Cassazione civile: le principali sentenze di procedura della settimana
La selezione delle pronunce della Suprema corte nel periodo compreso tra il 24 ed il 28 gennaio 2022
Nel consueto appuntamento con i depositi della giurisprudenza di legittimità in materia processualcivilistica, si propongono, nel periodo oggetto di scrutinio, le pronunce che, in particolare, si sono soffermate sulle seguenti tematiche o questioni: (i) spese di assistenza legale stragiudiziale e criteri di liquidazione; (ii) atto di precetto ed omessa menzione del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà; (iii) sospensione del processo e procedimento sommario di cognizione; (iv) giudizio risarcitorio e regime processuale dell'eccezione di "compensatio lucri cum damno"; (v) giudizio di appello e nullità della citazione di primo grado per vizi della "vocatio in ius"; (vi) ritiro del fascicolo di parte, mancato deposito e poteri-doveri del giudice; (vii) giuramento decisorio ed omessa sottoscrizione della dichiarazione da parte del deferente; (viii) incapacità a testimoniare e nozione di interesse.
PROCEDURA CIVILE – I PRINCIPI IN SINTESI
SPESE PROCESSUALI – Cassazione n. 2073/2022
L'ordinanza assicura continuità al principio secondo il quale le spese di assistenza legale stragiudiziale, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova secondo le ordinarie scansioni processuali.
ESECUZIONE FORZATA – Cassazione n. 2093/2022
La decisione riafferma che nell'espropriazione forzata minacciata ex articolo 654 cod. proc. civ. in virtù di decreto ingiuntivo esecutivo, l'omessa menzione nell'atto di precetto del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del provvedimento monitorio comporta la nullità – deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi – del precetto stesso, non potendo l'indicazione di tale provvedimento evincersi dalla menzione dell'apposizione della formula esecutiva.
SOSPENSIONE DEL PROCESSO – Cassazione n. 2096/2022
La pronuncia ribadisce che qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione, di cui all'articolo 702–bis c.p.c., insorga una questione di pregiudizialità rispetto ad altra controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria ai sensi dell'articolo 295 c.p.c. (o venga invocata l'autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell'articolo 337, comma 2, c.p.c.), si determina la necessità di un'istruzione non sommaria e, quindi, il giudice non può adottare un provvedimento di sospensione ma deve, a norma dell'articolo 702-ter, comma 3, c.p.c., disporre il passaggio al rito della cognizione piena e, nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi al medesimo Ufficio o a sezioni diverse di quest'ultimo il giudice del giudizio reputato pregiudicato deve rimettere gli atti al capo dell'Ufficio, ex articoli 273 e 274 c.p.c. (salvo che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione), non ostando all'eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo trovare applicazione il disposto di cui all'articolo 40, comma 3, c.p.c.
ECCEZIONI – Cassazione n. 2186/2022
La pronuncia riafferma che l'eccezione di "compensatio lucri cum damno" è un'eccezione in senso lato, vale a dire non l'adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed è, come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice, il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio.
IMPUGNAZIONI – Cassazione n. 2258/2022
La sentenza, resa dalle Sezioni Unite a composizione di un contrasto giurisprudenziale, enuncia il principio di diritto secondo cui allorché venga dedotta come motivo di appello la nullità della citazione di primo grado per vizi della "vocatio in ius" (nella specie, per l'inosservanza dei termini a comparire), non essendosi il convenuto costituito e neppur essendo stata la nullità rilevata d'ufficio ai sensi dell'articolo 164 c.p.c., il giudice d'appello, non ricorrendo una ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti compiuti in primo grado, potendo tuttavia il contumace chiedere di essere rimesso in termini per compiere attività ormai precluse a norma dell'articolo 294 c.p.c., e dunque se dimostra che la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo.
FASCICOLO – Cassazione n. 2264/2022
L'ordinanza ribadisce che il giudice il quale accerti che una parte ha ritualmente ritirato, ex articolo 169 c.p.c., il proprio fascicolo, senza che poi risulti, al momento della decisione, nuovamente depositato o reperibile, non è tenuto, in difetto di annotazioni della cancelleria e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che impongano accertamenti presso quest'ultima, a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla medesima parte di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti; al contrario, ove l'annotazione vi sia, egli deve rimettere la causa sul ruolo.
PROVA CIVILE – Cassazione n. 2288/2022
La sentenza riafferma che l'omessa sottoscrizione della dichiarazione con la quale il giuramento decisorio viene deferito, da parte del deferente, comporta la nullità della delazione, ma il giudice, quando la mancata sottoscrizione delazione sia attribuibile ad omissione dell'ufficio nel curare la rituale formazione dell'atto, deve disporne la rinnovazione ai sensi dell'articolo 162 c.p.c.
