Cessioni intra-UE “indirette”: sanzione del 50% se non si prova il trasferimento della merce
Si applica la sanzione del 50% dell’imposta se il bene non risulta pervenuto in un altro Stato UE entro 90 giorni dalla consegna
È questa una delle principali novità apportate all’attuale impianto delle sanzioni amministrative dal DLgs n. 87/2024. Intervenendo sul dettato dell’art. 7, co. 1, del DLgs n. 471/1997, il legislatore delegato ha rimodulato il sistema delle sanzioni previste per le esportazioni “indirette” (art. 8, primo comma, lett. b), del DPR n. 633/72), estendendo le previsioni in esso contenute anche alle cessioni intra-UE di beni.
È infatti disposto che il soggetto che effettua cessioni di beni senza l’addebito dell’imposta, ai sensi dell’art. 41, co. 1, lett. a) del DL n. 331/1993, qualora il bene sia trasportato in altro Stato UE dal cessionario o da terzi per suo conto e il bene non risulti pervenuto in detto altro Stato entro i 90 giorni dalla data di consegna, incorre nella sanzione dal 50% del tributo, a meno che entro i successivi 30 giorni dallo spirare dei 90 giorni non provveda alla regolarizzazione della fattura ed al versamento dell’imposta.
La novella legislativa, quindi, àncora, al pari di quanto previsto per le esportazioni – dal medesimo art. 7, co. 1 – la decorrenza del termine dei 90 giorni dalla data di consegna dei beni, sebbene tale scelta legislativa non risulti in linea né con il disposto dell’art. 41 in parola, che nulla prevede in tal senso, né con i dettami espressi dai giudici unionali secondo i quali il regime di non imponibilità IVA delle cessioni intra-UE di beni non è subordinato al rispetto di un limite temporale tra la data di inizio e quella di conclusione del trasporto, sebbene sia, tuttavia, indispensabile stabilire un nesso temporale e sostanziale tra la cessione del bene ed il suo trasporto, nonché una continuità nell’esecuzione dell’operazione. (CGUE, sentenza C-84/09 del 18 novembre 2010).
Non solo, ma a sostegno della non essenzialità del rispetto del termine dei 90 giorni, entro il quale occorre fornire la prova del trasporto dei beni in altro Stato UE, per poter beneficiare della non imponibilità IVA, sembrerebbe possibile poter mutuare in ordine alla cessioni intra-UE di beni, anche i dettami espressi dai giudici unionali in tema di “esportazioni indirette” , secondo i quali “gli articoli 146, paragrafo 1, e 131 della direttiva 2006/112/CE non consentono che una normativa nazionale, nell’ambito di una cessione all’esportazione, ponga la condizione secondo cui il superamento del termine per l’uscita dei beni dal territorio dell’Unione di tre mesi o di 90 giorni successivi alla data di cessione ha la conseguenza di privare definitivamente il soggetto passivo dell’esenzione riguardo a tale cessione“ (CGUE sentenza C-563/12 del 19 dicembre 2013).
Tuttavia, in tale contesto, per effetto di quanto previsto dal DLgs n. 87/2024 , il legislatore sembrerebbe aver individuato nei 90 giorni il lasso temporale entro il quale il cedente deve fornire la prova del trasferimento dei beni in altro Stato UE, per non perdere il regime della non imponibilità IVA.
Venendo poi all’onere documentale posto a carico del contribuente, si ricorda che l’art. 45-bis del Reg. 282/2011 reca una presunzione relativa in base alla quale per beneficiare della non imponibilità IVA, nel caso in cui i beni siano trasportati in un altro Stato UE direttamente dal cessionario o da un soggetto terzo per suo conto, il cedente deve essere in possesso di una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni e di almeno due dei seguenti elementi di prova non contraddittori rilasciati da parti diverse ed indipendenti dal venditore o dall’acquirente, quali:
- a. documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento o una lettera CMR firmato; una polizza di carico; una fattura di trasporto aereo; una fattura emessa dallo spedizioniere, ovvero di uno qualsiasi dei suddetti elementi di prova in combinazione con uno qualsiasi dei seguenti elementi di prova non contraddittori che confermano la spedizione o il trasporto rilasciati da due parti diverse e indipendenti dal venditore o dall’acquirente; quali:
- b. una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o per il trasporto dei beni; documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, per esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; una ricevuta rilasciata da un depositario che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Si segnala, infine, che la sanzione del 50% dell’imposta non trova applicazione se nei 30 giorni dallo spirare dei 90 giorni, il contribuente provveda alla regolarizzazione della fattura ed al versamento della relativa imposta.
A quanto detto deve aggiungersi come la stessa Agenzia delle entrate, con la R.M. del 10 novembre 2014, n. 98/E, resa in materia di esportazioni “indirette” (art. 8, primo comma, lett. b) DPR n. 633/1972), preso atto dell’indirizzo espresso dalla Corte europea, abbia ritenuto che il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, si applichi anche quanto:
- (i) il bene sia stato esportato entro i 90 giorni, ma il cedente ne acquisisca la prova oltre il termine dei 30 giorni previsto per eseguire la regolarizzazione;
- (ii) il bene esca dal territorio comunitario dopo il decorso del termine di 90 giorni, purché, ovviamente, sia acquisita la prova dell’avvenuta esportazione.
Al ricorrere di tali fattispecie, l’Agenzia ha ritenuto possibile recuperare l’IVA nel frattempo versata ai sensi dell’art. 7, co. 1, del DLgs n. 471/97. Il contribuente potrà procedere all’emissione di una nota di variazione ex art. 26, secondo comma, del DPR n. 633/72, entro il termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa al secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta l’esportazione. In alternativa, il contribuente potrà sempre azionare la richiesta di rimborso ai sensi dell’art. 21 del DLgs n. 546/92, entro il termine di due anni dal versamento o dal verificarsi del presupposto del rimborso.
È evidente che laddove la merce risulti esportata oltre i 90 giorni ma, comunque, entro i 30 giorni previsti, ai fini della regolarizzazione, e si abbia prova dell’avvenuto trasferimento della merce, il contribuente potrà esimersi dal versamento dell’imposta senza per questo incorrere in alcuna violazione sanzionabile.
______
*A cura di Roberta De Pirro, Managing Associate dello Studio legale e tributario Morri Rossetti