Civile

Cessione delle quote sociali con imposta di registro fissa

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di Giulio Andreani

Non occorrono le modifiche apportate all’articolo 20 del Tur con la legge di Bilancio 2018 per escludere che la cessione totalitaria di partecipazioni sociali produca i medesimi effetti della cessione di azienda e venga quindi assoggettata, come quest’ultima, all’imposta proporzionale di registro.

La titolarità giuridica di una partecipazione totalitaria in una società non attribuisce infatti a quest’ultima la titolarità giuridica dell’azienda di cui essa è proprietaria. Di conseguenza con la cessione totalitaria delle quote o delle azioni di una società non viene trasferita la proprietà dell’azienda da questa posseduta, ma quella del soggetto giuridico titolare dell’azienda.

Con la vendita delle partecipazioni quindi, venendo trasferita all’acquirente la società, posseduta dai venditori, che possiede l’azienda, con la società vengono trasferiti tutti i diritti e gli obblighi che a essa fanno capo, palesi e occulti, attuali e potenziali, senza la possibilità di escluderne alcuno, incluse le relative posizioni soggettive attive e passive. Si pensi, per considerare solo quelle inerenti alle imposte sui redditi, al diritto di utilizzare in compensazione di redditi futuri le perdite fiscali degli anni precedenti o all’obbligo di sottoporre a tassazione ai sensi dell’articolo 86, comma 4, del Tuir le plusvalenze realizzate in anni precedenti qualora si sia esercitata l’opzione di tassazione frazionata in più anni della stessa.

Con la cessione dell’azienda, invece, ad essere ceduti sono gli elementi attivi e passivi posseduti dal soggetto giuridico (ad esempio la società di cui alternativamente potrebbero essere cedute le partecipazioni) che ne è titolare, senza alcun trasferimento delle posizioni soggettive attive e passive a esso relative (è fuori di dubbio, ad esempio - e l’amministrazione finanziaria è la prima ad affermarlo - che, se un determinato soggetto cede la sua azienda, le perdite fiscali di quel soggetto continuano a far capo allo stesso e non vengono trasferite all’acquirente dell’azienda); né si trasferiscono necessariamente tutti gli elementi attivi e passivi e tantomeno quelli potenziali non ancora emersi al momento della vendita, poiché il trasferimento ha ad oggetto solo gli elementi attivi e passivi costituenti l’azienda, il cui perimetro può essere delimitato dalle parti contraenti.

Inoltre, sempre con riguardo ai diversi effetti concernenti soltanto l’imposizione sui redditi, con la cessione d’azienda l’acquirente ha il diritto di prendere in carico, ai fini fiscali, il valore dei beni trasferiti per il valore corrispondente al prezzo pagato, in base al criterio del costo ai sensi dell’articolo 110 del Tuir, indipendentemente dal valore fiscale che gli stessi avevano presso il soggetto cedente, traendone i conseguenti benefici: così se un bene ha il valore fiscale di 100 presso il venditore e viene pagato 1.000 nell’ambito di una cessione d’azienda, l’acquirente prende in carico quel bene al valore fiscale di 1.000 e calcola gli ammortamenti fiscalmente deducibili su tale ammontare; al contrario, quando ad essere ceduta è, come nel caso di specie, la proprietà della società che possiede un’azienda, i valori fiscali degli elementi attivi e passivi di quest’ultima non subiscono alcuna modifica, poiché il costo sostenuto dall’acquirente non riguarda gli elementi che costituiscono l’azienda, ma le quote della società da cui queste ultime sono possedute: pertanto, anche se il prezzo di trasferimento delle quote di una società viene determinato attribuendo agli elementi attivi dell’azienda da quest’ultimo posseduta il valore di 1000 (mille), il valore fiscalmente rilevante di tali elementi dopo il trasferimento della società, come prima di esso, continua ad essere 100, perché, essendo l’oggetto del trasferimento costituito dalle quote della società e non dagli elementi attivi che compongono l’azienda da questa posseduta, nessun trasferimento è subito da tali elementi attivi e conseguentemente nessuna variazione dei relativi valori fiscali può avere luogo.

È dunque evidente che, anche a prescindere dai diversi effetti che la cessione di partecipazioni produce, rispetto alla cessione di azienda, in merito al trasferimento o al mancato trasferimento dei crediti, dei debiti, dei rapporti di lavoro e dei contratti in corso, tali negozi generano - anche solo sullo stesso piano fiscale - effetti giuridici così diversi da escludere che essi possano essere considerati equivalenti.

È quindi privo di giustificazione quell’orientamento che, equiparandoli, assoggetta a imposta proporzionale di registro la cessione totalitaria di partecipazioni, sul presupposto che origini i medesimi effetti della cessione di azienda.

Lo ha recentemente attestato la stessa direzione centrale dell’agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 956-1469/2018, affermando, condivisibilmente, quanto segue:

in via generale la circolazione di un’azienda attraverso la sua cessione diretta è assoggettata a imposta di registro in misura proprorzionale;

diversamente, la cessione indiretta dell’azienda - attraverso la vendita totalitaria delle partecipazioni - è assoggettata imposta di registro in misura fissa.

Sono pertanto maturi i tempi affinché tutti prendano atto di tali chiari principi e venga posta fine alla querelle originata da una capziosa condotta di alcuni uffici periferici dell’agenzia delle Entrate, inopportunamente avvallata da qualche giudice.

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