ultima attività processuale, ossia la discussione o la precisazione delle conclusioni, conseguendone la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo.

DIFENSORICassazione n. 37434/2022
Aderendo all'orientamento più restrittivo, le Sezioni Unite, chiamate a comporre un contrasto giurisprudenziale, hanno enunciato il principio di diritto secondo cui il vigente articolo 182, comma 2, c.p.c. non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite.

SPESE PROCESSUALICassazione n. 37477/2022
La decisione resa nell'ambito di un giudizio di responsabilità civile da circolazione stradale, enunciando espressamente il principio di diritto, riafferma che l'utilità delle spese sostenute dal danneggiato per l'attività stragiudiziale svolta in suo favore da una società infortunistica, in funzione della possibilità di porle a carico del danneggiante, deve essere valutata "ex ante", con specifico riferimento alle circostanze del singolo caso concreto, avuto riguardo a quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito del futuro giudizio.

INTERRUZIONE DEL PROCESSOCassazione n. 37729/2022
Assicurando continuità ad un principio già espresso in precedenti arresti, l'ordinanza riafferma che in caso di interruzione del processo l'onere processuale della tempestiva riassunzione è assolto con il deposito della prima istanza, in quanto la restante attività attiene alla chiamata in giudizio ("vocatio in ius") ed all'ordine del giudice di rinotifica ove la notifica non sia andata a buon fine in applicazione dell'articolo 291 c.p.c., configurandosi l'estinzione del processo, solo in caso di inerzia della parte.

NOTIFICAZIONICassazione n. 37828/2022
La decisione ribadisce che, ai fini della regolarità della notificazione di atti ad una persona giuridica, ex articolo 145 c.p.c., qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario o postale risulti, nella sede legale o effettiva, la presenza di una persona all'interno dei relativi locali, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica medesima, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove l'ente, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio.

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA Cassazione n. 37920/2022
La sentenza riafferma che, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità di cui all'articolo 5, commi 2 e 2-bis del Dlgs n.28/2010, ciò che rileva nei casi di mediazione obbligatoria "ope iudicis" è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione, da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo, e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che dispone la mediazione.

PROCEDIMENTO DI CORREZIONECassazione n. 38055/2022
L'ordinanza riafferma che l'errore materiale suscettibile di correzione è solo quello che riguarda la manifestazione del pensiero all'atto della formazione del provvedimento, risolvendosi lo stesso in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e come tale percepibile e rilevabile "ictu oculi".

SPESE PROCESSUALI Cassazione n. 20/2023
La pronuncia riafferma che la condanna al risarcimento per lite temeraria prevista dall'articolo 96, comma 1, c.p.c., presuppone sempre l'istanza di parte, anche nel caso richiamato dall'articolo 152 disp. att. c.p.c.

PROCEDIMENTO MONITORIO Cassazione n. 51/2023
La decisione, nel ribadire, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava sul creditore opposto l'onere di dimostrare l'avvenuta notifica del titolo esecutivo della quale il debitore opponente abbia dedotto l'inesistenza, mediante la produzione della relata di notificazione, esclude che tale mezzo di prova possa essere surrogato dal mero deposito della copia del provvedimento monitorio munita del decreto di esecutorietà ex articolo 647 c.p.c.

ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 108/2023
Enunciando il principio di diritto l'ordinanza afferma che, in sede di esecuzione forzata, una volta che il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione di quantità ritenuta positiva dal giudice dell'esecuzione, sia stata pronunciata l'ordinanza di assegnazione e questa non sia stata opposta, nella successiva procedura esecutiva iniziata dal creditore nei confronti del terzo pignorato, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dall'ordinanza di assegnazione, è inibito al terzo pignorato far valere fatti modificativi od estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale, a meno che non siano sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione.

DIFENSORI Cassazione n. 224/2023
L'ordinanza riafferma che il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio davanti al tribunale in sede di appello neppure a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 247 del 2012 che, all'articolo 41, comma 12, ne ammette l'attività difensiva solo in sostituzione e sotto la responsabilità del "dominus" avvocato.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
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Procedimento civile – Poteri del giudice – Principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato – Vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito – Nozione. (Cpc, articoli 112 e 360)
Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare avente ad oggetto un credito di lavoro, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal lavoratore, ha cassato con rinvio il decreto con cui il tribunale aveva accolto solo parzialmente l'opposizione: infatti, pur a fronte
di domande tempestivamente e ritualmente proposte dal ricorrente tanto sulla dedotta illegittimità di un contratto a progetto, quanto sulla natura subordinata di un rapporto di lavoro intercorso con la società fallita, il giudice del merito aveva omesso di pronunciarsi, incorrendo in tal modo nel vizio oggetto di rituale denunzia in sede di legittimità) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 9 novembre 2022, n. 33050; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 27 novembre 2017, n. 28308; Cassazione, sezione civile V, sentenza 16 maggio 2012, n. 7653).
• Cassazione, sezione L civile, ordinanza 19 dicembre 2022, n. 37087 – Presidente Doronzo – Relatore Cinque

