Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 14 ed il 18 giugno 2021
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono questa settimana, tra le molteplici pronunce, quelle che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) giudizio impugnatorio, effetto espansivo e regime delle spese processuali; (ii) querela di falso e competenza per territorio; (iii) inammissibilità appello e ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado; (iv) equa riparazione indennizzo e giudizio fallimentare; (v) composizione collegio d'appello, reclamo cautelare e ricusazione del giudice; (vi) spese di consulenza tecnica di parte e statuizione di condanna a carico del soccombente; (vii) cartella esattoriale, annullamento e spese di lite; (viii) impugnazione, termine lungo e rimessione in termini; (ix) inammissibilità appello e ricorso per cassazione avverso l'ordinanza.
PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 16766/2021
La pronuncia riafferma che la modifica di un capo della decisione impugnata non può comportare automaticamente la modifica di un altro capo come, nella circostanza, quello delle spese di lite, occorrendo la dipendenza dei due capi, da intendersi in modo costituzionalmente rispettoso del diritto all'impugnazione, evitando, in ogni modo, di trasformare la proposizione dell'impugnazione in una sorta di "reformatio in pejus" per l'impugnante, pure nel caso in cui la posizione di quest'ultimo sia migliorata, quale esito dell'impugnazione, nel "thema decidendum" principale.
COMPETENZA – Cassazione n. 16928/2021
La decisione ribadisce che la competenza territoriale sulla querela di falso proposta in via autonoma va individuata in base ai criteri di collegamento di cui agli articoli 18 e 19 c.p.c., in considerazione del fatto che nel relativo processo è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero e che, pertanto, la competenza per territorio ha carattere inderogabile, senza che possa aversi riguardo agli effetti della pronuncia sui rapporti giuridici della cui prova si tratta e dovendosi altresì escludere che la stessa – in mancanza di una specifica disposizione normativa – sia modificabile per effetto di attrazione da parte della causa di merito.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 17060/2021
La pronuncia consolida il principio secondo il quale il ricorso per cassazione proponibile, ex articolo 348-ter, comma 3, c.p.c. avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell'ordinanza d'inammissibilità dell'appello, resa ai sensi dell'articolo 348-bis cod. proc. civ., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità ex articolo 369, comma 2, c.p.c. ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta sia, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione.
EQUA RIPARAZIONE – Cassazione n. 17070/2021
L'ordinanza riafferma che, per la procedura fallimentare cui non siano applicabili le modifiche introdotte dai decreti legislativi degli anni 2006 e 2007, il termine semestrale di decadenza per la proposizione della domanda di indennizzo a norma della legge Pinto (n. 89 del 2001) per irragionevole durata del processo decorre dalla data di definitività del decreto di chiusura del fallimento da individuarsi, qualora il provvedimento non sia stato comunicato, in quello di un anno dalla sua pubblicazione ai sensi dell'articolo 327 del codice di rito.
GIUDICE – Cassazione n. 17076/2021
Nell'ordinanza si ribadisce il principio secondo il quale non è deducibile come motivo di nullità di una sentenza d'appello la circostanza che uno dei componenti del collegio che l'ha pronunciata avesse in precedenza conosciuto dei medesimi fatti in sede di reclamo contro l'ordinanza di rigetto della richiesta di provvedimento d'urgenza "ante causam".
SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 17454/2021
L'ordinanza ribadisce che la condanna del soccombente alle spese di consulenza tecnica di parte sopportate dalla controparte non presuppone la prova dell'avvenuto pagamento, ma presuppone, comunque, la prova della effettività delle stesse, ossia che la parte vittoriosa abbia quantomeno assunto la relativa obbligazione.
SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 17464/2021
Nella decisione si ribadisce che qualora sia proposta opposizione contro la cartella esattoriale e la connessa ingiunzione di pagamento, contestando comportamenti asseritamente illegittimi posti in essere sia dall'ente titolare del potere sanzionatorio che dal concessionario della riscossione, entrambi sono legittimati passivi nel giudizio e, in caso di annullamento della cartella medesima, possono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali, in applicazione del principio generale della soccombenza di cui all'articolo 91 c.p.c.
