Civile

Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana

La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 28 giugno ed il 2 luglio 2021

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di Federico Ciaccafava

Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) spese di giudizio, responsabilità aggravata ed “abuso del processo”; (ii) ordinanze aventi contenuto decisorio e definitivo e regime impugnatorio; (iii) collegio giudicante, sostituzione componente e nullità della pronuncia; (iv) procura rilasciata in primo grado ed estensione al giudizio di appello; (v) parte vittoriosa in appello, contumacia in primo grado e liquidazione spese di lite; (vi) azione revocatoria e litisconsorzio necessario; (vii) rito del lavoro, costituzione convenuto, omesso avvertimento di decadenza e questione di legittimità costituzionale; (viii) riunione cause in rapporto di continenza e regime delle preclusioni.

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PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI

SPESE PROCESSUALI - Cassazione n. 18496/2021

Pronunciandosi sull’applicazione dell’articolo 96, comma 3, del Cpc in tema di responsabilità aggravata, la sentenza ribadisce che l’applicazione della disposizione in esame non esige, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione.

IMPUGNAZIONI - Cassazione n. 18499/2021

La decisione riafferma che, in caso di omessa notifica ad istanza di parte, il termine per impugnare le ordinanze aventi contenuto decisorio e carattere definitivo è quello cosiddetto lungo ex articolo 327 del Cpc, il quale decorre dalla data di deposito dei provvedimenti, coincidente, nell’ipotesi di ordinanze pronunciate in udienza, con la data dell’udienza nel corso della quale è avvenuta la redazione del relativo processo verbale.

SENTENZA - Cassazione n. 18569/2021

La pronuncia ribadisce che tra il collegio giudicante dinanzi al quale le parti hanno rassegnato le definitive conclusioni, ed ha assunto la causa in decisione, e quello che delibera la decisione, vi deve essere perfetta corrispondenza, non potendo essere sostituito un componente nella fase compresa tra l’udienza di precisazione delle conclusioni ed il deposito della sentenza, se non previa rinnovazione di detta udienza, a pena di nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice.

DIFENSORI - Cassazione n. 18633/2021

Cassando con rinvio la pronuncia impugnata, la decisione riafferma che la procura speciale al difensore, rilasciata in primo grado “per il presente giudizio” (o processo, causa, lite, etc.), senza alcuna indicazione delimitativa, esprime la volontà della parte di estendere il mandato all’appello, quale ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso, ed implica il superamento della presunzione di conferimento solo per detto primo grado, ai sensi dell’articolo 83, comma 4, del Cpc, norma che deve considerarsi operante solo quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna indicazione.

SPESE PROCESSUALI - Cassazione n. 18637/2021

L’ordinanza ribadisce che la statuizione con la quale il giudice liquidi, in favore della parte vittoriosa in appello, le spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’articolo 382, comma 3, del Cpc, in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere.

LITISCONSORZIO NECESSARIO - Cassazione n. 18707/2021

La pronuncia riafferma che, in sede di azione revocatoria (articolo 2901 c.c.), non sussiste un’ipotesi di litisconsorzio necessario del contraente alienante non debitore, nei casi in cui l’accoglimento di tale azione in favore del creditore non determini alcun effetto restitutorio né, tantomeno, un effetto traslativo a favore dell’attore, ma comporti l’inefficacia relativa dell’atto rispetto al creditore, senza peraltro caducare, ad ogni altro effetto, l’atto di alienazione nei confronti dell’acquirente.

ATTI PROCESSUALI - Cassazione n. 18718/2021

Esaminando una controversia in materia agraria, la Suprema Corte ribadisce, in conformità alle pronunce rese sulla questione dalla Corte costituzionale, che la mancata previsione, nell’articolo 415 c.p.c. dell’avvertimento di cui all’articolo 163, terzo comma, n. 7), del Cpc, non costituisce ragione tale da determinare un’ingiustificata disparità di trattamento, con conseguente lesione dei principi costituzionali del diritto di difesa o del giusto processo.