Procedimento civile – Sentenza – Deliberazione della decisione – Composizione collegio – Giudici dinanzi ai quali è stata compiuta la discussione o la precisazione delle conclusioni – Necessità – Violazione – Nullità della sentenza – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati soggetta al rito ex art. 14 del D.lgs. n. 150 del 2011. (D.lgs., n. 150/2011, articoli 3 e 14; Cpc, articoli 158, 160, 276 e 702-ter)
L'art. 276, comma 1, cod. proc. civ., laddove dispone che alla deliberazione della decisione possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione, deve essere interpretato nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni; il collegio che delibera la decisione deve pertanto essere composto dagli stessi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l'ultima attività processuale, ossia la discussione o la precisazione delle conclusioni, conseguendone la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo (Nel caso di specie, in cui i controricorrenti avvocati avevano promosso un'azione giudiziaria ex art. 702-bis cod. proc. civ. per ottenere il pagamento del compenso per le prestazioni professionali rese a favore dei ricorrenti, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso di quest'ultimi, ha cassato con rinvio l'ordinanza impugnata: infatti, nella circostanza, il collegio del tribunale adito, seguendo il rito previsto dal D.lgs. n. 150/2011, aveva deciso la causa in composizione collegiale dopo che il presidente aveva designato il giudice istruttore-relatore innanzi al quale le parti avevano poi precisato le conclusioni) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 3 maggio 2022, n. 13856; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 4 marzo 2020, n. 6012; Cassazione, sezione civile I, sentenza 6 giugno 2016, n. 11581; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 20 luglio 2012, n. 12609).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 20 dicembre 2022, n. 37292 – Presidente Orilia – Relatore Giannaccari

Procedimento civile – Difensori – Rappresentanza tecnica in giudizio – Procura alle liti – Difetto di rappresentanza o di autorizzazione – Art. 182, comma 2, c.p.c. – Portata applicativa – Inesistenza o mancanza in atti della procura alla lite – Sanatoria – Ammissibilità – Esclusione. (Cpc, articoli 82, 83, 84, 125, 165, 166, 168 e 182; Disp., att. c.p.c. articolo 72)
Il vigente art. 182, comma secondo, cod. proc. civ., non consente di "sanare" l'inesistenza o la mancanza in atti della procura alla lite (Nel caso di specie, nel rigettare il ricorso proposto avverso la sentenza impugnata censurata dal ricorrente per non avere la corte territoriale assegnato un termine al fine di sanare il difetto di rappresentanza processuale, confermando in tal modo la decisione di prime cure che aveva a sua volta dichiarato inammissibile la costituzione della parte convenuta per la mancata allegazione di procura alla lite, le Sezioni Unite, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, hanno provveduto a dirimere un contrasto giurisprudenziale aderendo all'indirizzo più restrittivo, incline ad escludere che la parte possa ovviare, con effetto sanante "ex tunc", alla mancanza di procura alle liti o, comunque, alla sua assenza in atti; la questione di massima di particolare importanza contenuta nell'ordinanza di rimessione n. 4932/2022 era stata formulata nei seguenti termini: "Se, ai sensi del secondo comma dell'articolo 182 cod. proc. civ., come novellato dalla legge. n. 69 del 2009, il giudice debba assegnare un termine per il rilascio della procura "ad litem" o per la rinnovazione della stessa solo nel caso in cui la procura rilasciata al difensore di una parte sia materialmente presente in atti ma, tuttavia, risulti affetta da un vizio che ne determini la nullità, o anche nel caso in cui un avvocato abbia agito in rappresentanza di una parte senza che in atti esista alcuna procura da quest'ultima rilasciata in suo favore") (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza interlocutoria 15 febbraio 2022, n. 4932).
• Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 21 dicembre 2022, n. 37434 – Presidente Virgilio – Relatore Grasso

