Famiglia

Adozione, occorre la verifica di una situazione d'abbandono irreversibile

Lo ha ribadito la Cassazione con l'ordinanza n. 4220/2021

di Valeria Cianciolo

"In tema di adozione di minori d'età, sussiste la situazione d'abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell'adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità; ne consegue l'irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri." Questo il principio espresso dalla Cassazione con l'ordinanza n. 4220/2021.
Nel caso in esame, la Cassazione ha ritenuto la persistenza di una situazione di abbandono, a fronte di un impegno solo enunciato dai genitori di rimuovere le problematiche esistenziali e di mutare lo stile di vita.

Il caso
Disposto l'affidamento di due minori al Servizio Sociale con collocazione degli stessi presso due strutture specialistiche, era emersa l'incapacità di entrambi i genitori di prendersi cura degli stessi, tanto da essere dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale: il padre, "portatore di ritardo mentale moderato, con disturbo borderline della personalità con spunti psicotici", si trovava detenuto, con fine pena nel 2022, dimostrandosi, nel corso del tempo, una "figura assente", totalmente incapace di provvedere alla crescita dei figli; la madre, in carico al Centro Salute Mentale, era affetta da disturbo schizofreniforme cronico, non suscettibile di miglioramento, e da personalità particolarmente aggressiva, non consapevole degli effetti della sua condotta per gli altri. Come se non bastasse, si era resa responsabile di episodi di violenza gratuita a danno di uno dei due figli, percosso con calci e pugni: arrestata in flagranza di reato e successivamente "sottoposta a TSO", gli stessi minori, nel corso di audizione protetta, avevano riferito che la madre li percuoteva regolarmente, "anche con un manico di scopa e con un cucchiaio di legno".
Essendo stata provata l'inidoneità di entrambi i genitori di prendersi cura dei figli, con prognosi estremamente difficile di recupero di tale idoneità, con conseguente stato di abbandono dei minori la madre dei due minori e la nonna materna proponevano ricorso in cassazione contro la dichiarazione dello stato di adottabilità disposta con provvedimento della Corte d'Appello.

Le questioni
La sottrazione del minore alla famiglia d'origine e l'avvio della procedura adottiva, che assicura al minore un ambiente familiare idoneo a proteggerlo, derivano dalla verifica di una situazione d'abbandono irreversibile.
Lo stato d'abbandono non consiste nella mancanza morale e materiale episodica o di una debolezza relazionale grave, ma contingente: ad esempio, non è legittimo decretare, come inidonei al ruolo genitoriale, soggetti detenuti o con problemi di tossicodipendenza o alcolismo, situazioni queste certamente pregiudizievoli per il minore, ma rispetto alle quali siano stati messi in moto processi finalizzati al recupero delle piene capacità genitoriali. In questi casi, potrebbe configurarsi, piuttosto, una trascuratezza dei doveri genitoriali che può determinare l'attivazione dei provvedimenti de potestate, così come disciplinati dagli 330 e 333 cod. civ.
L'articolo 8, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 consente di apprezzare l'oggettività dell'abbandono: infatti, lo stato d'abbandono deve essere "accertato", imponendo al giudice un vaglio puntuale e aggiornato che deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero dei genitori del rapporto genitoriale.
Se attraverso la dichiarazione d'adottabilità il giudice appura il radicale stato d'abbandono, scaturente da una situazione di irreversibile incapacità genitoriale, occorre che per escluderla, l'assistenza al minore sia prestata, in sostituzione dei genitori, dai parenti entro il quarto grado, anche se non tenuti agli alimenti.

