Giustizia

Carriere dei giudici, cause pretestuose e produttività: qualche idea di rimedio

La certezza del diritto e della pena sono compatibili con il garantismo e l’efficienza dell’ordinamento

di Carlo Cottarelli e Alessandro De Nicola

Egregio direttore,

un cattivo sistema giudiziario oltre a incidere negativamente sui diritti fondamentali dei cittadini ha gravi effetti sullo sviluppo economico. L’incertezza del diritto, la lunghezza dei processi, le detenzioni (o le scarcerazioni) irragionevoli, il mancato adempimento dei contratti, i mancati risarcimenti agli ingiustamente condannati, sono alcuni dei fattori che scoraggiano l’attività economica in Italia. Da anni i problemi della giustizia italiana appaiono nei sondaggi delle imprese estere tra i principali disincentivi ad investire nel nostro Paese.

L’Unione Europea ha posto la riforma della giustizia tra le condizioni della concessione dei fondi del Recovery Fund e fortunatamente il ministro Cartabia ha la competenza e decisione sufficiente per portare avanti le necessarie riforme.

Attraverso il Comitato Programma per l’Italia, promosso da forze politiche e associazioni culturali liberal-democratiche (Azione, +Europa, PRI, Alleanza Liberaldemocratica, I Liberali) composto in gran parte da esperti indipendenti abbiamo pensato di dare un contributo ragionato e approfondito alla soluzione del problema che siamo lieti di riassumere per i lettori del Sole 24 Ore.

In primo luogo, è indispensabile separare le carriere di magistrati inquirenti e giudicanti. Correntismo e commistioni devono finire (si pensi che i PM presenti nel Csm decidono i provvedimenti disciplinari e le carriere dei giudici che dovrebbero giudicare le imputazioni). Occorre quindi avere due Consigli Superiori della Magistratura, con le stesse caratteristiche di piena indipendenza di quello attuale e con metà dei componenti (non più i 2/3) selezionati dai magistrati e l’altra metà in parte dal Parlamento ed in parte dagli ordini professionali e dall’accademia. Il metodo di elezione per evitare la degenerazione in correnti è il cosiddetto voto singolo trasferibile, che permette di votare candidati anche di liste diverse, rendendo difficile il lavorio correntizio.

È altresì doveroso evitare il fenomeno delle porte girevoli magistratura-politica: se si è eletti non si ritorna più a giudicare ma si lavorerà in ruoli diversi. Né dovrebbe essere possibile candidare magistrati nel distretto di Corte d’Appello dove operano.

Non particolarmente sensato sembra che i componenti del terzo potere rispondano a ministeri diversi (la Difesa, il MEF, la Giustizia). È opportuno che il solo Ministero della Giustizia abbia la responsabilità della supervisione dei togati.

Infine, è doveroso, giacché si lamentano carenze di organico, che vengano drasticamente ridotti i togati che prestano servizi “fuori ruolo”, in ministeri o nella pubblica amministrazione: il loro posto è in aula.

Passiamo al buon funzionamento della macchina.

I processi civili, tributari, amministrativi e penali sono una quantità abnorme rispetto agli altri Paesi. È molto facile cominciare cause civili pretestuose o resistere in modo insensato confidando sulla lungaggine processuale. È necessario quindi scoraggiare tali comportamenti aumentando le sanzioni per lite temeraria e applicando interessi di mora maggiorati in caso di sconfitta in Cassazione dopo due sentenze già negative in primo grado e in appello. Alla giustizia tributaria si fa oggi ricorso confidando nell’aleatorietà delle decisioni delle Commissioni tributarie, spesso incoerenti e troppo frequentemente (50% dei casi) ribaltate in Cassazione. Si deve perciò rafforzare la competenza ricorrendo solo a giudici professionali e con preparazione specifica, selezionati con apposito concorso e scoraggiare sia l’Agenzia delle Entrate sia il contribuente a ricorrere sempre e comunque contro pronunce negative.

I magistrati, poi, devono progredire per merito. Attualmente ogni 4 anni essi devono passare un giudizio di idoneità che viene però superato dal 98% degli esaminati. Una percentuale bizzarra. Appare quindi opportuno introdurre criteri che tengano in conto la produttività dei giudici e la qualità della loro produzione (quanti dei loro provvedimenti sono successivamente annullati, rigettati o cassati?). Per accedere a incarichi direttivi uno dei requisiti dovrebbe essere dimostrare capacità gestionale e la preparazione dovrebbe consistere in corsi ben strutturati e di sufficiente durata in materie aziendalistiche.

La trasparenza è un altro requisito dell’efficienza e quindi il Ministero della Giustizia ogni anno dovrebbe pubblicare dati nazionali e comparabili dei cosiddetti indicatori di performance di ogni Tribunale, informazioni che oggi sono reperibili in modo incompleto.

Il processo civile va semplificato introducendo aspetti del procedimento giuslavoristico e filtri di ammissibilità dei ricorsi in appello e Cassazione (questi ultimi più pregnanti degli attuali). Infine, è bene che i palazzi di giustizia siano gestiti da manager (come la recente legislazione ha cominciato a prevedere) ben retribuiti anche a seconda dei risultati di efficienza raggiunti.

Le nostre proposte non perdono certo di vista i più ampi problemi di giustizia anche penale. Ad esempio, oltre a prevedere la cancellazione della controriforma di abolizione della prescrizione, proponiamo più certezza nell’applicazione della pena (oggi spesso erratica) e una riformulazione dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Infine, occorre rafforzare le procedure di risoluzione extraprocessuale delle liti, ancora poco sviluppate in Italia.

Ci fermiamo.

Il testo completo è disponibile su www.adamsmith.it, ma ci premeva spiegare che certezza del diritto e della pena sono compatibili con il garantismo e l’efficienza dell’ordinamento giudiziario, il quale può a sua volta contribuire enormemente al risanamento economico del Paese.

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