RIUNIONE DI CAUSE - Cassazione n. 18808/2021

Pronunciandosi sul tema delle interferenze tra l’istituto della riunione di procedimenti relativi alla stessa causa o a cause connesse ed il regime delle preclusioni, la sentenza, enunciando espressamente il principio di diritto, afferma che nel caso di riunione di cause, in rapporto di continenza, pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto — in osservanza del principio del “ne bis in idem” ed allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale — solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all’oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato,  non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente.

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PROCEDURA CIVILE - IL MASSIMARIO

  Procedimento civile - Spese processuali - Responsabilità aggravata - Ex articolo 96, comma 3, Cpc - Carattere pubblicistico - Presupposti - Accertamento dell’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave - Necessità - Esclusione - Oggettivo abuso del processo - Configurabilità - Estremi - Fondamento. (Cpc, articolo 96)

La condanna ex articolo 96, comma 3, cod. proc. civ., applicabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex articolo 96, commi 1 e 2, cod. proc. civ. e con queste cumulabile, volta al contenimento dell’abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente e cioè nell’evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione. In particolare, ai fini della condanna ex articolo 96, terzo comma, cod. proc. civ., disposizione rientrante nell’elenco delle fattispecie rinvenibili, nel nostro sistema, con funzione di deterrenza, può costituire abuso del diritto all’impugnazione la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente incoerenti con il contenuto della sentenza impugnata, o completamente privo di autosufficienza, dedotto in assenza della esposizione sommaria dei fatti oppure contenente una mera complessiva richiesta di rivalutazione nel merito della controversia, oppure fondato sulla deduzione del vizio di cui all’articolo 360, n. 5, cod. proc., ove sia applicabile, “ratione temporis”, l’articolo 348-ter, ultimo comma, cod. proc. civ. che ne esclude la invocabilità, oppure, come nel caso di specie, non osservante di tutti gli incombenti processuali, anche di rilievo pubblicistico, necessari per la non manifesta fondatezza del gravame (Nel caso di specie, nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la valutazione condotta dal giudice distrettuale in quanto l’appello proposto costituiva un ingiustificato sviamento del sistema giurisdizionale, essendo lo stesso non già finalizzato alla tutela dei diritti ed alla risposta alle istanze di giustizia, ma risolvendosi soltanto, oggettivamente, ad aumentare il volume del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti nonché il corretto impiego delle risorse necessarie per il buon andamento della giurisdizione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, sentenza 21 novembre 2017, n. 27623).

Cassazione, sezione II civile, sentenza 30 giugno 2021, n. 18496 - Presidente D’Ascola - Relatore Falaschi

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  Procedimento civile - Impugnazioni - Termini - Ordinanze a contenuto decisorio e carattere definitivo - Decorrenza - Notificazione ad istanza di parte - Mancanza - Termine cosiddetto “lungo” - Applicabilità - “Dies a quo” - Individuazione. (Cpc, articoli 176, 307, 308 e 327)

Il termine per impugnare le ordinanze aventi contenuto decisorio e carattere definitivo decorre solo a seguito della notificazione ad istanza di parte, e, in assenza della suddetta notifica, è applicabile il termine lungo di cui all’articolo 327 cod. proc. civ., decorrente dalla data di deposito dei provvedimenti e coincidente, nell’ipotesi di ordinanze pronunciate in udienza, con la data dell’udienza nel corso della quale è avvenuta la redazione del relativo processo verbale (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte del merito aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal ricorrente avverso l’ordinanza con la quale il giudice di primo grado aveva disposto la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarato l’estinzione del giudizio: nella circostanza, infatti, l’appello doveva ritenersi tardivo, in quanto proposto con atto notificato oltre il termine c.d. “lungo” ex articolo 327 cod. proc. civ., decorrente dalla data in cui l’ordinanza predetta era stata pronunciata in udienza, rispetto alla quale, non essendo la stessa soggetta a comunicazione da parte della cancelleria, costituiva onere delle parti, le quali non erano intervenute all’udienza, assumere informazioni su quanto era stato disposto dal giudice). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza 27 giugno 2018, n. 16893; Cassazione, sezione civile L, sentenza 9 maggio 2007, n. 10539; Cassazione, sezione civile L, sentenza 18 novembre 2000, n. 14936).

