Penale

Circostanze e prove: va bandita qualsiasi valutazione "atomistica" degli indizi

Il giudice - il quale ben può partire da un fatto noto per risalire da questo ad un fatto ignoto - non può in alcun caso porre quest'ultimo come fonte di un'ulteriore presunzione in base alla quale motivare una pronuncia di condanna

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di Pietro Alessio Palumbo

Sussiste una ontologica differenza tra prova e indizio, costituita dal fatto che, mentre la prima, in quanto si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento, è idonea ad attribuire carattere di certezza allo stesso, l'indizio, isolatamente considerato, fornisce solo una traccia indicativa di un percorso logico argomentativo, suscettibile di avere diversi possibili scenari, e, come tale, non può mai essere qualificato in
termini di certezza con riferimento al fatto da provare. A ben vedere – ha evidenziato la Corte di cassazione con la sentenza n. 2237/2023 - la differenza tra indizio e prova non risiede nella tipologia del mezzo da cui deriva l'inferenza logica che costituisce il loro carattere comune, ma nei contenuti che essi esprimono e rappresentano.

 Le argomentazioni della Cassazione sulla valutazione della prova indiziaria
La Suprema Corte ha chiarito che in tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo ermeneutico da adottare deve essere quello che ruota intorno ad una lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio; una lettura unitaria, però, che non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere dall'operazione propedeutica, costituita dal valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità; per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto.

Va bandita, pertanto, qualsiasi valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi, che, valutati dapprima nella loro individualità per verificarne la certezza e l'intrinseca valenza dimostrativa, successivamente vanno raccolti in senso logico attraverso un esame globale degli elementi certi, risolvendo eventuali ambiguità e consentendo di attribuire il reato all'imputato "al di là di ogni ragionevole dubbio". E cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana.

Secondo la Cassazione, perché possa desumersi l'esistenza di un fatto, la circostanza assumibile come indizio deve essere certa. Tale requisito, benché non espressamente indicato dal codice di procedura penale, è da ritenersi insito nel precetto legale, in quanto espressione del requisito della precisione, normativamente previsto con riguardo alla valutazione della prova. Con la certezza dell'indizio, infatti, viene postulata la verifica processuale circa la reale sussistenza dell'indizio stesso, posto che non potrebbe essere consentito fondare la prova critica indiretta su di un fatto verosimilmente accaduto, supposto od intuito, inammissibilmente valorizzando – contro indiscutibili postulati di civiltà giuridica - personali impressioni o immaginazioni del decidente. Ne consegue che il giudice, il quale ben può partire da un fatto noto per risalire da questo ad un fatto ignoto, non può in alcun caso porre quest'ultimo come fonte di un'ulteriore presunzione in base alla quale motivare una pronuncia di condanna. Ciò in quanto la cd. "praesumptio de praesumpto" contrasta con la regola della certezza dell'indizio.

Inoltre gli indizi devono essere gravi, resistenti alle obiezioni e dotati di capacità dimostrativa in relazione al "thema probandum"; ma anche precisi, ossia specifici, univoci e non suscettibili di una diversa interpretazione; ed inoltre concordanti, ossia convergenti e non contrastanti tra loro e con gli altri dati ed elementi certi. La concordanza presuppone, ovviamente, una qualche molteplicità degli indizi. E tuttavia, il requisito della molteplicità e quello della gravità sono tra loro collegati e si completano a vicenda, nel senso che, in presenza di indizi poco significativi, può assumere rilievo l'elevato numero degli stessi, quando una sola possibile è la ricostruzione comune a tutti; mentre, in presenza di indizi particolarmente gravi, può essere sufficiente un loro numero ridotto per il raggiungimento della prova del fatto.

Esaminando la decisione della Corte d’Appello sulla vicenda, la Suprema Corte ha infine evidenziato che la prova logica raggiunta non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto a quella diretta o storica; dovendosi ritenere superata la tradizionale distinzione tra prova rappresentativa e prova critica, fatta al fine della attribuzione di un maggiore o minore valore processuale all'una piuttosto che all'altra.

Deve invece riconoscersi tanto alle une quanto alle altre, una identica attitudine alla dimostrazione del fatto, una volta che abbiano superato il controllo della verifica interna e trovino riscontro in ulteriori elementi che si riferiscano direttamente alla persona dell'imputato. Si richiede quindi che l’attitudine rappresentativa sia conseguita con rigorosità metodologica, che giustifichi e sostanzi il cd. libero convincimento del giudice.

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