Procedimento civile – Spese processuali – Responsabilità civile da circolazione automobilistica – Soggetto danneggiato – Codice delle Assicurazioni Private – Procedura di risarcimento – Spese sostenute dal danneggiato per l'attività stragiudiziale svolta in suo favore da una società infortunistica – Natura di danno emergente – Sussistenza – Risarcibilità – Condizioni – Utilità delle spese – Valutazione "ex ante" – Necessità. (Cc, articoli 1223, 1227 e 2043; Dlgs, n. 209/2005, articolo 148; Cpc, articoli 91 e 92)
In tema di responsabilità civile da circolazione, le spese sostenute dal danneggiato per l'attività stragiudiziale svolta in suo favore da una società infortunistica, diretta sia a prevenire il processo sia ad assicurarne un esito favorevole, ancorché detta attività possa essere svolta personalmente, costituiscono un danno emergente, che, se allegato e provato, deve essere risarcito ai sensi dell'art. 1223 cod. civ. L'utilità di dette spese, in funzione della possibilità di porle a carico del danneggiante, anche in caso di danno da micropermanente, dev'essere valutata "ex ante", con specifico riferimento alle circostanze del singolo caso concreto (tra esse compresa il grado di esperienza e di conoscenza tecnico legale dell'interessato), avuto riguardo a quello che poteva ragionevolmente presumersi essere l'esito del futuro giudizio (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso del danneggiato, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la decisione gravata che, nel confermare il rigetto della domanda attorea per difetto di prova circa la risarcibilità di ulteriori danni rispetto alle somme già liquidate dalla compagnia assicuratrice, pur correttamente qualificando la relativa voce come danno emergente, aveva tuttavia ritenuto non dovute "…le spese sostenute per avvalersi dell'assistenza stragiudiziale nella trattativa risarcitoria con la compagnia assicuratrice…", sostenute dal ricorrente, "…tenuto conto dei tempi ridotti dell'avvenuto risarcimento da parte dell'assicuratore, dell'importo già da questo corrisposto a titolo di patrocinio…, e dell'infondatezza delle pretese azionate in giudizio…", e, cioè, argomentando su circostanze insuscettibili di costituire criteri rilevanti ai fini della valutazione della concreta evitabilità dell'assistenza professionale stragiudiziale e della corrispondente spesa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 26 maggio 2021, n. 14444; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 4 novembre 2020, n. 24481; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 2 febbraio 2018, n. 2644; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 10 luglio 2017, n. 16990; Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 gennaio 2010, n. 997).
• Cassazione, sezione III civile, sentenza 22 dicembre 2022, n. 37477 – Presidente Travaglino – Relatore Gianniti

Procedimento civile – Interruzione del processo – Riassunzione – Termine ex art. 305 c.p.c. – Applicabilità – Alla sola fase del deposito del ricorso in cancelleria – Conseguenze – Vizi della notifica dell'atto di riassunzione tempestivamente depositato – Estinzione del processo – Esclusione – Rinnovazione della notifica – Necessità – Mancata osservanza del termine perentorio per la rinnovazione – Effetti. (Cpc, articoli 291, 299, 303, 305 e 307)
Verificatasi una causa d'interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto, destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata "edictio actionis" da quello della "vocatio in ius", il termine perentorio di sei mesi, previsto dall'art. 305 cod. proc. civ., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della predetta "vocatio in ius". Ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell'atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell'udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice di ordinare, anche qualora sia già decorso il (diverso) termine di cui all'art. 305 cod. proc. civ., la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell'art. 291 cod. proc. civ., entro un ulteriore termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l'eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, comma 3, e del successivo art. 307, comma 3, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, assicurando continuità all'enunciato principio, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto infondato il motivo con cui parte ricorrente aveva censurato la sentenza gravata per avere la corte d'appello ritenuto che, poiché il ricorso in riassunzione era stato depositato nel previsto termine perentorio, l'estinzione del processo non poteva essere dichiarata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 3 febbraio 2021, n. 2526; Cassazione, sezione civile III, ordinanza 20 aprile 2018, n. 9819; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 18 giugno 2006, n. 14854).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 23 dicembre 2022, n. 37729 – Presidente Rubino – Relatore Valle

