Autoriciclaggio per bonifici all’estero
Bonifici a una società estera con saldo corrente pari a zero non possono essere liquidati in maniera sommaria dall’autorità giudiziaria, negando l’applicazione della custodia cautelare per autoriciclaggio. Neppure mettendo l’accento sulla tracciabilità dei versamenti. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 16908 della Seconda sezione penale, ha così accolto il ricorso presentato dalla pubblica accusa contro la decisione del tribunale della libertà che aveva negato la detenzione preventiva per il reato di autoriciclaggio e usura. La condotta “sospetta” posta in essere dall’indagato era consistita in una serie di bonifici effettuata a società estere e a successivi traferimenti delle somme di denaro a soggetti fisici o giuridici sempre riconducibili all’uomo.
Ora la Cassazione, dopo avere ricostruito la fisionomia del reato con un’insistenza particolare per l’idoneità della condotta a ostacolare in concreto l’identificazione della provenienza criminale dei beni, sottolinea come la procura, nel suo ricorso, ha ricostruito in maniera puntuale i passaggi di denaro, valorizzando alcuni aspetti come la natura estera delle società (tunisine) e il fatto che il conto corrente di una di queste fosse del tutto privo di liquidità prima del trasferimento, indizio evidente di non operatività.
Per questo alla Cassazione appare almeno azzardato ritenere, come fatto dal Riesame, che si possa essere in presenza di una tranquilla attività imprenditoriale. Oltretutto il trasferimento delle somme era avvenuto non tanto a favore di una sola persona, fisica o giuridica, ma vantaggio di una vera e propria costellazione di società distinte che, a loro volta, effettuavano nuove operazioni di trasferimento.
La stessa tracciabilità delle operazioni, che rappresenta comunque una conseguenza delle indagini avviate, non può determinare una conclusione di inidoneità della condotta a porre in essere l’autoriciclaggio.
Per la Cassazione, il rinvio al Riesame è obbligato, e l’ordinanza deve essere annullata. Il tribunale delle indagini preliminari dovrà così fornire una nuova valutazione sulla effettiva capacità dissimulatoria delle operazioni realizzate, con una finestra di particolare attenzione per la natura estera delle società coinvolte.
Corte di cassazione, Seconda sezione penale, sentenza 18 aprile 2019 n. 16908