Amministrativo

Attribuzioni tra poteri dello Stato, non può sollevare il conflitto il singolo parlamentare

Titolare della sfera di attribuzioni costituzionali in ipotesi lese e, quindi, eventualmente legittimata a sollevare conflitto è la Camera di appartenenza del singolo parlamentare e non quest’ultimo

Secondo la giurisprudenza costituzionale, «deve essere escluso che il singolo parlamentare sia legittimato a sollevare conflitto di attribuzioni nel confronti del Governo» quando agisce «a tutela di prerogative attribuite dalla Costituzione all’intera Camera a cui appartiene (ordinanza n. 17 del 2019)».

È quanto si legge nell’ordinanza numero 178, depositata oggi, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato sollevato dal deputato Magi, singolo ricorrente, nei confronti del Governo.

Le doglianze del ricorrente si basavano sulla sostanziale riproduzione, nel decreto-legge numero 48 del 2025 (cd. decreto sicurezza), delle norme contenute in un disegno di legge ordinario di cui è stato conseguentemente sospeso l’esame in Parlamento.

La Corte ha rilevato che «le doglianze del ricorrente relative all’eccentricità del modus operandi del Governo coinvolgono direttamente l’intera Assemblea» e che, «d’altronde, in molteplici occasioni questa Corte ha negato l’ipotizzabilità di una concorrenza tra la legittimazione attiva del singolo parlamentare e quella della Camera di appartenenza (ex plurimis, ordinanze n. 151 del 2022, n. 67 e n. 66 del 2021)».

Pertanto, titolare della sfera di attribuzioni costituzionali in ipotesi lese e, quindi, eventualmente legittimata a sollevare conflitto è la Camera di appartenenza del singolo parlamentare e non quest’ultimo.

La Corte ha inoltre precisato che il ricorrente non ha allegato «una sostanziale negazione o un’evidente menomazione» delle proprie prerogative costituzionali, poiché l’unica circostanza riferita nel ricorso riguardo all’iter parlamentare di conversione in legge del “decreto sicurezza” atteneva alla presentazione di cinque questioni pregiudiziali, una delle quali peraltro sottoscritta dallo stesso ricorrente, che ha quindi avuto la «possibilità di esercitare le proprie funzioni costituzionali» nel corso del procedimento di conversione.

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