Amministrativo

Appalti pubblici post Brexit, certificazioni Ukas di nuovo in campo

Il Consiglio di Stato, sentenza n. 9628 del 9 novembre scorso, afferma l’equivalenza dei certificati britannici rispetto a quelli rilasciati da organismi accreditati dagli enti degli Stati membri

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di Francesco Machina Grifeo

Il Consiglio di Stato torna sulla questione della spendibilità dei certificati emessi da enti accreditati da UKAS ( l’unico organismo nazionale riconosciuto dal governo britannico) negli appalti pubblici dopo la Brexit. Con una decisione dell’aprile scorso (la n. 4089/2023, che aveva suscitato particolare clamore), la V Sezione aveva chiuso a tali certificati affermando che non avevano più valore nelle procedure di gara degli Stati membri.

Con una nuova recentissima sentenza (la n. 9628 del 9 novembre scorso) sempre la V Sezione (Presidente Caringella) ha invece dato ragione ad una stazione appaltante (assistita da Filippo Arena di GPBL) che aveva ritenuto valida la certificazione di conformità al sistema di gestione ambientale “rilasciata da un organismo accreditato dal proprio ente unico nazionale, firmatario dell’accordo di mutuo riconoscimento EA Multilateral Agreement (EA MLA), come espressamente previsto dal disciplinare di gara, in alternativa alla certificazione proveniente dall’Ente nazionale unico di accreditamento “autorizzato a norma dell’art. 5, par. 2 del Regolamento (CE) n. 765/2008”. Riconosciute dunque anche le ragioni di Ukas (asssitita da Claudio Visco, Macchi di Cellere Gangemi).

Il caso riguarda un bando per il rifacimento di un immobile di Sport e Salute Spa all’interno del parco del Foro Italico. Nel luglio scorso, il Tar Lazio aveva accolto il ricorso delle società escluse ed annullato l’aggiudicazione per difetto dei requisiti di qualificazione. Secondo il Tribunale amministrativo la certificazione di qualità del sistema di gestione ambientale presentata “essendo stata rilasciata da un ente certificatore (Advanced Certification Ltd) accreditato presso un organismo di accreditamento (United Kingdom Accreditation Service, di seguito “UKAS”) di uno Stato terzo (Regno Unito) non facente parte dell’UE, non sarebbe stata spendibile per la partecipazione alla gara”.

Il Consiglio di Stato per prima cosa rileva che a differenza del caso deciso dal menzionato precedente (ove la qualità di firmatario degli accordi EA/MLA non era presa in alcuna considerazione dalla lex specialis), nel caso di specie il disciplinare di gara, “per ampliare la platea dei potenziali partecipanti”, aveva attribuito “sicuro rilievo anche all’accreditamento dell’organismo di certificazione da parte di un ente unico nazionale di accreditamento che abbia sottoscritto tale tipologia di accordi multilaterali”.

La decisione però non si ferma a questo aggiungendo che la sentenza appellata “è errata anche nella parte in cui esclude, ai fini del riconoscimento dell’equivalenza dei servizi di accreditamento resi dagli enti unici nazionali, la rilevanza dell’accordo EA/MLA (sottoscritto dallo stesso UKAS)”.

E allora, prosegue, la Brexit non ha effetto sulle attività degli organismi e dei laboratori accreditati dall’ente UKAS che “conserva la sua qualità di firmatario dell’accordo multilaterale EA in ambito europeo (alla cui sottoscrizione ha partecipato anche Accredia)”. E questo “garantisce l’equivalenza delle caratteristiche e delle qualità del sistema di accreditamento gestito dal UKAS rispetto agli organismi nazionali degli Stati membri”. Del resto, aggiunge, la “medesima European cooperation for Accreditation ha modificato il proprio Statuto al fine di permettere ad UKAS di mantenere lo status di full member dei network internazionali di accreditamento EA”.

Insomma, per il Collegio, il sistema di accreditamento gestito dagli organismi firmatari dell’accordo EA MLA, che abbiano positivamente superato la valutazione inter pares (prevista dall’art. 10 del Regolamento n. 765/2008), è accettato dagli altri firmatari come equivalente al proprio sistema di accreditamento.

Né per Palazzo Spada c’è necessità di sottoporre la questione alla Corte Ue, considerato che dall’esame complessivo della normativa, eurounitaria e interna, si può ritenere in maniera “adeguatamente chiara che la sottoscrizione degli accordi EA MLA (European cooperation Multilateral Agreement), per lo specifico settore del certificato richiesto ai fini della partecipazione alla gara d’appalto, abiliti l’Ente unico nazionale di un Paese europeo a fornire il servizio di accreditamento degli enti di certificazione in modo equivalente agli organismi nazionali degli Stati membri”.

Di conseguenza, le certificazioni di qualità rilasciate da organismi stranieri accreditati dall’Ente unico nazionale di accreditamento di un altro Stato europeo, firmatario dell’accordo EA MLA, qual è l’ente britannico UKAS, sono equivalenti alle certificazioni di qualità rilasciate da organismi accreditati dagli enti nazionali degli Stati membri. Ed in questa direzione vengono citate la Delibera Anac n. 498 del 25 ottobre 2022 (che richiama Cons. di Stato, V, 22 luglio 2021, n. 5513) e il comunicato del Presidente dell’Anac del 9 giugno 2021.

L’opposta conclusione – conclude il Cds – “oltre a non trovare fondamento nella sopra citata sentenza della Corte di Giustizia, potrebbe contrastare con l’art. 87 del Codice, con il Regolamento CE n. 765/2008 e con i principi di concorrenza, non discriminazione e mutuo riconoscimento”.

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