Famiglia

Il patto di famiglia va assoggettato all'imposta sulle donazioni

La Cassazione con l'ordinanza n. 19561/2022 conferma il precedente del 2020

di Valeria Cianciolo

Il patto di famiglia di cui agli articoli 768-bis e ss. c.c., è assoggettato all'imposta sulle donazioni sia per quanto concerne il trasferimento dell'azienda o delle partecipazioni societarie, operata dall'imprenditore in favore del discendente beneficiario, sia per quanto riguarda la liquidazione della somma corrispondente alla quota di riserva, calcolata sul valore dei beni trasferiti, effettuata dal beneficiario in favore dei legittimari non assegnatari. Lo ha precisato la Cassazione con l'ordinanza 19561/2022.
In materia di disciplina fiscale del patto di famiglia, alla liquidazione operata dal beneficiario del trasferimento dell'azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, ai sensi dell'articolo 768-quater c.c., è applicabile il disposto del Dlgs n. 346 del 1990, articolo 58, comma 1, intendendosi tale liquidazione, ai soli fini impositivi, donazione del disponente in favore del legittimario non assegnatario, con conseguente attribuzione dell'aliquota e della franchigia previste con riferimento al corrispondente rapporto di parentela o di coniugio.

L'istituto del patto di famiglia
L'articolo 2 della legge 14 febbraio 2006 n. 55 ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo istituto denominato "patto di famiglia". In conseguenza di tale modifica, all'interno del Codice civile è stato aggiunto dopo l'articolo 768, il Capo V-bis, formato da sette articoli (dal 768 - bis al 768 - octies) e contestualmente si è modificato l'articolo 458 cod. civ. in tema di patti successori.
L'articolo 768-bis cod. civ. definisce il patto di famiglia come il "contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti". La disposizione non può che operare con riguardo a quelle partecipazioni sociali che, per loro natura, assicurano un "potere di gestione" (in senso lato) in capo al relativo titolare; ove tale utilità o strumentalità non fosse ravvisabile, cesserebbe la stessa ragion d'essere della deroga al divieto dei patti successori, risolvendosi la partecipazione sociale in un "investimento", ma non certo in un "bene produttivo".
Con tale istituto si consente all'imprenditore di pianificare il cosiddetto "passaggio generazionale" attraverso il trasferimento (a titolo gratuito) della propria azienda (individuale o collettiva ed in quest'ultimo caso limitatamente alla quota di propria competenza) ad alcuni dei propri discendenti, senza che l'operazione possa poi essere messa in discussione da parte degli altri familiari/legittimari. Si tratta di uno strumento negoziale volto alla trasmissione della ricchezza familiare e rivolto ad affiancare o sostituire il testamento e che va ricollegato al fatto che il sistema successorio si rivela sostanzialmente indifferente al contenuto economico, alla qualità dei beni che formano oggetto della successione: una villa da usare per le vacanze o una industria sono solo dei cespiti da conferire secondo le regole proprie della successione legittima e/o testamentaria (o, considerando anche la prospettiva della tutela dei diritti dei legittimari, della successione necessaria).
Il patto di famiglia opera un trasferimento in funzione successoria che per alcuno ha una struttura eventualmente divisionale, i cui tratti distintivi sono l'anticipazione dell'effetto devolutivo rispetto alla morte del disponente, la stabilità dell'effetto attributivo perché è come se in quel momento si aprisse la successione del disponente e la determinazione definitiva del valore al momento della conclusione del contratto; i beni oggetto del patto rappresenterebbero pertanto, "una massa giuridicamente distinta dal patrimonio devoluto per il tramite della successione ereditaria." (A. Zoppini, Profili sistematici della successione "anticipata" (note sul patto di famiglia), in Riv. Dir. civ., 2007, 3, 288- 289).
Sotto il profilo funzionale, il patto di famiglia disattiva i meccanismi della collazione e della riduzione derogando così, per certi versi, al regime successorio ordinario, in considerazione della particolare tipologia di beni produttivi e dalla loro destinazione economica. L'istituto presenta, tuttavia, alcune rigidità dal punto di vista operativo: rigidità sul piano soggettivo, in quanto è richiesta la compartecipazione di tutti i legittimari i cui diritti vengono liquidati con le modalità precisate dagli articoli 768- quater e 768-sexies cod. civ. ed ai quali è, perciò, preclusa sia l'azione di riduzione, sia la richiesta di collazione in sede di divisione ereditaria dei beni.
Sul punto, l'articolo 768-quater co. 1 e l'articolo 768-sexies cod. civ., appaiono in contrasto tra loro poichè il primo articolo, (rubricato «Partecipazione»), stabilisce che "al contratto devono partecipare il coniuge o tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione dell'imprenditore". La norma letta in collegamento con l'articolo 768-bis cod. civ., la quale si riferisce al trasferimento dell'azienda o delle quote sociali, sembrerebbe che, oltre alla partecipazione del disponente e dell'assegnatario, sia necessaria anche la partecipazione di tutti coloro che sarebbero legittimari, ove in quel momento si aprisse la successione dell'imprenditore.