RIMESSIONE IN TERMINI – Cassazione n. 17507/2021
L'ordinanza riafferma che la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell'omessa comunicazione della data di trattazione dell'udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'articolo 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 17567/2021
La pronuncia riafferma che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso l'ordinanza di inammissibilità dell'appello resa ex articolo 348-ter c.p.c. sulla base del giudizio prognostico di non probabile accoglimento del gravame, ove vengano prospettate questioni attinenti alla correttezza – nel merito – della pronuncia di secondo grado.
***
PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Procedimento civile – Impugnazioni – Effetti della riforma o della cassazione – Giudizio di appello – Effetto espansivo interno della proposta impugnazione – Operatività – Rideterminazione officiosa delle spese processuali – Condizioni e limiti. (Cpc, articoli 91, 92 e 336)
La decisione dell'impugnazione sulla questione principale può comportare la modificazione, in virtù del cosiddetto effetto espansivo interno anche della questione dipendente, pur se autonoma e non investita da specifica censura; tale modificabilità dei capi di sentenza autonomi ma dipendenti da altro capo, costituendo un'eccezione al principio della formazione del giudicato in mancanza di impugnazione, va applicata con estremo rigore, dovendosi perciò escludere che l'impugnazione della statuizione sulla questione principale rimetta in ogni caso in discussione la decisione sulla questione dipendente, attribuendo perciò sempre al giudice dell'impugnazione il potere di deciderla nuovamente e autonomamente, posto che ciò potrà e dovrà accadere solo ove sia imposto dal tenore della decisione relativa all'impugnazione principale, ossia quando tale ultima decisione si ponga in contrasto con quella sulla questione dipendente. In tal caso, la direzione ed i limiti dell'intervento consentito al giudice dell'impugnazione sulla statuizione dipendente non colpita da impugnazione non potranno che dedursi dalle necessità di coerenza imposte dalla decisione sulla questione principale e dai motivi posti a sostegno della medesima (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata: infatti, nella circostanza, avendo il primo giudice disposto l'integrale compensazione delle spese del giudizio di primo grado, l'accoglimento - sia pure solo parziale - dell'appello proposto dal ricorrente e la conseguente (parziale) riforma della decisione di primo grado in senso più favorevole a quest'ultimo, non giustificavano l'aggravamento della sua posizione in relazione alla regolazione delle spese del giudizio di primo grado - compensate solo per un terzo, dal giudice d'appello, con l'imposizione dei restanti due terzi proprio a carico del ricorrente - , avendo la corte territoriale in tal modo sostanzialmente provocato una "reformatio in pejus" a danno dell'impugnante, con conseguente violazione del relativo diritto all'impugnazione). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 29 ottobre 2019, n. 27606; Cassazione, sezione civile III, sentenza 26 settembre 2019, n. 23985; Cassazione, sezione civile L, sentenza 6 ottobre 2004, n. 19937).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 14 giugno 2021, n. 16766 – Presidente Graziosi – Relatore Dell'Utri
Procedimento civile – Competenza – Per territorio – Proposizione querela di falso – Determinazione competenza territoriale – Criteri – Fattispecie relativa ad individuazione della competenza territoriale dell'Agenzia delle Entrate Riscossione. (Cpc, articoli 47, 18, 19, 221; Dl, n, 193/2016, articolo 1)
Al di fuori del caso di sua proposizione in via incidentale innanzi al tribunale e, quindi, anche nel corso del giudizio di appello, la competenza territoriale sulla querela di falso va individuata in base ai criteri di collegamento di cui agli articoli 18 e 19 cod. proc. civ., in considerazione del fatto che nel relativo processo è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero e che, pertanto, la competenza per territorio ha carattere inderogabile, senza che possa aversi riguardo agli effetti della pronuncia sui rapporti sui rapporti giuridici della cui prova si tratta e dovendosi altresì escludere che la stessa – in mancanza di una specifica disposizione normativa – sia modificabile per effetto di attrazione da parte della causa di merito (Nel caso di specie, in cui parte ricorrente aveva convenuto in giudizio l'Agenzia delle Entrate Riscossione per accertare la falsità della firma apposta sull'avviso di ricevimento relativo ad una raccomandata afferente alla comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, la Suprema Corte, rigettando il ricorso, ha ritenuto incensurabile l'ordinanza impugnata nella parte in cui il locale tribunale adito aveva individuato, quali giudici funzionalmente competenti per territorio, il tribunale di Roma o quello di Napoli). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 1° giugno 2020, n. 10361).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 15 giugno 2021, n. 16928 – Presidente Cirillo – Relatore Dell'Utri
