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Booking.com, i vincoli ai prezzi degli hotel potrebbero minare la concorrenza

Per la Corte Ue, sentenza nella causa C-264/23, tuttavia le “clausole di parità” della tariffa non possono, in linea di principio, essere qualificate come «restrizioni accessorie» ai fini del diritto della concorrenza

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di Francesco Machina Grifeo

Le restrizioni sui prezzi degli hotel di Booking.com potrebbero ostacolare la concorrenza tra le varie piattaforme di prenotazione alberghiera e comportano rischi di espulsione delle piccole piattaforme e delle nuove piattaforme dal mercato. Tuttavia, le “clausole di parità” della tariffa non possono, in linea di principio, essere qualificate come «restrizioni accessorie» ai fini del diritto della concorrenza dell’Unione. Lo ha stabilito la Corte Ue nella causa C-264/23.

Booking.com, ricapitola un comunicato della Corte, è una società di diritto olandese con sede ad Amsterdam (Paesi Bassi) che offre un servizio mondiale di intermediazione online per prenotazioni alberghiere. Le strutture alberghiere, per ogni prenotazione effettuata tramite la piattaforma, pagano una commissione a Booking.com. Benché, prosegue, le strutture possano avvalersi di canali di vendita alternativi, non possono però offrire pernottamenti a prezzi inferiori a quelli offerti sul sito di Booking.com. Inizialmente il divieto si applicava tanto all’offerta sui canali di vendita propri degli albergatori, quanto all’offerta su canali di vendita gestiti da terzi (clausola c.d. di «parità ampia»). Dal 2015, una versione ristretta di tale clausola vieta unicamente di offrire pernottamenti a prezzo inferiore mediante i propri canali di vendita.

I giudici tedeschi hanno stabilito che le clausole di parità (ristretta o ampia) utilizzate dalle piattaforme sono in contrasto con il diritto della concorrenza, in particolare, dell’Unione. Il Tribunale di Amsterdam, interpellato da Booking.com, ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia alcune questioni pregiudiziali riguardanti la compatibilità delle clausole di parità, sia ampia che ristretta, della tariffa, rispetto al diritto dell’Unione in materia di concorrenza.

Nella decisione odierna la Corte sottolinea che la fornitura di servizi di prenotazione alberghiera online da parte di piattaforme come Booking.com ha prodotto un effetto neutro se non addirittura positivo, sulla concorrenza. In tal modo infatti, per un verso, si consente ai consumatori di accedere ad un’ampia gamma di offerte e di confrontarle in modo semplice e rapido; per l’altro, si permette agli alberghi di acquisire una maggiore visibilità.

Non è invece dimostrato – prosegue la Corte - che le clausole di parità, sia ampia che ristretta, della tariffa, da una parte, siano oggettivamente necessarie e, dall’altra, siano proporzionate rispetto all’obiettivo. Infatti, le clausole di parità ampia, oltre a ridurre la concorrenza tra le varie piattaforme di prenotazione alberghiera, comportano rischi di espulsione delle piccole piattaforme e delle nuove piattaforme dal mercato. Lo stesso vale per le clausole di parità ristretta. Per quanto esse generino, prima facie, un effetto restrittivo della concorrenza inferiore e mirino a scongiurare il rischio di parassitismo, non risulta che siano oggettivamente necessarie per garantire la redditività della piattaforma di prenotazione alberghiera.

Nel maggio scorso la Commissione europea ha designato ai sensi del Digital Markets Act (DMA) Booking come gatekeeper per il suo servizio di intermediazione online. Margrethe Vestager, all’epoca Vicepresidente esecutivo incaricato della politica di concorrenza aveva commentato: “È una buona notizia per i vacanzieri. Booking.com si iscrive all’elenco dei servizi di piattaforma di base necessari per rispettare le regole del Digital Markets Act”. E Thierry Breton, Commissario per il Mercato interno: “La prenotazione è un attore importante nell’ecosistema turistico europeo ed è ora anche un gatekeeper designato. Lavoreremo per assicurarci che rispetterà pienamente gli obblighi l Digital Markets Act entro 6 mesi”.

Booking Holdings ha espresso disappunto per la sentenza. “Riteniamo che le clausole di parità storicamente esistenti in Germania fossero necessarie e proporzionate al rapporto tra i partner ricettivi e Booking.com e che Booking.com opera in un mercato competitivo”, ha affermato la società.

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