Società

Accertamento giurisdizionale dei crediti concordatari contestati

Il decreto di omologazione del concordato preventivo, pur determinando un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, non comporta la formazione di un giudicato sull'esistenza, entità e rango dei medesimi e non ne preclude l'accertamento giurisdizionale, il quale rientra nella cognizione del Giudice individuato in base agli ordinari criteri di competenza per valore e per territorio

di Rossana Mininno

Il concordato preventivo è disciplinato nel Titolo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la "Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa" (in seguito anche "Legge Fallimentare" o "L.F.").

Il presupposto oggettivo per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo era costituito, in base alla primigenia versione dell' articolo 160 della Legge Fallimentare , dall'insolvenza, da intendersi come uno stato che «si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (art. 5, co. 2, L.F.).

In occasione dell'intervento normativo dell'anno 2005 (cfr. decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 , convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80) il legislatore ha sostituito lo stato di insolvenza con lo «stato di crisi», formula che ha originato dubbi interpretativi con riferimento al rapporto tra le nozioni di «insolvenza» e di «crisi» e, segnatamente, circa l'accessibilità alla procedura concordataria da parte dell'imprenditore in stato di decozione.

Per dirimere tali dubbi il legislatore è (nuovamente) intervenuto con l' articolo 36 del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273 , convertito con modificazioni dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, mediante il quale ha inserito nel testo dell'articolo 160 della Legge Fallimentare un comma ad hoc ai sensi del quale «per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza» (co. 3, già co. 2).

Nell'anno 2012 la procedura concordataria è stata oggetto di un ulteriore intervento di riforma ad opera del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, mediante il quale il legislatore ha introdotto misure volte a facilitare la gestione della crisi e a favorire la continuità aziendale, tra le quali si annovera, in particolare, il concordato in bianco (anche detto concordato con riserva o con prenotazione).

La procedura concordataria ha avvio con la presentazione, da parte del debitore, della domanda di ammissione, da proporsi con ricorso al Giudice individuato dall' articolo 161 della Legge Fallimentare (id est, il «tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale») con la precisazione che l'eventuale trasferimento dell'impresa - ove «intervenuto nell'anno antecedente al deposito del ricorso» - non comporta alcun mutamento della competenza.

La domanda deve essere corredata da una serie di documenti (nello specifico: una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa; uno stato analitico ed estimativo delle attività; l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione; l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore; il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili; un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, nonché l'indicazione dell'utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore) e deve essere accompagnata dalla relazione predisposta da un professionista indipendente, scelto dal debitore, il quale deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.

Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha riconosciuto all'imprenditore la facoltà di allegare alla domanda esclusivamente i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e di riservarsi, nel contempo, di presentare la proposta concordataria, il piano e l'ulteriore documentazione entro un termine fissato dal Giudice: al ricorrere di tale ipotesi la domanda è detta in bianco o con riserva o con prenotazione.

Con l'introduzione di tale tipologia di procedura concordataria il legislatore ha inteso consentire all'imprenditore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, quali in primis il blocco delle azioni esecutive e cautelari (cfr. art. 168, co. 1, L.F.), onde impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano possano aggravare lo stato di crisi sino a farlo trasformare in uno stato di insolvenza irreversibile.

Il decreto-legge n. 83 del 2012 ha, altresì, riconosciuto all'imprenditore, in sostanziale analogia con quanto già previsto nell'ambito della procedura fallimentare (cfr. artt. 72 e ss. L.F.), la possibilità di sciogliersi - su autorizzazione del Giudice delegato alla procedura - dai contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti ovvero di ottenerne la sospensione (cfr. art. 169 bis L.F.).

Altra novità recata dal decreto-legge n. 83 del 2012 è consistita nella specifica regolamentazione del concordato con continuità aziendale, avvenuta mediante l'introduzione, nell'articolato della Legge Fallimentare, dell' articolo 186-bis , disciplina precipuamente volta a incentivare la tempestiva emersione di criticità e il ritorno in bonis dell'impresa o la conservazione dell'azienda in esercizio.