L'intervento della Cassazione
L'ordinanza della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. Tributaria, ordinanza 17 giugno 2022 n. 19561 – Pres. De Masi, Cons. Rel. Lo Sardo) affronta nuovamente il tema del trattamento fiscale del patto di famiglia, con particolare riguardo alla liquidazione a favore dei legittimari non assegnatari (il precedente è Cass. civ. Sez. V Sent., 24 dicembre 2020, n. 29506, richiamata nel provvedimento in esame), soffermandosi sulla qualificazione civilistica dell'istituto. D'altro canto, posto che il trattamento fiscale di atti, fatti o situazioni è inevitabilmente collegato alla loro qualificazione giuridica, sotto il profilo fiscale, sono da considerarsi attribuzioni liberali le assegnazioni dell'imprenditore a favore sia del beneficiario sia degli altri legittimari non assegnatari (A. Fedele, Profilo fiscale del patto di famiglia, in Riv. Dir. Trib., 2014, 526; R. Lancia, Revirement della Cassazione rispetto ai profili tributari relativi al patto di famiglia, in Familia, 2021, 593-629).
L'assegnatario non fa che restituire nuovamente sugli altri legittimari una parte del valore dell'azienda o delle partecipazioni societarie ricevute, consentendo la realizzazione di un progetto distributivo del patrimonio del disponente, caratterizzato - grazie appunto alla soddisfazione anticipata delle pretese dei legittimari - da stabilità e definitività. Dunque, le liquidazioni delle quote dei legittimari non assegnatari non sono altro che attribuzioni che - per il tramite dell'assegnatario - provengono dal patrimonio del disponente, e in questo senso va condiviso l'inquadramento come liberalità indirette di quest'ultimo.
Il patto di famiglia secondo il nuovo orientamento va assoggettato all'imposta sulle donazioni, e ciò – si legge – sia per quanto concerne il trasferimento dell'azienda o delle partecipazioni societarie, operato dall'imprenditore in favore del discendente beneficiario, sia relativamente alla liquidazione della somma corrispondente alla quota di riserva, calcolata sul valore dei beni trasferiti, effettuata dal beneficiario in favore dei legittimari non assegnatari (cfr. Comm. trib. Prov. Reggio Emilia, 15 settembre 2021, n. 222).

La donazione modale
In dottrina il patto di famiglia viene assimilato alla donazione modale cosa che presuppone che si sia in presenza di una liberalità avente ad oggetto determinati beni (l'azienda o le partecipazioni societarie) del disponente, realizzata in favore di uno o più discendenti e accompagnata dall'onere, direttamente stabilito dalla legge, di liquidare le quote dei legittimari non assegnatari sulla base di una valutazione contestuale alla conclusione del contratto. Sul punto l'ordinanza si sofferma. La differenza fra i due istituti consiste nel fatto che l'obbligo di liquidazione in capo ai non assegnatari è elemento essenziale della fattispecie ex articoli 768-bis e segg. c.c., deriva dalla legge, al contrario del modus donativo, che discende dalla volontà delle parti ed è dunque, un elemento accidentale del contratto.
L'ordinanza in commento sottolinea l'aspetto, che non può che condividersi, che ciò che caratterizza il patto di famiglia, e lo distingue da una qualsiasi donazione che abbia ad oggetto gli stessi beni, è il conguaglio in favore degli altri legittimari, esigibile da subito, senza che si debba aspettare l'apertura della successione.

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