Cassazione, sezione II civile, ordinanza 30 giugno 2021, n. 18499 - Presidente Di Virgilio - Relatore Picaroni

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Procedimento civile - Sentenza - Deliberazione - Composizione collegio - articolo 276, comma 1, c.p.c. - Interpretazione - Immutabilità del collegio partecipante all’ultima attività processuale (discussione ovvero precisazione delle conclusioni) prima della decisione - Necessità - Violazione - Nullità della sentenza. (Cpc, articoli 276, 352 e 359)

In tema di deliberazione collegiale della decisione, l’articolo 276, comma 1, cod. proc. civ., il quale prevede che alla deliberazione della decisione “possono partecipare soltanto i giudici che hanno assistito alla discussione”, con previsione applicabile anche nel giudizio di appello in forza del rinvio generale contenuto nell’articolo 359 cod. proc. civ., deve essere interpretato nel senso che i giudici che deliberano la sentenza devono essere gli stessi dinanzi ai quali sono state precisate le conclusioni o è stata celebrata la discussione della causa, con la conseguenza che, in grado di appello, in base alla disciplina di cui al novellato articolo 352 cod. proc. civ., il collegio che delibera la decisione deve essere composto dai medesimi giudici dinanzi ai quali è stata compiuta l’ultima attività processuale, cioè la discussione o la precisazione delle conclusioni, conseguendone la nullità della sentenza nel caso di mutamento della composizione del collegio medesimo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata, ribadendo, in conformità ai più recenti arresti, che, in definitiva, tra il collegio giudicante dinanzi al quale le parti hanno rassegnato le definitive conclusioni o discusso la causa, ed ha assunto la causa in decisione, e quello che poi in concreto la delibera, vi deve essere perfetta corrispondenza, non potendo essere sostituito nemmeno un componente nella fase compresa tra l’udienza di precisazione delle conclusioni (o di discussione) ed il deposito della sentenza, se non previa rinnovazione di tale udienza - che, nel caso di specie, non c’è stata - a pena di nullità per vizio di costituzione del giudice). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 23 luglio 2020, n. 15660; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 19 febbraio 2020, n. 4255; Cassazione, sezione civile I, ordinanza 11 marzo 2015, n. 4925).

Cassazione, sezione II civile, ordinanza 30 giugno 2021, n. 18569 - Presidente Di Virgilio - Relatore Carrato

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Procedimento civile - Difensori - Procura alle liti - Rilascio in primo grado “per il presente giudizio” - Estensione all’appello - Ammissibilità - articolo 83 c.p.c. - Operatività - Limiti. (Cpc, articolo 83)

In tema di procura alle liti ex articolo 83 cod. proc. civ., il cui ultimo comma dispone che la procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell’atto non è espressa una volontà diversa, il giudice del merito, nell’accertare se possa o meno ritenersi estesa al giudizio di appello la procura, apposta, nella specie, a margine della comparsa di risposta depositata nel giudizio di primo grado, deve sempre considerare, come elementi favorevoli ad una conclusione estensiva, che il giudizio può non esaurirsi nel medesimo procedimento di primo grado. In particolare, ove la procura conferita in primo grado rechi l’espressione “…per il presente giudizio…” (o processo, causa, lite, etc.), senza alcuna indicazione delimitativa, essa risulta esprimere la volontà della parte di estendere il mandato all’appello, quale ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso, e, quindi, implica il superamento della presunzione di conferimento solo per detto primo grado, ai sensi della richiamata disposizione la quale deve considerarsi operante solo quando vengano utilizzati termini assolutamente generici o quando la procura si limiti a conferire la rappresentanza processuale senza alcuna indicazione (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, il giudice di legittimità ha cassato con rinvio la sentenza oggetto di impugnazione con la quale la corte distrettuale, pronunciandosi sull’appello formulato dal ricorrente, aveva dichiarato inammissibile il gravame, in quanto la procura rilasciata al difensore a margine della comparsa di costituzione nel giudizio di primo grado recitava testualmente: “… delego a rappresentarmi e difendermi per il presente giudizio…”, senza far riferimento alcuno al giudizio od alla fase d’appello). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile L, sentenza 6 dicembre 2016, n. 24973; Cassazione, sezione civile V, sentenza 22 ottobre 2010, n. 21696; Cassazione, sezione civile L, sentenza 13 novembre 2009, n. 24092; Cassazione, sezione civile L, sentenza 17 marzo 1999, n. 2432).

