Arresti domiciliari: modesta gravità del fatto se il condannato si sente male ed esce in cerca di aiuto
Ha sbagliato il tribunale a dare peso solo alla pericolosità dell'imputato senza considerare l'evento nella sua oggettività
L'imputato che si trova ai domiciliari, se si sente male può uscire dall'abitazione in cerca di aiuto senza per questo perdere il beneficio: per i giudici la circostanza capitata al detenuto è da classificare nell'ambito dei fatti di modesta gravità. La Cassazione (sentenza n. 5930/23) ha così accolto la richiesta del ricorrente - che si era visto cancellare i domiciliari - anche in considerazione del fatto che l'episodio si era verificato solo in quella occasione. Senza contare, poi, che il soggetto era notariamente soffrerente di enfisema polmonare e che si era allontanato dall'abitazione, perché colto da malore mentre si trovava da solo a casa. Per i giudici della Suprema corte, dunque, tutte queste condizioni sommate insieme avrebbero giustificato comunque il mantenimento degli arresti domiciliari.
La vicenda all'esame della Suprema corte
Venendo ai fatti, dall'ordinanza del tribunale, (impugnata in Cassazione), risultava che «il condannato il 27 maggio 2022 alle ore 17.50 non veniva rinvenuto presso l'abitazione ove era ristretto domiciliarmente». Rintracciato poco dopo il soggetto affermava di trovarsi nei pressi della propria abitazione dalla quale si era allontanato perché «si era sentito male». All'imputato, condotto in ospedale, era stata diagnosticata la dispnea ed era stato dimesso in codice arancione.
Le motivazioni della Cassazione
Sul punto la Suprema corte ha chiarito che in tema di violazione degli arresti domiciliari, il fatto di lieve entità di cui all'articolo 276, comma 1-ter, del Cpp si riferisce a violazioni di modesto rilievo ovvero a quelle che non sono in grado di smentire la precedente valutazione di idoneità della misura degli arresti domiciliari a tutelare le esigenze cautelari. Gli Ermellini - a tal proposito - hanno richiamato un precedente (sentenza n. 8071/2020) secondo cui la lieve entità della violazione delle prescrizioni che, ai sensi dell'articolo 276, comma 1-ter, del Cpp consente al giudice di non disporre l'aggravamento con la custodia cautelare in carcere, può trovare applicazione anche nel caso di allontanamento dal luogo di esecuzione della misur a , la cui gravità va valutata tenendo conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da essa desumibile e del danno o del pericolo che ne è derivato. In conclusione, i Supremi giudici hanno bocciato la sentenza del Tribunale in quanto questa ha negato la lieve entità considerando solo lo spessore criminale dell'imputato senza analizzare le concrete modalità di allontanamento.