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Anche le CER possono adottare un MOG ai sensi del d.lgs. 231/2001?

Il legislatore non ha escluso in modo esplicito l’applicabilità del d.lgs. 231/2001 agli enti non profit che, pur non svolgendo attività imprenditoriale, creano comunque utilità a soggetti che operano all’intero dell’organizzazione

Silhouettes of people pulling balloon with recycle sign

di Barbara Pirelli*

Prima di rispondere al quesito in questione appare opportuno fare una premessa sulla definizione delle CER e sulla normativa che le ha previste in Italia; è opportuno,altresì, prendere in considerazione il tessuto normativo del d.lgs. 231/2001.

Le Comunità Energetiche rappresentano delle aggregazioni sociali, composte da protagonisti eterogenei, il cui scopo è quello di promuovere la transizione energetica attraverso la produzione e la condivisione di energia pulita, cioè da fonti rinnovabili . Dunque, attraverso la forma aggregata di comunità è possibile occuparsi di politiche ambientali con un approccio bottom-up (dal basso verso l’alto).

La necessità di dar vita alle Comunità Energetiche nasce non solo per questioni legate all’ambiente, cioè per ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera ma anche per ragioni sociali ed economiche legate alla riduzione della povertà energetica e dei consumi in bolletta.

I membri di una Comunità Energetica possono essere: persone fisiche, PMI, enti territoriali, autorità locali, amministrazioni comunali, enti di ricerca e formazione, enti del terzo settore che decidono di produrre, consumare e condividere localmente energia da fonti rinnovabili. Con le Comunità Energetiche si passa dal sistema centralizzato di energia ( centrali elettriche di grandi dimensioni) ad un sistema decentralizzato o a km 0 (meglio noto anche come generazione elettrica distribuita con cui l’energia elettrica viene prodotta in piccola scala ad esempio con i pannelli fotovoltaici).

La normativa di riferimento è la seguente: il quadro normativo Europeo per favorire lo sviluppo delle Fonti Energetiche Rinnovabili è dettato dalla Direttiva Europea RED I/2009/28/CE ; la Direttiva Europea RED I è stata recepita in Italia con il D.L.gs.28/2011 . La Direttiva Europea RED II (2018/2001) ha,invece, disposto che gli Stati Membri raggiungano entro il 2030 la quota di energia da fonti rinnovabili, nel consumo finale lordo, pari al 32%.

La RED II, per consentire la promozione e lo sviluppo delle Comunità Energetiche, è stata recepita in Italia (in modo provvisorio) con il Decreto Legge n. 162 del 2019 art. 42 bis (Decreto Milleproroghe) convertito nella legge n. 8 del 2020 ( limite di potenza complessiva degli impianti fino a 200 kW e comunità energetiche sottese alla medesima cabina secondaria).

La RED II è stata recepita in Italia in modo definitivo con il d.lgs. 199/2021 entrato in vigore il 15 dicembre 2021 (impianti con potenza fino ad 1MW e comunità energetiche sottese alla stessa cabina primaria).

Il nuovo Decreto CER di incentivazione, che era stato inviato alla Commissione Europea il 23 febbraio 2023, è stato pubblicato il 23 gennaio 2024 sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed è entrato in vigore il 24 gennaio, prima con l’approvazione della Commissione Europea e dopo con la registrazione della Corte dei Conti.

Il decreto Cer prevede “un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili, finanziato dal PNRR e rivolto alle comunità i cui impianti sono realizzati nei comuni sotto i cinquemila abitanti che supporterà lo sviluppo di 2 gigawatt complessivi e una tariffa incentivante(per 20 anni) sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa per tutto il territorio nazionale; i due benefici sono tra loro cumulabili”.