Procedimento civile – Notificazioni – Persone giuridiche – Società – Consegna dell'atto a persona presente nella sede legale – Presunzione di adibizione alla ricezione dell'atto – Sussistenza – Superamento – Onere della prova contraria a carico della società – Necessità – Fondamento – Fattispecie relativa a contenzioso insorto in materia tributaria. (Dpr, n. 600/1973, articolo 60; Legge, n. 890/1982, articolo 7; Cc, articoli 46 e 2697; Cpc, articoli 139, 145, 148 e 149)
In tema di notificazione alle persone giuridiche, qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario o postale risulti la presenza di una persona che si trovava nei locali della persona giuridica, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove la società, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio. Infatti, con principio di carattere generale, l'art. 139 cod. proc. civ. fa discendere la presunzione "iuris tantum" di conoscenza, da parte del destinatario, dell'atto a questi notificato, dalla consegna dell'atto stesso effettuata presso il domicilio dello stesso destinatario a persona presente nel luogo, circostanza in fatto (l'avvenuta consegna presso il domicilio del destinatario) che a sua volta innesca la presunzione di conoscenza dell'atto da parte del destinatario stesso, restando, pertanto, irrilevante che il consegnatario di tale atto sia rimasto ignoto, ove non sia stato provato che l'effettivo consegnatario dell'atto medesimo fosse del tutto estraneo al luogo di consegna e che la sua presenza fosse da ascrivere ad una mera occasionalità rispetto al luogo di esecuzione della notificazione (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza impugnata – decidendo poi la causa nel merito con il rigetto dell'originario ricorso della società contribuente – con la quale il giudice tributario d'appello, nel rigettare l'impugnazione, aveva ritenuto che, pur essendo la notifica avvenuta "…nell'ambito spaziale dei locali dell'azienda…", la notificazione degli atti presupposti non fosse valida, sia in quanto le relative cartoline di ritorno delle notificazioni evidenziavano che era stata barrata ivi la casella destinata alle persone fisiche e non quella delle persone giuridiche, sia in quanto le firme apposte del consegnatario fossero illeggibili, con conseguente incertezza del destinatario). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 11 marzo 2021, n. 6910; Cassazione, sezione civile V, ordinanza 20 dicembre 2018, n. 32981; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 20 novembre 2017, n. 27420; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 5 giugno 2017, n. 13954; Cassazione, sezione civile V, sentenza 5 dicembre 2012, n. 21817; Cassazione, sezione civile V, sentenza 7 marzo 2012, n. 3516).
• Cassazione, sezione V civile, ordinanza 27 dicembre 2022, n. 37828 – Presidente Fuochi Tinarelli – Relatore D'Aquino

Procedimento civile – Procedimento di mediazione – Mediazione obbligatoria – Mediazione delegata – Condizione di procedibilità – Avveramento – Presupposti – Avvio del procedimento entro il termine di quindici giorni assegnato dal giudice alle parti – Rilevanza – Esclusione – Esperimento della procedura entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice – Rilevanza – Fattispecie relativa a controversia insorta in materia condominiale. (Cpc, articolo 154; Dlgs, n. 28/2010, articolo 5)
In ipotesi di mediazione delegata ex art. 5, commi 2 e 2-bis, del D.lgs. n. 28 del 2010, ciò che rileva, ai fini della sussistenza della condizione di procedibilità, è l'utile esperimento, entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, della procedura di mediazione – da intendersi quale primo incontro delle parti innanzi al mediatore e conclusosi senza l'accordo – e non già l'avvio di essa nel termine di quindici giorni indicato dal medesimo giudice delegante con l'ordinanza che la dispone. In altri termini, se è pur vero che il predetto termine di quindici giorni concesso per l'esperimento del procedimento di mediazione non può qualificarsi come perentorio, è tuttavia indispensabile – per non incorrere nella sanzione di improcedibilità – che esso si sia svolto entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, non potendo considerarsi soddisfatta questa condizione allorquando l'instaurazione del procedimento avvenga successivamente allo svolgimento di questa udienza (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta in materia condominiale, pur correggendo "in parte qua" la motivazione in diritto dell'impugnata sentenza, il cui dispositivo aveva comunque confermato anche in sede di gravame la declaratoria d'improcedibilità delle domande attoree, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, in quanto, nella circostanza, il procedimento di mediazione era stato avviato dalla condomina ricorrente con istanza depositata soltanto dopo la celebrazione della prima udienza successiva a quella nella quale il giudice, con ordinanza dispositiva, aveva concesso il termine per promuovere la mediazione, senza che, al riguardo, fosse preventivamente intervenuta una formale istanza di proroga).
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 28 dicembre 2022, n. 37920 – Presidente Manna – Relatore Carrato

