Bullismo sanzionabile come violenza privata se minacce e prepotenze creano soggezione
Il bene tutelato è la libertà psichica, compromesso dalla coercizione della volontà non sanzionata con altre fattispecie specifiche
Non è la violenza o la minaccia, bensì la coercizione, il fatto costitutivo del bullismo. Il reato di violenza privata, infatti, scatta per il ragazzo bullo che con diverse azioni pone la vittima, cioè un proprio coetaneo, in una condizione di soggezione psichica in conseguenza dell'atto violento che non si esaurisca in sé. Così la Corte di cassazione penale, con la sentenza n. 163/2020, ha respinto il motivo di ricorso che contestava la configurabilità del reato ex articolo 610 del Codice penale, a fronte di simulazioni di atti sessuali davanti ad altri compagni di scuola, di calci , di sputi in faccia e di sottrazione di materiale scolastico appartenente alla medesima vittima.
Il ricorrente, minorenne all'epoca dei fatti, sosteneva che le condotte violente e prevaricatrici si sarebbero esaurite nel loro stesso compimento, ossia senza determinare quel patema d'animo che tipicamente si ingenera nelle vittime di bullismo.
La Cassazione, invece, ha respinto l'affermazione della coincidenza tra le condotte violente e minacciose e l'evento del reato quale conseguenza istantanea e priva di risvolti successivi. La compressione della libertà psichica del compagno di scuola, costretto a subire prevaricazioni o messo alla berlina pubblicamente, è sufficiente all'imputabilità per violenza privata dell'autore delle condotte che il giudice accerta abbiano determinato tale effetto lesivo dell'autodeterminazione della vittima.