Come chiarito dai Giudici di legittimità, nel panorama delle procedure concorsuali c.d. minori il concordato preventivo si caratterizza, dal punto di vista funzionale, per essere finalizzato alla «risoluzione della crisi di impresa» ( Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329 ) mediante la regolazione dei rapporti con i creditori in maniera concertata con i medesimi, soluzione idonea a «favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento»
(Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521).

Con la recente ordinanza n. 31659 del 4 novembre 2021 i Giudici della Sesta Sezione civile (Prima sottosezione) della Corte di cassazione, aditi in sede di regolamento di competenza, sono stati chiamati a individuare il Giudice avente cognizione nelle controversie vertenti sull'accertamento giurisdizionale dei crediti concordatari contestati dal debitore.

Nella fattispecie scrutinata la società ricorrente ha sostenuto che, «mancando il concordato di una fase di accertamento del passivo, resterebbe impregiudicata ogni questione relativa alle pretese dei creditori, le quali potrebbero essere quindi accertate, anche su iniziativa del debitore, innanzi al giudice ordinario individuato secondo i comuni criteri di competenza» con esclusione dell'attribuzione di una «competenza funzionale generalizzata al giudice che ha omologato la proposta concordataria».

I Giudici della Sesta Sezione hanno in primis affermato la «insussistenza di una competenza generale del tribunale fallimentare in tema di diritti soggettivi» in quanto «la legge fallimentare non prevede alcuna competenza di carattere generale del tribunale di cui all'art. 161, comma 1, [L.F.] (avanti al quale è cioè proposta la domanda di concordato), con riguardo alle azioni volte ad accertare diritti od obblighi dei creditori concordatari».

Ciò premesso, hanno ribadito - ponendosi in continuità con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità - la natura meramente delibativa e funzionale al calcolo delle maggioranze dell'accertamento effettuato nell'ambito della procedura concordataria circa l'esistenza, l'entità e il rango (privilegiato o chirografario) dei crediti: trattasi di «un accertamento non giurisdizionale ma meramente amministrativo, di carattere delibativo e volto al solo scopo di consentire il calcolo delle maggioranze richieste ai fini dell'approvazione della proposta»
( Cass. civ., Sez. I, 25 settembre 2014, n. 20298 ).

L'accertamento de quo non preclude un successivo giudizio di cognizione vertente sull'entità e sulla natura dei crediti ammessi: «qualora si renda necessario, in seno al giudizio di omologazione, un accertamento sull'entità e sulla natura dei crediti ammessi, non può in alcun modo ritenersi preclusa l'instaurazione di un successivo, ordinario giudizio di cognizione funzionale alla verifica dell'importo e del rango (privilegiato o chirografario) dei predetti crediti»
( Cass. civ., Sez. I, 14 febbraio 2002, n. 2104 ).

Il decreto di omologazione del concordato preventivo, «pur determinando un vincolo definitivo sulla riduzione quantitativa dei crediti, non comporta la formazione di un giudicato sull'esistenza, entità e rango dei medesimi e sugli altri diritti implicati nella procedura»
( Cass. civ., Sez. I, 22 settembre 2000, n. 12545 ).

Pertanto, una volta completata - con la pronuncia dell'omologa - la procedura di concordato preventivo «tutte le questioni che hanno ad oggetto diritti pretesi da singoli creditori o dal debitore, e che attengono all'esecuzione del concordato, danno luogo a controversie che sono sottratte al potere decisionale del giudice delegato e costituiscono materia di un ordinario giudizio di cognizione, da promuoversi, da parte del creditore o di ogni altro interessato, dinanzi al giudice competente»
( Cass. civ., Sez. I, 14 giugno 2016, n. 12265 ).

Conclusivamente, i Giudici della Sesta Sezione, avendo ritenuto che il Tribunale che ha omologato il concordato «non ha dunque alcuna competenza funzionale quanto alla domanda di accertamento dell'esigibilità dei crediti contestati che sono ricompresi nella proposta concordataria», hanno enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di concordato preventivo, le domande del debitore volte a far accertare se i creditori concordatari abbiano il diritto di esigere i loro crediti in sede di esecuzione del concordato, nel caso in cui questi siano oggetto di contestazione giudiziale, non rientrano nella competenza funzionale del tribunale che ha omologato il concordato, bensì in quella dell'ufficio giudiziario individuato in base agli ordinari criteri di competenza per valore e territorio» (massima rv. 662740 - 01).

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