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Ordinanza di inammissibilità dell'appello resa ex articolo 348-ter c.p.c. – Ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado – Oneri di deposito ex articolo 369, comma 2, c.p.c. – Individuazione – Omissione – Conseguenze. (Cpc, articoli 325, 327, 348-bis, 348-ter e 360 e 369)
Il ricorso per cassazione proponibile, ex articolo 348-ter, comma 3, cod. proc. civ. avverso la sentenza di primo grado, entro sessanta giorni dalla comunicazione, o notificazione se anteriore, dell'ordinanza d'inammissibilità dell'appello, resa ai sensi dell'articolo 348-bis cod. proc. civ., è soggetto, ai fini del requisito di procedibilità di cui all'articolo 369, comma 2, cod. proc. civ. ad un duplice onere di deposito, avente ad oggetto la copia autentica sia della sentenza suddetta sia, per la verifica della tempestività del ricorso, della citata ordinanza, con la relativa comunicazione o notificazione; in difetto, il ricorso è improcedibile, salvo che, ove il ricorrente abbia assolto l'onere di richiedere il fascicolo d'ufficio alla cancelleria del giudice "a quo", la Corte, nell'esercitare il proprio potere officioso, rilevi che l'impugnazione sia stata proposta nei sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione ovvero, in mancanza dell'una e dell'altra, entro il termine cosiddetto lungo di cui all'articolo 327 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, rilevato il decorso del termine "de quo", la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso proposto avverso la sentenza impugnata). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 15 maggio 2018, n. 11850; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 13 dicembre 2016, n. 25513).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 giugno 2021, n. 17060 – Presidente Lombardo – Relatore Falaschi
Procedimento civile – Processo per l'equa riparazione del danno da irragionevole durata del processo – Giudizio fallimentare – Domanda di indennizzo ex lege n. 89 del 2001 – Procedura fallimentare iniziata prima delle modifiche apportate alla legge fallimentare dal Dlgs n. 5 del 2006 e dal Dlgs n. 169 del 2007 – Termine semestrale di decadenza – "Dies a quo" – Individuazione. (Cc, articolo 2193; Cpc, articolo 327; Legge n. 89/2001, articolo 4; Rd, n. 267/1942, articoli 17 e 119)
In tema di domanda di indennizzo ex lege n. 89 del 2001 per irragionevole durata della procedura fallimentare cui non siano applicabili le modifiche introdotte con Dlgs n. 5 del 2006 e dal Dlgs n. 169 del 2007, il termine semestrale di decadenza decorre dalla data di definitività del decreto di chiusura del fallimento da individuarsi, qualora il provvedimento non sia stato comunicato, in quello di un anno dalla sua pubblicazione ai sensi dell'articolo 327 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio il decreto impugnato che aveva confermato l'inammissibilità dell'opposizione proposta dai ricorrenti a motivo della scadenza del termine semestrale previsto dalla legge n. 89 del 2001, conteggiando lo stesso, quanto a due dei ricorrenti, dalla data di comunicazione del provvedimento di chiusura del fallimento, e quanto al terzo, dalla data di sua iscrizione nel registro delle imprese). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 15 dicembre 2020, n. 28496; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 22 settembre 2020, n. 19740; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 22 settembre 2020, n. 19736; Cassazione, sezione civile II, ordinanza 18 febbraio 2020, n. 4020; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 21 marzo 2019, n. 8088).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 giugno 2021, n. 17070 – Presidente Lombardo – Relatore Oliva
Procedimento civile – Giudice – Astensione e ricusazione – Collegio d'appello – Componente – Conoscenza dei fatti acquisita in sede di reclamo contro provvedimento cautelare "ante causam" – Incompatibilità – Insussistenza – Deduzione come motivo di nullità della sentenza e non come motivo di ricusazione – Inammissibilità. (Cpc, articoli 51, 52, 158, 161, 360 e 669-terdecies)