PROVA CIVILE – Cassazione n. 2712/2022
L'ordinanza ribadisce che l'interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, a norma dell'articolo 246 c.p.c., è esclusivamente l'interesse giuridico, personale, concreto, che legittima l'azione o l'intervento in giudizio; in particolare, l'incapacità a deporre, può configurarsi soltanto qualora quell'interesse si atteggi in un coinvolgimento nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'articolo 100 cod. proc. civ., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione.
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PROCEDURA CIVILE – IL MASSIMARIO
Procedimento civile – Spese processuali – Spese per attività stragiudiziale – Natura – Danno emergente – Liquidazione in favore del danneggiato – Presupposti (Cc, articoli 1223 e 2043; Cpc, articoli 91 e 92)
Le spese di assistenza legale stragiudiziale, diversamente da quelle giudiziali vere e proprie, hanno natura di danno emergente e la loro liquidazione, pur dovendo avvenire nel rispetto delle tariffe forensi, è soggetta agli oneri di domanda, allegazione e prova secondo le ordinarie scansioni processuali (Nel caso di specie, relativo ad un'azione di risarcimento danni conseguenti ad un sinistro stradale, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale il giudice d'appello, nel confermare la decisione di prime cure che aveva ritenuto il risarcimento liquidato nel suo intero ammontare, aveva ritenuto, benché con motivazione succinta, che alcuna spesa stragiudiziale fosse stata sostenuta dalla ricorrente danneggiata, avendo la compagnia assicuratrice avviato tempestivamente la procedura per il risarcimento, con accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezioni civili unite, sentenza 10 luglio 2017, n. 16990).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2073 – Presidente Scoditti – Relatore Cricenti
Procedimento civile – Esecuzione forzata – Decreto ingiuntivo esecutivo – Atto di precetto – Omessa menzione del provvedimento con cui è stata disposta l'esecutorietà del decreto – Conseguenze – Nullità del precetto. (Cpc, articoli 479, 480, 617 e 654)
Nell'espropriazione forzata minacciata ex articolo 654 cod. proc. civ. in virtù di decreto ingiuntivo esecutivo, l'omessa menzione nell'atto di precetto del provvedimento di dichiarazione di esecutorietà del provvedimento monitorio comporta la nullità – deducibile con l'opposizione agli atti esecutivi – del precetto stesso, non potendo l'indicazione di tale provvedimento evincersi dalla menzione dell'apposizione della formula esecutiva (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di opposizione agli atti esecutivi incardinato a fronte della notifica di un precetto correlato a decreto ingiuntivo, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso con cui parte ricorrente aveva dedotto che il precetto non indicava né l'autorità che aveva dichiarato l'esecutorietà – non potendo la stessa ritenersi implicita come invece affermato dalla sentenza impugnata – bensì solo la data, né il provvedimento, né la relativa data ed autorità, che aveva in ipotesi apposto la formula esecutiva, ha cassato la decisione oggetto di impugnazione e, decidendo nel merito, accolto l'opposizione predetta dichiarando nullo il precetto e compensando le spese dell'intero giudizio). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 28 gennaio 2020, n. 1928; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 settembre 2019, n. 24226).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2093 – Presidente Scoditti – Relatore Porreca
Procedimento civile – Sospensione del processo – Procedimento sommario di cognizione – Sospensione del giudizio ex artt. 295 o 337 c.p.c. – Esclusione – Conseguenze – Passaggio al rito della cognizione piena ex art. 702-ter, comma 3, c.p.c. – Identità o connessione tra procedimenti pendenti innanzi al medesimo Ufficio giudiziario – Riunione – diversità dei riti delle due cause – Irrilevanza. (Cpc, articoli 40, 273, 274, 295, 337, 702–bis, 702–ter)
Qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione, di cui all'articolo 702-bis cod. proc. civ. insorga una questione di pregiudizialità rispetto ad altra controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria ai sensi dell'articolo 295 cod. proc. civ. (o venga invocata l'autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell'articolo 337, comma 2, cod. proc. civ.), si determina la necessità di un'istruzione non sommaria e, quindi, il giudice non può adottare un provvedimento di sospensione ma deve, a norma dell'articolo 702-ter, comma 3, cod. proc. civ., disporre il passaggio al rito della cognizione piena e, nel caso in cui i due procedimenti pendano innanzi al medesimo Ufficio o a sezioni diverse di quest'ultimo il giudice del giudizio reputato pregiudicato deve rimettere gli atti al capo dell'Ufficio, ex articoli 273 e 274 cod. proc. civ. (salvo che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione), non ostando