Penale

Cartabia ai penalisti: «Monitoriamo insieme il funzionamento delle riforme»

In corso a Roma, presso l'Hotel Ergife, il XVIII Congresso Ordinario dell'Unione delle Camere Penali italiane che si chiuderà il 26 settembre

di Francesco Machina Grifeo

Con l'intervento della Ministra Cartabia, che ha invitato l'Avvocatura a vigilare, grazie alla presenza capillare sul territorio, sulla efficacia delle riforme penali, entra nel vivo la tre giorni congressuale dei penalisti. Da oggi al 26 settembre, infatti, presso l'Hotel Ergife di Roma, si celebra il XVIII Congresso Ordinario dell'Unione delle camere penali italiane dal titolo "Cambiare la giustizia, cambiare il paese. Le proposte dell'Avvocatura penale per una nuova stagione delle garanzie".

Si va verso la riconferma, per il prossimo biennio, del presidente uscente Luigi Caiazza. "La qualità del suo impegno – ha detto il segretario Eriberto Rosso -, grazie alla sua forza personale, ha contribuito in modo decisivo a mantenere centrale il ruolo dell'Unione delle camere penali". Rosso ha poi rinviato alla Relazione di domani mattina per le "linee portanti del nuovo mandato".

Caiazza ha poi preso brevemente la parola invitando la Ministra sul palco: "Abbiamo seguito con emozione il suo intervento in Parlamento – ha affermato -, dove ha rimesso al centro i valori della Costituzione, li abbiamo sentiti declamare dopo due anni che consideriamo forse i più bui da questo punto di vista della storia repubblicana". "Questa non è la casa del massimalismo – ha aggiunto -, lei sa che abbiamo apprezzato molto il lavoro da lei svolto come sa che non abbiamo apprezzato alcune approdi frutto di una mediazione politica, siamo qui per ascoltarla".

E la platea dei penalisti, con i collaboratori della Ministra, tra cui il Sottosegretario Sisto, in prima fila, l'ha accolta con un caloroso applauso. "Dobbiamo lavorare - ha detto Cartabia - perché davvero la riduzione dei tempi della giustizia, questo 25 per cento in meno in cinque anni possa divenire non solo un auspicio pieno di buone intenzioni, ma irrealizzabile, ma sia realtà". "Abbiamo degli obiettivi chiari da raggiungere, abbiamo delle tappe intermedie, abbiamo bisogno di osservatori che lungo la strada ci dicano: attenzione questa riforma non sta funzionando in generale o in qualche specifico distretto".

"Io credo – ha proseguito sul punto - che il ruolo dell'avvocatura possa essere questo, una presenza capillare, un sensore che ci dica questa riforma buona sulla carta non sta funzionando. La giustizia non è una scienza esatta. È vero abbiamo messo una firma e compiuto una tappa importante con la promulgazione della legge delega sul processo penale che arriverà ad ore ma queste riforme sono tutte da verificare nell'ambito della concretezza".

La Ministra ha poi ricordato che nel testo del disegno di legge delega "non c'è solo l'improcedibilità, sulla quale tanto si è accanito il dibattito pubblico, ma c'è un potenziale tutto da sviluppare e attuare, sia sugli aspetti più specificamente processuali della delega, sia su quelli che vanno a incidere sul sistema sanzionatorio, che potenziano le possibilità delle soluzioni alternative al carcere, e dove si mette in campo un'ipotesi di riforma delle pene pecuniarie, totalmente inattuate, dove si allarga il principio della particolare tenuità del fatto".

Cartabia ha poi richiamato l'attenzione su "cosa accade dopo la sentenza, cosa accade nelle carceri: questi mesi – ha affermato - hanno portato drammaticamente alla nostra attenzione un sistema che ha bisogno di tanti interventi". Ma la pandemia ha portato anche qualche innovazione positiva, a Rebibbia per esempio – ha ricordato - oltre alla ripresa dei colloqui in presenza "saranno garantiti anche quelli a distanza, una cosa che sembrava impossibile solo fino a qualche anno fa".

Cartabia ha poi detto di percepire "un fermento nel mondo della giustizia italiana, soprattutto quando come adesso c'è modo di incontrarsi de visu, un'attesa di un cambiamento che è già in atto". "Dobbiamo dare - ha concluso - un nuovo smalto alla giustizia italiana, perché si è ormai compreso che è una giustizia che funziona è davvero indispensabile per il rinnovamento e il cambiamento del Paese sotto ogni aspetto".

Nell'introdurre il vice presidente del Csm, Davide Ermini, l'avvocato Gaetano Pecorella, ha ricordato le vicende Amara e Palamara che hanno offerto al Paese una "visione buia della magistratura che è una cosa che ci rattrista".

Ermini, che per prima cosa ha ricordato di essere un avvocato fino a poco tempo fa iscritto alla Camera penale di Firenze, ha ribadito di aver vissuto "momenti di difficoltà". "Però – ha aggiunto - voglio ribadire che la magistratura è un perno della democrazia. E al Paese serve una magistratura ancora più indipendente, più forte. Non dobbiamo pensare che i problemi si risolvono semplicemente spostando qualche persona, dobbiamo difendere una istituzione autonoma indipendente perché quello che sta succedendo in Turchia ma anche in alcuni paesi dell'unione europea crea perplessità".

Ermini ha poi rivolto un appello alla politica: "Sono convinto che nella tutela della giurisdizione e dei valori costituzionali tutti debbano stare dalla stessa parte, io mi ostino a chiedere alle forze politiche di avere più coraggio e deporre le armi". "La giustizia – ha aggiunto - mal sopporta rivalse e contrapposizioni di bandiera, non può essere terreno di scontro politico ed elettorale". Ermini si rivolge poi all'avvocatura e alla magistratura: "Abbiamo di fronte un'occasione forse irripetibile, proprio nella fase dell'attuale governo, per il rilancio del sistema giustizia al fine di offrire ai cittadini un processo efficiente, tempestivo e rispettoso delle garanzie. Vale la pena di collaborare tutti insieme perché ciò avvenga".

Nella riforma penale, ha proseguito, "non mancano passi avanti", dalla giustizia riparativa ai margini più ampi riconosciuti al patteggiamento e alla messa alla prova, "ma non ancora così energici come sarebbe opportuno". Auspicando, pertanto, che "si sfoltisca il catalogo dei reati con misure incisive di depenalizzazione e si recuperi integralmente la riforma Orlando dell'ordinamento penitenziario, superando l'idea del carcere come unica soluzione punitiva, che è un'idea antistorica e ostacola la funzione che la Costituzione attribuisce alla pena". "Senza considerare la necessità di interventi di edilizia carceraria, sono necessarie risorse e costruire sulla base di un sistema di pena che non sia carcerocentrico", conclude.


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