Procedimento civile – Procedimento di correzione – Errore materiale suscettibile di correzione – Qualificazione – Estremi – Omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nella sentenza – Conseguenze – Nullità della sentenza – Condizioni – Procedura di correzione di errore materiale – Esperibilità del rimedio – Presupposti. (Cpc, articoli 101, 132, 161, 287 e 288)
Deve qualificarsi come errore materiale suscettibile di correzione, quello che non riguarda la sostanza del giudizio, ma la manifestazione del pensiero all'atto della formazione del provvedimento e si risolve in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione della sentenza e come tale percepibile e rilevabile "ictu oculi". In particolare, l'omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell'intestazione della sentenza ne comporta la nullità, se riveli l'irregolarità del contraddittorio o generi incertezza circa i soggetti ai quali si riferisce la decisione, e mero errore materiale, se dal contesto della decisione e dagli atti processuali e dai provvedimenti da essa richiamati o, comunque, compiuti o intervenuti nel corso del processo sia inequivocamente individuabile la parte pretermessa o inesattamente indicata e sia, pertanto, possibile stabilire che la pronuncia è stata emessa anche nei suoi confronti (Nel caso di specie, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha disposto la correzione dell'errore materiale che aveva inficiato l'ordinanza impugnata, attraverso la indicazione nella intestazione della stessa del nome corretto del ricorrente in luogo di quello erroneamente ivi riportato) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 11 gennaio 2019, n. 572; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 17 giugno 2019, n. 16195; Cassazione, sezione civile I, sentenza 26 settembre 2011, n. 19601; Cassazione, sezione civile III, sentenza 5 luglio 2001, n. 9077).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 29 dicembre 2022, n. 38055 – Presidente Di Paolantonio – Relatore Ponterio

Procedimento civile – Spese processuali – Condanna al risarcimento per lite temeraria pronunciata ex art. 96, comma 1, c.p.c. – Ipotesi richiamata dall'art. 152 disp. att. c.p.c. – Istanza di parte – Necessità. (Cpc, articoli 96 e 445-bis; Disp, att. cpc, articolo 152)
La condanna al risarcimento per lite temeraria prevista dall'art. 96, comma 1, cod. proc. civ., presuppone sempre l'istanza di parte, anche nel caso richiamato dall'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. (Nel caso di specie, in cui l'accertamento compiuto dal consulente d'ufficio in sede di accertamento tecnico preventivo era stato integralmente confermato dal giudice dell'opposizione con condanna alle spese benché parte ricorrente avesse prodotto la dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata dichiarando non dovute le predette spese; in particolare, osserva la decisione in epigrafe, il tribunale ha nella circostanza errato nel ritenere che le deduzioni in sede di opposizione del consulente di parte già proposte e smentite dal consulente tecnico d'ufficio della fase sommaria fossero sintomatiche del mancato impiego della doverosa diligenza ed accuratezza nel manifestare il dissenso e, quindi, giustificavano una pronuncia per lite temeraria, per colpa grave, ai sensi dell'art. 96, comma 1, cod. proc. civ., con revoca dell'esonero dalla condanna alle spese, ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. ma in assenza dell'istanza dell'INPS, come imposto dal medesimo all'art. 96, comma 1, cod. proc. civ. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 21 giugno 2022, n. 20024; Cassazione, sezione civile L, ordinanza 3 marzo 2021, n. 5721).
• Cassazione, sezione L civile, ordinanza 2 gennaio 2023, n. 20 – Presidente Berrino – Relatore Solaini