Le CER possono essere costituite attraverso varie forme giuridiche che sono:

1. l’associazione (assenza di scopo di lucro, garantire la libertà nell’ingresso e nell’uscita dei membri);

2. Fondazione di Partecipazione;

3. Ente del Terzo Settore (Impresa Sociale,Associazione di Promozione Sociale);

4. Società Cooperativa;

5. Società Cooperativa Consortile;

6. Società Cooperativa di Comunità.

Fatta questa premessa, sulle Cer e sulle forme giuridiche che possono essere scelte per costituirle, è il caso di prendere in considerazione cosa prevede il d.lgs. 231/2001.

Innazitutto va ricordato che, grazie al D.lgs. 231/2001, per la prima volta in Italia viene introdotta la responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi da soggetti che ricoprano all’interno dell’ente una posizione apicale oppure si tratti di un soggetto sottoposto all’altrui direzione; perché scatti la responsabilità amministrativa dell’ente è necessario che le suddette figure professionali abbiano commesso il reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

La responsabilità dell’ente è esclusa quando si riesca a dimostrare che è stato adottato ed efficacemente attuato un MOG (modello di organizzazione, gestione e controllo) idoneo a prevenire reati di quello che si è verificato. Inoltre, la responsabilità dell’ente è esclusa anche quando il soggetto che ha commesso il reato lo ha fatto nell’interesse proprio o di terzi, di conseguenza l’ente non ha ricavato un vantaggio oppure il vantaggio è minimo.

Va detto, altresì, che l’adozione di un Modello di Organizzazione Gestione e Controllo di cui al d.lgs. 231/ 2001 non è obbligatoria; il MOG può essere adottato volontariamente dall’azienda o ente per non rispondere amministrativamente dei reati commessi dai suoi amministratori, dirigenti o dipendenti nell’interesse e/o a vantaggio dell’ azienda. A livello locale ci sono specifiche normative che prevedono l’obbligo di dotarsi di un Modello 231/2001 per contrarre con la pubblica amministrazione o ricevere specifici accreditamenti. Ad esempio nell’ambito sanitario tutti i soggetti coinvolti nell’erogazione privata dei servizi del SSN devono dotarsi del MOG per poter contrarre o continuare a contrarre con la pubblica amministrazione.

Le disposizioni del d.lgs. 231/2001 ai sensi dell’art. 1 si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e alle associazioni anche prive di personalità giuridica; non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Il modello di responsabilità previsto con il d.lgs. 231/2001 non è basato sulla commissione di qualunque reato ma sulla commissione di uno dei reati c.d. ”presupposto da parte di un soggetto inserito nella struttura organizzativa dell’Ente, nell’interesse o a vantaggio di quest’ultimo.

Tra i reati presupposto ci sono: la concussione e la corruzione , delitti contro l’industria e il commercio , delitti di criminalità organizzata , truffa in danno dello Stato , di un ente pubblico o dell’Unione Europea per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico , delitti informatici e trattamento illecito dei dati , reati societari, omicidio e lesioni colpose commessi in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, riciclaggio, ricettazione ecc.

Il sistema sanzionatorio del D.lgs. 231/2001 prevede sanzioni amministrative come le sanzioni pecuniarie e le sanzioni interdittive come la confisca, la pubblicazione della sentenza di condanna, il divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione, l’interdizione anche temporanea dall’esercizio dell’attività, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti ecc.

Nella costruzione del Modello 231 è importante la nomina dell’Organismo di Vigilanza (Odv) che può essere collegiale o individuale ; è un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo ed ha il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei MOG e di curare il loro aggiornamento.

Come detto in precedenza, le disposizioni del d.lgs. 231/2001 si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e alle associazioni anche prive di personalità giuridica; negli anni ci si è interrogati più volte se anche gli enti del terzo settore potessero adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo per evitare la commissione di reati.

Con il decreto legislativo 117/2017 è entrato in vigore il Codice del Terzo Settore che ha previsto espressamente che:
“l’organo di controllo dell’Ets (ente terzo settore) è tenuto, laddove istituito, a vigilare sull’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto 231, qualora applicabili, e sull’adeguatezza e corretto funzionamento dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’ente stesso.”