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 30 giugno 2021, n. 18633 - Presidente Orilia - Relatore Scarpa

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Procedimento civile - Spese processuali - Condanna alle spese di primo grado - Attribuzione in favore della parte vittoriosa in appello rimasta contumace in primo grado - Ammissibilità - Esclusione - Conseguenze - Cassazione senza rinvio ex articolo 382, comma 3, c.p.c. - Sussistenza - Fondamento. (Cpc, articoli 91, 92 e 382)

Presupposto indefettibile della condanna alle spese di lite è che la parte, a cui favore dette spese sono attribuite, le abbia in realtà sostenute per lo svolgimento dell’attività difensiva correlata alla sua partecipazione in giudizio. Pertanto, la parte vittoriosa nel giudizio di secondo grado non può chiedere l’attribuzione delle spese non erogate per la prima fase del giudizio, nella quale essa è rimasta contumace, né il giudice può provvedere alla liquidazione di esse. Di conseguenza, la statuizione con la quale il giudice liquidi, in favore della parte vittoriosa in appello, le spese processuali del primo grado di giudizio, nel quale la stessa era rimasta contumace, va cassata senza rinvio, in applicazione dell’articolo 382, comma 3, cod. proc. civ., in quanto, pur essendo espressione di un potere officioso del giudice, la condanna alle spese in favore della parte vittoriosa che non si sia difesa e non abbia, quindi, sopportato il corrispondente carico non può essere disposta ed è assimilabile ad una pronuncia resa in mancanza del suddetto potere (Nel caso di specie, accogliendo il motivo di ricorso limitatamente alla censura concernente la condanna alle spese di lite, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 382, comma 3, cod. proc. civ., con consequenziale eliminazione della sola statuizione relativa alle spese giudiziali di primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 26 giugno 2018, n. 16786; Cassazione, sezione civile III, sentenza 27 marzo 1987, n. 2994; Cassazione, sezione civile L, sentenza 9 novembre 1982, n. 5897).

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 30 giugno 2021, n. 18637 - Presidente Orilia - Relatore Oliva

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 Procedimento civile - Litisconsorzio necessario - Atto dispositivo compiuto da coniugi in regime di comunione legale - Azione revocatoria nei confronti di uno di essi - Litisconsorzio necessario dell’altro - Esclusione - Ragioni (Cc, articoli 177 e 2901; Cpc, articolo 102)

Nel giudizio intrapreso, ex articolo 2901 cod. civ., verso uno dei coniugi in regime di comunione legale e riguardante un atto dispositivo compiuto da entrambi non sussiste il litisconsorzio necessario dell’altro, atteso che l’eventuale accoglimento di tale azione non determinerebbe alcun effetto restitutorio, né traslativo, destinato a modificare la sfera giuridica di quest’ultimo, ma comporterebbe esclusivamente l’inefficacia relativa dell’atto in riferimento alla sola posizione del coniuge debitore e nei confronti, unicamente, del creditore che ha promosso il processo, senza caducare, ad ogni altro effetto, l’atto di disposizione. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 20 agosto 2015, n. 17021).