Non è deducibile come motivo di nullità di una sentenza d'appello la circostanza che uno dei componenti del collegio che l'ha pronunciata avesse in precedenza conosciuto dei medesimi fatti in sede di reclamo contro l'ordinanza di rigetto della richiesta di provvedimento d'urgenza "ante causam", poiché l'avere conosciuto della stessa causa in un altro grado deve essere ritualmente fatto valere come motivo di ricusazione del giudice, a norma degli articoli 51, comma 1, n. 4, e 52 cod. proc. civ. e, d'altra parte, l'avere trattato della controversia in sede di procedimento cautelare "ante causam" neanche costituisce, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 326/1997 e ordinanza n. 193/1998), un'ipotesi sufficientemente assimilabile, sotto il profilo dell'incompatibilità, alla trattazione della causa in un altro grado di giudizio (Nel caso di specie relativo ad un giudizio di risoluzione di un contratto di compravendita di bene immobile privo del certificato di abitabilità, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il motivo con cui il ricorrente aveva dedotto la violazione e mancata applicazione degli articoli 51, quarto comma, cod. proc. civ. e 78 disp. att. cod. proc. civ. per aver la corte territoriale pronunciato in violazione del dovere di astensione, posto che uno dei componenti del collegio di seconda istanza era stato membro del collegio che aveva deciso il reclamo proposto dal ricorrente medesimo, ai sensi dell'articolo 669-terdecies cod. proc. civ. avverso il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva ravvisato la natura non esecutiva di alcuni capi della sentenza di prime cure). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 31 ottobre 2018, n. 27924; Cassazione, sezione civile L, sentenza 13 agosto 2001, n. 11070).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 16 giugno 2021, n. 17076 – Presidente Lombardo – Relatore Oliva
Procedimento civile – Spese processuali – Statuizione di condanna del soccombente alle spese di consulenza tecnica di parte – Prova dell'avvenuto pagamento – Necessità – Esclusione – Prova della effettività delle spese – Necessità. (Cpc, articoli 91 e 201)
La condanna del soccombente alle spese di consulenza tecnica di parte sopportate dalla controparte non presuppone la prova dell'avvenuto pagamento, ma presuppone, comunque, la prova della effettività delle stesse, ossia che la parte vittoriosa abbia quantomeno assunto la relativa obbligazione (Nel caso di specie, relativo alle spese sostenute dal ricorrente a titolo di consulenza tecnica di parte in relazione alla consulenza tecnica d'ufficio prestata nell'ambito di un giudizio di risarcimento danni per infiltrazioni di natura condominiale, rigettando il ricorso incidentale proposto dal Condominio controricorrente, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza gravata laddove la stessa aveva affermato che, per applicare il principio della soccombenza, non occorreva effettivamente la prova del pagamento, essendo sufficiente l'obbligazione di parte vittoriosa nei confronti del suo consulente: nella circostanza, la corte del merito aveva ravvisato prova dell'espletamento dell'incarico, deducendone pertanto l'obbligo al pagamento da parte del ricorrente al suo consulente tecnico di parte). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 25 marzo 2003, n. 4357; Cassazione, sezione civile L, sentenza 29 giugno 1985, n. 3897).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 giugno 2021, n. 17454 – Presidente Scoditti – Relatore Graziosi
Procedimento civile – Spese processuali – Sanzioni amministrative – Cartella esattoriale e connessa ingiunzione di pagamento – Opposizione – Legittimazione passiva – Esattore ed ente titolare del potere sanzionatorio – Configurabilità – Annullamento della cartella – Condanna di entrambi alle spese processuali – Legittimità – Fondamento. (Cpc, articoli 91, 92, 97 e 615)
In tema di sanzioni amministrative, qualora sia proposta opposizione contro la cartella esattoriale e la connessa ingiunzione di pagamento, contestando comportamenti asseritamente illegittimi posti in essere sia dall'ente titolare del potere sanzionatorio – nella specie, amministrazione comunale capitolina– che dal concessionario della riscossione, entrambi sono legittimati passivi nel giudizio e, in caso di annullamento della cartella medesima, possono essere condannati in solido al pagamento delle spese processuali, in applicazione del principio generale della soccombenza di cui all'articolo 91 cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello, pur accogliendo interamente l'opposizione proposta ex articolo 615 cod. proc. civ. avverso alcuni estratti di ruolo e cartelle di pagamento, aveva condannato la sola Agenzia delle Entrate-Riscossione alle spese del doppio grado, compensandole per intero, invece, quanto a U.T.G. di Roma e Roma Capitale; infatti, nella circostanza, osserva il giudice di legittimità, avendo parte ricorrente non soltanto contestato vizi relativi ad atti posti in essere dall'agente per la riscossione, ma anche eccepito la prescrizione del credito, all'integrale accoglimento dell'opposizione in sede di gravame doveva conseguire la condanna di ambedue i resistenti alle spese del grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 12 marzo 2021, n. 7086; Cassazione, sezione civile III, sentenza 13 giugno 2018, n. 15390; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 febbraio 2017, n. 3154; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 6 febbraio 2017, n. 3105; Cassazione, sezione civile II, sentenza 11 luglio 2016, n. 14125; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 10 novembre 2011, n. 23459).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 17 giugno 2021, n. 17464 – Presidente Orilia – Relatore Oliva