Dunque, il legislatore non ha esplicitamente escluso l’applicabilità del D.lgs. 231/2001 agli enti non profit di carattere privato che perseguono fini solidaristici come le associazioni, le fondazioni, i comitati ecc. pur non avendo un carattere imprenditoriale con riferimento all’attività svolta.

Inoltre, molti illeciti previsti nell’elenco dei reati presupposto possono essere commessi anche da enti che non hanno scopo di lucro ma che comunque creano utilità a soggetti che operano all’interno delle loro organizzazioni”.

In merito è interessante una sentenza della Corte di Cassazione la n. 45100 del 2021 che ha affermato che: “(…) in maniera del tutto condivisibile che il d.lgs 231/01 evoca l’intero spettro dei soggetti di diritto non riconducibili alla persona fisica, indipendentemente dal conseguimento o meno della personalità giuridica e dallo scopo lucrativo o meno perseguito”.

Ritornando al quesito del titolo: ” anche le CER possono adottare un MOG?”  

A mio avviso la risposta è Sì perché come detto in precedenza le disposizioni del d.lgs. 231/2001 ai sensi dell’art. 1 si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e alle associazioni anche prive di personalità giuridica. Ricordo che le forme giuridiche per costituire una CER sono:

1. l’associazione riconosciuta e non riconosciuta, con assenza di scopo di lucro;

2. Fondazione di Partecipazione;

3. Ente del Terzo Settore ;

4. Società Cooperativa;

5. Società Cooperativa Consortile;

6. Società Cooperativa di Comunità

Va, altresì ricordato che la legge n. 95 del 26 luglio 2023 , pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 2023, ha incluso tra le attività di interesse generale - di cui all’art. 5 comma 1 del d.lgs. 117/2017, recante il Codice del Terzo Settore- anche l’attività di produzione, accumulo e condivisione di energia da fonti rinnovabili ai fini di autoconsumo. Di conseguenza una Comunità Energetica Rinnovabile ai sensi dell’art. 31 d.lgs. 199/2021 può assumere la qualifica di Ente del Terzo Settore (ETS) o di impresa sociale, consentendo l’iscrizione nel RUNTS (registro unico del terzo settore).

Quindi, date le premesse, a mio avviso per analogia anche una CER potrebbe decidere volontariamente di adottare un Modello di organizzazione, gestione e controllo per evitare la responsabilità amministrativa per i reati commessi da soggetti apicali o soggetti sottoposti all’altrui direzione nell’interesse e/o a vantaggio dell’ente. I soggetti apicali sono tutti quei soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione e direzione dell’ente.

Nel caso della CER come associazione i soggetti apicali potrebbero identificarsi: nel Presidente della CER a cui è attribuita la rappresentanza legale dell’associazione di fronte ai terzi e in giudizio, nell’Organo di Amministrazione che tra i vari compiti ha anche quello di provvedere agli affari di ordinaria e straordinaria amministrazione dell’associazione come quello di acquistare o alienare beni mobili ed immobili, accettare o rinunciare a legati, eredità, donazioni, contrarre con banche o istituti di credito, con la pubblica amministrazione, con altre istituzioni pubbliche; nell’Organo di Controllo che deve vigilare sull’osservanza della Legge e dello Statuto , sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell’associazione; nel gestore della CER che gestisce la piattaforma di aggregazione e gestione dei dati di consumo/produzione dei membri, che gestisce i rapporti con il GSE.

In definitiva il legislatore non ha escluso in modo esplicito l’applicabilità del d.lgs. 231/2001 agli enti non profit che, pur non svolgendo attività imprenditoriale, creano comunque utilità a soggetti che operano all’intero dell’organizzazione. Dunque, gli enti non profit, anche se privi di personalità giuridica, possono adottare un MOG che- se idoneo ed efficacemente attuato- eviterà la responsabilità amministrativa dell’ente dipendente da reato, che prevede l’applicazione di sanzioni pecuniare e interdittive.

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*A cura di Barbara Pirelli, Avvocato - Legal e Sustainability Content Creator

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