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 1° luglio 2021, n. 18707 - Presidente Amendola - Relatore Positano

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Procedimento civile - Atti processuali - Rito speciale del lavoro - Ricorso e decreto di fissazione dell’udienza - Invito al convenuto a costituirsi nei termini di legge -Avvertimento di decadenza - Omessa previsione - Prospettata violazione del diritto di difesa e pienezza del contraddittorio - Questione di legittimità costituzionale - Infondatezza - Fondamento. (Cost, articoli 3, 24 e 111; Cpc, articoli 163, 415 e 416)

È manifestamente infondata, con riferimento all’articolo 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono, diversamente da quanto stabilito per l’ordinario giudizio di cognizione, l’invito al convenuto a costituirsi nei termini di legge con l’espresso avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini importa la decadenza dalle eventuali domande riconvenzionali e dalle chiamate di terzo in causa, in quanto le caratteristiche strutturali e procedimentali che distinguono il rito ordinario e quello speciale del lavoro - applicabile, quest’ultimo, come nella circostanza, alle controversie agrarie - sono tali da non consentire l’istituzione di raffronti nei quali sia ragionevole assumere il primo a modello di perfezione cui l’altro, pena l’incostituzionalità, sia tenuto ad adeguarsi e viceversa. Infatti, il legislatore gode di amplissima discrezionalità nella regolazione degli istituti processuali, salvo il limite della manifesta irrazionalità o dell’arbitrio (Nel caso di specie, la Suprema Corte, esclusa una qualche effettiva novità in merito alla prospettata questione, tale da giustificare un’ulteriore rimessione al Giudice delle leggi, ha ritenuto incensurabile la pronuncia impugnata con la quale la corte territoriale aveva respinto l’appello avverso la sentenza con la quale il giudice di prime cure, ritenuta infondata l’eccezione di nullità del decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’articolo 415 cod. proc. civ. sollevata dal convenuto, aveva accolto la domanda attorea di risoluzione per inadempimento del contratto di affitto agrario intercorso tra le parti, condannando quest’ultimo al rilascio dei terreni ed al pagamento dei canoni insoluti, con il carico delle spese di lite). (Riferimenti giurisprudenziali: Corte costituzionale, sentenza 25 maggio 1999, n. 191; Corte costituzionale, sentenza 22 aprile 1980, n. 65).

C assazione, sezione VI civile, ordinanza 1° luglio 2021, n. 18718 - Presidente Amendola - Relatore Cirillo

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Procedimento civile - Riunione dei procedimenti - Cause in rapporto di continenza, pendenti davanti al medesimo giudice - Preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione - Attività processuali ritenute inammissibili nel giudizio prevenuto - Individuazione e fondamento. (Cpc, articoli 30, 40, 167, 183, 273 e 274)

Nel caso di riunione di cause, in rapporto di continenza, pendenti davanti al medesimo giudice, le preclusioni maturate nel giudizio preveniente anteriormente alla riunione rendono inammissibili nel giudizio prevenuto — in osservanza del principio del “ne bis in idem” ed allo scopo di non favorire l’abuso dello strumento processuale — solo le attività, soggette alle scansioni processuali dettate a pena di decadenza, svolte con riferimento all’oggetto di esso che sia comune al giudizio preveniente e non si comunicano, pertanto, né alle attività assertive che, come le mere difese e le eccezioni in senso lato,  non soggiacciono a preclusione, né alle attività assertive e probatorie che, pur soggette a preclusione, concernono la parte del giudizio prevenuto non comune con quello preveniente. (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 17 ottobre 2019, n. 26285; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 6 settembre 2019, n. 22342; Cassazione, sezione civile III, sentenza 5 ottobre 2018, n. 24529; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 15 maggio 2015, n. 9935; Cassazione, sezione civile I, sentenza 15 gennaio 2015, n. 567; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 10 marzo 2014, n. 5455; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 14 luglio 2011, n. 15532; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 1° ottobre 2007, n. 20599; Cassazione, sezione civile III, sentenza 17 marzo 2006, n. 5894; Cassazione, sezioni civili unite, ordinanza 123 luglio 2001, n. 10011; Cassazione, sezione civile II, sentenza 30 marzo 200o, n. 3924; Cassazione, sezione civile III, sentenza 10 marzo 1999, n. 2077).

Cassazione, sezione III civile, sentenza 2 luglio 2021, n. 18808 - Presidente Sestini - Relatore Iannello

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