Procedimento civile – Procedimento monitorio – Giudizio di opposizione – Notifica del decreto ingiuntivo – Onere probatorio – Grava sul creditore opposto – Produzione relata di notificazione – Necessità – Assolvimento mediante deposito della copia del provvedimento monitorio munita del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c. – Idoneità – Esclusione. (Cc, articolo 2697; Cpc, articoli 140, 615, 644, 645 e 647)
In tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, grava sul creditore opposto l'onere di dimostrare l'avvenuta notifica del titolo esecutivo della quale il debitore opponente abbia dedotto l'inesistenza, mediante la produzione della relata di notificazione, escludendosi che tale mezzo di prova possa essere surrogato da altre modalità di assoluzione dell'onere stesso, in particolare attraverso il mero deposito della copia del provvedimento monitorio munita del decreto di esecutorietà ex art. 647 cod. proc. civ., cui va pertanto negata ogni efficacia presuntiva (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nel rigettare l'opposizione a precetto basata sulla deduzione di inesistente notifica del titolo esecutivo, aveva ritenuto parte opponente gravata dell'onere di dimostrare le circostanze positive – ad esempio, provando di risiedere in un indirizzo diverso da quello indicato nel decreto ingiuntivo – dalle quali avrebbe potuto trarsi la prova del fatto negativo dell'inesistenza della notifica, così vincendo la presunzione di avvenuta notificazione costituita dal decreto di esecutorietà; il giudice di legittimità, pertanto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ha deciso nel merito il giudizio, accogliendo l'opposizione all'esecuzione proposta dalla ricorrente e dichiarando che la controricorrente società creditrice opposta non può procedere ad esecuzione forzata nei confronti dell'opponente per il credito di cui al precetto opposto, per mancata prova della notifica del titolo esecutivo – decreto ingiuntivo – su cui esso era stato fondato). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 18 maggio 2020, n. 9050; Cassazione, sezione civile I, sentenza 16 marzo 1977, n. 1045).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 3 gennaio 2023, n. 51 – Presidente De Stefano – Relatore Spaziani

Procedimento civile – Esecuzione forzata – Espropriazione presso terzi – Ordinanza di assegnazione – Mancata opposizione – Successiva procedura esecutiva intrapresa dal creditore nei confronti del terzo pignorato – Titolo esecutivo rappresentato dall'ordinanza di assegnazione – Tutela del terzo pignorato – Rimedi – Opposizione all'esecuzione per fatti modificativi o estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale – Ammissibilità – Limiti – Fatti sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione – Necessità. (Cpc, articoli 547, 543, 553, 615 e 617)
In tema di esecuzione forzata, una volta che il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione di quantità ritenuta positiva dal giudice dell'esecuzione, sia stata pronunciata l'ordinanza di assegnazione e questa non sia stata opposta, nella successiva procedura esecutiva iniziata dal creditore nei confronti del terzo pignorato, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dall'ordinanza di assegnazione, è inibito al terzo pignorato far valere fatti modificativi od estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale, a meno che non siano sopravvenuti all'ordinanza di assegnazione (Nel caso di specie, in applicazione dell'enunciato principio di diritto, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata per avere la corte del merito ritenuto che legittimamente il terzo pignorato potesse far valere, con l'opposizione all'esecuzione proposta ex art. 615 cod. proc. civ., la questione della inesigibilità del credito vantato dal debitore esecutato nei suoi confronti) (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 21 aprile 2022, n. 12690; Cassazione, sezione civile III, sentenza 5 maggio 2017, n. 10912; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 3 giugno 2015, n. 11493).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 4 gennaio 2023, n. 108 – Presidente De Stefano – Relatore Rossetti

Procedimento civile – Difensori – Praticante abilitato – Legittimazione ad esercitare il patrocinio – Appello dinanzi al tribunale – Esclusione – Fondamento. (Rd, n. 1587/1933, articolo 8; Legge n. 479/1999, articolo 7; Legge, n. 247/2012, articolo 41; Cpc, articolo 82)
Il praticante avvocato non è legittimato ad esercitare il patrocinio nel giudizio di appello che si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica nelle cause civili di competenza del giudice di pace, poiché tali cause non sono ricomprese nell'elenco di cui all'art. 7 della legge n. 479 del 1999, norma che deroga alla regola generale secondo la quale il patrocinio legale è subordinato al superamento dell'esame di Stato ed all'iscrizione all'albo degli avvocati e, quindi, di stretta interpretazione (Nel caso di specie, ritenuto fondato il motivo di impugnazione con cui la ricorrente aveva dedotto la nullità del giudizio di appello, in quanto, al momento della notifica dell'atto di gravame avverso la sentenza resa in prime cure, il difensore dell'ente comunale controricorrente, pur avendo superato l'esame di abilitazione, non aveva ancora perfezionato la sua iscrizione nell'albo degli avvocati, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e, cassando senza rinvio la pronuncia gravata, dichiarato la nullità del giudizio di appello). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 8 aprile 2020, n. 7754; Cassazione, sezione civile II, sentenza 29 febbraio 2016, n. 3917; Cassazione, sezione civile III, sentenza 19 dicembre 2014, n. 26898).
• Cassazione, sezione III civile, ordinanza 5 gennaio 2023, n. 224 – Presidente Travaglino – Relatore Moscarini

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