I parenti tenuti a provvedere
L'individuazione dei «parenti tenuti a provvedere» al minore non deve tenere conto degli articoli 148 e 433 c.c., la cui matrice è strettamente patrimoniale, ma della peculiarità della disciplina sull'adozione, contenuta agli articoli 9, 11, 12, e 13, dai quali si ricava che proprio la legge 184 del 1983, introduce l'obbligo da parte dei parenti entro il 4° grado di prestare assistenza al minore e di provvedere alla sua educazione ove i genitori siano assenti o inadempienti, con la conseguenza che nel caso in cui essi siano a loro volta inadempienti, il tribunale minorile procederà a dichiarare lo stato di adottabilità del minore. Cosa che è avvenuta nel caso in esame.
Diverse pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno perimetrato il rapporto tra abbandono e stato d'adottabilità, al fine di valorizzare il diritto al rispetto della vita familiare, come disciplinato all'art. 8 CEDU: nella sentenza S.H. c. Italia, (Corte eur. dir. uomo, 13 ottobre 2015, ric. 52557/14), richiamata dall'ordinanza in commento, i problemi materni di natura psichiatrica hanno avuto un peso determinante nella dichiarazione di adottabilità contestata dalla Corte EDU perché le autorità nazionali avrebbero dovuto tutelare il legame tra la madre e i minori, ricorrendo ad altre soluzioni temporanee. La malattia psichica, seppur ingravescente, non avrebbe dovuto autorizzare il giudice a decretare lo stato d'abbandono, restando ferma la necessità di valutare in chiave prognostica la tenuta del rapporto tra madre e figli.
Il best interest child porta a una lettura radicalmente oggettiva dello stato d'abbandono, attribuendo, di conseguenza, alla procedura adottiva la natura di strumento sussidiario.
L'interpretazione restrittiva accordata allo stato d'abbandono dalla Corte europea dei diritti dell'uomo è certamente funzionale a ottimizzare il legame tra il minore e la famiglia d'origine, diritto fondamentale sacrificabile solo in casi eccezionali, come in quello sottoposto al vaglio della Corte.
L'articolo 15, comma 1º, lettera c), della legge n. 184/1983, come modificato dal Dlgs n. 154/2013, statuisce che lo stato di adottabilità è dichiarato quando "è provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole": occorre dunque, che gli operatori e il giudice abbiano una capacità di prognosi, inserendo il minore in una famiglia sostitutiva, laddove le possibilità di recupero dei genitori non siano realisticamente prevedibili o lo siano in tempi non ragionevoli per il bambino. Infatti, la dichiarazione dello stato di adottabilità è una soluzione estrema da privilegiare solo quando non siano percorribili altre soluzioni capaci di proteggere, sia l'interesse del minore sia il legame familiare. (cfr. Cass. Civ. 27 marzo 2018, n. 7559; Cass. Civ. 18 dicembre 2013, n. 28230, secondo cui la prioritaria esigenza per il figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i genitori biologici e di essere da loro allevato, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità).
E' importante che le decisioni non siano improntate ad automatismi e rigidità: solo quando risulti impossibile, sulla base di un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è corretto ipotizzare uno stato di abbandono (Cass. Civ. 19 gennaio 2018, n. 1431, in Foro it., 2018, I, 817, con nota di G. CASABURI, Molto rumore per nulla. Le tre volte in Cassazione di una pronuncia di adottabilità, secondo cui sussiste lo stato di abbandono di un minore in tenera età nel caso in cui i genitori siano stati condannati a lunga pena detentiva, in mancanza di altri stretti congiunti idonei a cui affidarlo).
Risulta pertanto, sempre indispensabile verificare l'effettiva e attuale possibilità di recupero delle capacità di cura e accudimento tenendo comunque, conto da un lato, che la sola condizione di indigenza, non è tale da determinare lo stato di abbandono, e dall'altro, facendo riferimento alle condizioni psichiche, questa deve essere oggetto di ponderate valutazioni anche peritali.
Peraltro, le situazioni di indigenza sono state incluse nell'articolo 79 bis (L. 4.5.1983, n. 184), che obbliga il giudice a segnalare le situazioni di indigenza dei nuclei familiari che richiedono interventi di sostegno, al fine di consentire al minore di essere educato nella propria famiglia, un compito che l'articolo 1 della legge attribuisce agli enti territoriali e, per essi, agli istituti di assistenza pubblici e privati. In realtà, si tratta di una norma manifesto perchè l'interferenza dei giudici con gli enti locali è soltanto apparente non avendo essi un potere di controllo effettivo per ovviare alle omissioni e alle carenze di questi enti, sicché la norma è destinata a restare una «vuota enunciazione» (DOGLIOTTI, Adozione di minori e stato di abbandono. Perché una specificazione?, in FD, 2012, 752).

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