Procedimento civile – Atti processuali – Termini – Termine lungo per l'impugnazione – Rimessione in termini – Inadempimento, da parte della cancelleria, degli obblighi di comunicazione – Omessa conoscenza della sentenza – Esclusione – Fondamento. (Cpc, articoli 133, 153 e 327)
La decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto, ravvisabile laddove la parte si dolga dell'omessa comunicazione della data di trattazione dell'udienza e/o della sentenza stessa, atteso che il termine di cui all'articolo 327 cod. proc. civ. decorre dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, a prescindere dal rispetto, da parte della cancelleria medesima, degli obblighi di comunicazione alle parti, e che, inoltre, rientra nei compiti del difensore attivarsi per verificare se siano state compiute attività processuali a sua insaputa (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello, con motivazione adeguata e coerente con il disposto legislativo, nel dichiarare inammissibile l'impugnazione, aveva osservato che, ai sensi degli articoli 327, comma 1, e 133 cod. proc. civ., il termine di sei mesi per impugnare decorre dalla pubblicazione della sentenza, restando irrilevante la data di comunicazione in quanto estranea al procedimento di pubblicazione e tale da non integrare né un elemento costitutivo né un elemento condizionante l'efficacia di essa). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile V, sentenza 8 marzo 2017, n. 5946).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 giugno 2021, n. 17507 – Presidente Scoditti – Relatore Pellecchia
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di cassazione – Ordinanza di inammissibilità dell'appello resa ex articolo 348–ter c.p.c. – Impugnazione – Ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost. – Ammissibilità – Limiti e condizioni. (Cost, articolo 111; Cpc, articoli 348–bis, 348–ter, 360)
In tema di impugnazioni, se il giudice d'appello abbia dichiarato l'inammissibilità dell'impugnazione sulla base del giudizio prognostico di non probabile accoglimento del gravame, le parti possono impugnare in cassazione solo la sentenza di primo grado per i motivi di cui all'articolo 360 cod. proc. civ. L'ordinanza emessa ai sensi dell'articolo 348-ter cod. proc. civ. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell'articolo 111, comma 7, Cost., solo per vizi propri determinati da violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l'inosservanza delle specifiche previsioni di cui agli articoli 348-bis, comma 2, e 348-ter, commi 1, primo periodo e 2, primo periodo, cod. proc. civ. o allorquando l'inammissibilità, benché formalmente adottata ai sensi dell'articolo 348-ter cod. proc. civ. si basi su ragioni diverse da quelle previste dalla norma) purché compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso, o riguardo alla pronuncia sulle spese. Attesa la natura complessiva del giudizio "prognostico" che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, il ricorso non è proponibile per questioni che attengono alla correttezza – nel merito – della pronuncia di secondo grado. Difatti, le decisioni adottate in proposito sono prive di definitività, consentendo – come detto – il terzo comma dell'articolo 348-ter cod. proc. civ. di impugnare per cassazione il provvedimento di primo grado (Nel caso di specie, relativo ad una controversia insorta per il mancato pagamento di corrispettivi riconducibili all'esecuzione di un contratto di appalto, la Suprema Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso in quanto proposto direttamente verso l'ordinanza ex articolo 348-ter cod. proc. civ. per ragioni che esulavano dall'ambito delle censure che possono essere mosse alla pronuncia di inammissibilità; infatti, incentrandosi le predette censure essenzialmente sulla ritenuta insussistenza di prova dell'affidamento dei lavori extracontrattuali e sull'inidoneità – a tali effetti – del consuntivo dei lavori acquisito al processo, esse vertevano a ben vedere su questioni che dovevano essere sollevate avverso la sentenza di primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 26 settembre 2018, n. 23151; Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 2 febbraio 2016, n. 1914).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 18 giugno 2021, n. 17567 – Presidente Lombardo – Relatore Fortunato