all'eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo trovare applicazione il disposto di cui all'articolo 40, comma 3, cod. proc. civ. (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte ha annullato l'ordinanza gravata – disponendo la prosecuzione del processo – con cui il tribunale adito aveva disposto la sospensione ex articolo 295, cod. proc. civ., del procedimento sommario di cognizione, pendente davanti allo stesso giudice monocratico, introdotto dalla ricorrente per ottenere, dalla resistente la restituzione di un immobile detenuto in forza di un contratto di locazione finanziaria, affermando la pregiudizialità di quello di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto, dalla locatrice medesima, per il pagamento dei canoni insoluti e accessori: ad avviso del tribunale, infatti, la pregiudizialità era determinata dalla circostanza che entrambe le domande risultavano fondate sulla pretesa risoluzione contrattuale, laddove, pur pendendo i processi davanti allo stesso ufficio giudiziario, la riunione non era possibile posto l'assoggettamento degli stessi a riti differenti, e l'impossibilità di mutare quello sommario in ordinario attesa l'assenza d'istruttoria da svolgere). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 13 novembre 2020, n. 25660; Cassazione, sezione civile VI, ordinanza 7 dicembre 2018, n. 31801).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2096 – Presidente Scoditti – Relatore Porreca
Procedimento civile – Eccezioni – Eccezione di "compensatio lucri cum damno" – Danno risarcibile – Determinazione giudiziale – Riferimento a tutte le risultanze del giudizio – Fondamento. (Legge, n. 2010/1992, articolo 2; Cc, articoli 2043, 2056, 2697 e 2909; Cpc, articoli 115, 116, 183, 213, 329 e 345)
L'eccezione di "compensatio lucri cum damno" è un'eccezione in senso lato, vale a dire non l'adduzione di un fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto azionato, ma una mera difesa in ordine all'esatta entità globale del pregiudizio effettivamente patito dal danneggiato, ed è, come tale, rilevabile d'ufficio dal giudice, il quale, per determinarne l'esatta misura del danno risarcibile, può fare riferimento, per il principio dell'acquisizione della prova, a tutte le risultanze del giudizio (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio di risarcimento danni subiti in conseguenza del virus dell'epatite HCV di origine postrasfusionale, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso proposto dal Ministero della Salute, ha cassato con rinvio la decisione gravata in quanto la corte del merito, nel confermare la pronuncia appellata, aveva ritenuto, in relazione al lamentato mancato scomputo dell'indennizzo da parte del giudice di prime cure, che l'eccezione di "compensatio lucri cum damno", pur avendo natura di eccezione in senso lato, ponesse comunque a carico del debitore che intendesse farla valere un onere probatorio che nella circostanza non era stato assolto dal predetto Ministero). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, sentenza 24 novembre 2020, n. 26757; Cassazione, sezione civile III, sentenza 30 ottobre 2020, n. 24177; Cassazione, sezione civile VI, sentenza 24 settembre 2014, n. 20111).
• Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2186 – Presidente Scoditti – Relatore Pellecchia
Procedimento civile – Impugnazioni – Giudizio di appello – Motivi – Nullità della citazione di primo grado per vizi della "vocatio in ius" – Poteri-doveri del giudice di appello – Rimessione della causa al primo giudice – Esclusione – Trattazione causa nel merito e rinnovazione atti compiuti in primo grado – Rimessione in termini del convenuto contumace appellante – Ambito applicativo – Limiti – Attività precluse il cui tempestivo svolgimento sia stato impedito dall'ignoranza del processo. (Cpc, articoli 157, 159, 163, 164, 183, 342, 353, 354, 356, 359)
Allorché venga dedotta come motivo di appello la nullità della citazione di primo grado per vizi della "vocatio in ius" (nella specie, per l'inosservanza dei termini a comparire), non essendosi il convenuto costituito e neppur essendo stata la nullità rilevata d'ufficio ai sensi dell'articolo 164 cod. proc. civ., il giudice d'appello, non ricorrendo una ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la rinnovazione degli atti compiuti in primo grado, potendo tuttavia il contumace chiedere di essere rimesso in termini per compiere attività ormai precluse a norma dell'articolo 294 cod. proc. civ., e dunque se dimostra che la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo (La decisione delle Sezioni Unite risolve la questione di diritto, decisa in senso difforme da precedenti pronunce, concernente gli effetti della rilevazione nel giudizio di appello della nullità della citazione introduttiva ed alla conseguente rinnovazione, in sede di gravame, delle attività compiute in primo grado). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile III, ordinanza interlocutoria 25 giugno 2021, n. 18297).
• Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 26 gennaio 2022, n. 2258 – Presidente Tirelli – Relatore Scarpa
Procedimento civile – Fascicolo – Ritiro della parte del proprio fascicolo – Mancato deposito o reperimento al momento della decisione – Decisione della controversia allo stato degli atti – Rimessione della causa sul ruolo – Condizioni rispettive – Individuazione. (Disp. att. c.c., articolo 77; Cpc, articoli 169, 189, 190 e 347)
Il giudice che accerti che una parte ha ritualmente ritirato, ex articolo 169 cod. proc. civ., il proprio fascicolo, senza che poi risulti, al momento della decisione, nuovamente depositato o reperibile, non è tenuto, in difetto di annotazioni della cancelleria e di ulteriori allegazioni indiziarie attinenti a fatti che impongano accertamenti presso quest'ultima, a rimettere la causa sul ruolo per consentire alla medesima parte di ovviare alla carenza riscontrata, ma ha il dovere di decidere la controversia allo stato degli atti. Al contrario, ove l'annotazione vi sia, egli deve rimettere la causa sul ruolo (Nel caso di specie, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte, rilevato che il giudice d'appello non aveva affermato di aver accertato l'inesistenza di annotazioni sul fascicolo, limitandosi ad affermare che il fascicolo non c'era, ha cassato la sentenza impugnata in quanto assunta in assenza di ogni verifica circa l'esistenza di annotazioni sul fascicolo). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, sentenza 25 maggio 2015, n. 10741).
• Cassazione, sezione VI civile, sentenza 26 gennaio 2022, n. 2264 – Presidente Scoditti – Relatore Gorgoni
Procedimento civile – Prova civile – Giuramento decisorio – Deferimento – Omessa sottoscrizione della dichiarazione da parte del deferente – Nullità della delazione – Rinnovazione – Disposizione da parte del giudice – Condizioni. (Cpc, articoli 86, 156, 162 e 233)
In tema di giuramento decisorio, l'omessa sottoscrizione della dichiarazione con la quale viene deferito il giuramento, da parte del deferente, comporta la nullità della delazione, ancorché essa sia avvenuta in udienza ed il relativo verbale risulti sottoscritto dal giudice e dal cancelliere. In tale ipotesi il giudice, essendo la mancata sottoscrizione attribuibile all'omissione dell'ufficio di curare la rituale formazione dell'atto, deve disporre, ai sensi dell'articolo 162 cod. proc. civ., la rinnovazione dell'atto nullo (Nel caso di specie, relativo ad un giudizio avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento di due contratti preliminari di compravendita immobiliare, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata avendo la corte territoriale erroneamente ritenuto inammissibile il giuramento decisorio, in quanto formulato non correttamente e mancante della sottoscrizione del deferente: nella circostanza, infatti, essendo pacifico che il ricorrente aveva agito in giudizio in proprio ai sensi dell'articolo 86 cod. proc. civ., come per tutte le fasi processuali, l'istanza di deferimento contenuta nell'atto di citazione in appello firmata dal ricorrente risultava idonea a soddisfare pienamente il requisito della sottoscrizione personale della parte, sicché il giudice del gravame avrebbe ben potuto agire ai sensi dell'articolo 162 cod. proc. civ. per la rinnovazione dello stesso, valutando la decisorietà del giuramento ai fini della pronuncia). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile II, ordinanza 19 luglio 2018, n. 19264; Cassazione, sezione civile III, sentenza 21 dicembre 1993, n. 12619).
• Cassazione, sezione II civile, sentenza 26 gennaio 2022, n. 2288 – Presidente Di Virgilio – Relatore Falaschi
Procedimento civile – Prova civile – Prova per testimoni – Incapacità a testimoniare – Interesse – Nozione – Fattispecie in tema licenziamento per giusta causa. (Cc, articolo 2119; Cpc, articol0 246)
L'interesse che dà luogo ad incapacità a testimoniare, a norma dell'articolo 246 cod. proc. civ., è esclusivamente l'interesse giuridico, personale, concreto, che legittima l'azione o l'intervento in giudizio; in particolare, l'incapacità a deporre, può configurarsi soltanto qualora quell'interesse si atteggi in un coinvolgimento nel rapporto controverso, alla stregua dell'interesse ad agire di cui all'articolo 100 cod. proc. civ., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione. Diversamente, non assume rilevanza l'interesse di fatto ad un determinato esito del processo – salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell'attendibilità del teste – né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio (Nel caso di specie, rigettando il ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la corte territoriale, nel rigettare l'impugnativa di licenziamento proposta dal ricorrente, aveva congruamente valutato la testimonianza resa dal teste escusso esclusivamente sotto il profilo della sua attendibilità, atteso che quest'ultimo, pur coinvolto personalmente nella vicenda, non aveva alcun interesse personale, concreto ed attuale alla stregua dell'articolo 100 cod. proc. civ. in relazione al recesso intimato al ricorrente, in quanto portatore di un interesse di mero fatto, da valutarsi in termini di attendibilità). (Riferimenti giurisprudenziali: Cassazione, sezione civile I, ordinanza 31 agosto 2020, n. 18121; Cassazione, sezione civile L, ordinanza 3 febbraio 1993, n. 1341).
• Cassazione, sezione L civile, sentenza 28 gennaio 2022, n. 2712 – Presidente Doronzo – Relatore Piccone