Famiglia

Codice rosso, è determinante il ruolo della polizia giudiziaria

Oltre al numero ancora insufficiente dei centri antiviolenza resta ancora alta la cifra oscura legata a questo tipo di reati

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a cura di Marisa Marraffino

A più di un anno dall’entrata in vigore della legge 69 del 19 luglio 2019, il cosiddetto Codice rosso, che ha introdotto nel nostro ordinamento la nuova categoria dei reati di violenza domestica o di genere, gli effetti sono già evidenti.

Reati in crescita

Nonostante il lockdown, infatti, alcune procure, come quella di Tivoli, hanno registrato un aumento delle segnalazioni del 9% e tracciano un bilancio positivo delle prime applicazioni delle norme. Le vittime di maltrattamenti, atti persecutori e violenze in generale continuano ad essere prevalentemente donne, con rischio concreto della loro incolumità. Oltre alle querele e agli arresti scattati per il nuovo reato di revenge porn, che punisce anche chi condivide le immagini o i video erotici senza il consenso della vittima, l’inasprimento delle sanzioni e l’accelerazione delle indagini ha cambiato l’approccio a questo tipo di reati. Tra questi rientrano il reato di maltrattamenti contro conviventi o familiari, la violenza sessuale aggravata o di gruppo, atti sessuali con minorenne, gli atti persecutori e le lesioni aggravate commesse in contesti familiari o di convivenza.

Ruolo della polizia giudiziaria

La comunicazione della notizia di reato, nei casi ritenuti più urgenti, è data dalla polizia giudiziaria al pubblico ministero «immediatamente anche in forma orale», dando così una specifica priorità alla trattazione di questi reati.

Gli operatori di polizia giudiziaria dovranno essere sempre più preparati ad affrontare le situazioni di emergenza, visto che la legge impone loro di frequentare specifici corsi di formazione in materia di violenza di genere. L’obbligo è scattato formalmente dallo scorso mese di luglio.La corsia preferenziale riservata ai reati previsti dal Codice rosso ha fatto in modo che la vittima venga ascoltata dal pubblico ministero entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato e che, ai sensi dell’articolo 370 comma 2 bis del Codice di procedura penale, la polizia giudiziaria proceda senza ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero.

Indagini più veloci

L’accelerazione in fase di indagine ha un importante impatto anche sull’applicazione delle eventuali misure cautelari reali, come il sequestro preventivo degli eventuali video o immagini della vittima, che quindi potranno essere rimossi o bloccati dalla rete più velocemente. Così come il giudice potrà disporre più rapidamente eventuali ordinanze restrittive che prevedano, per esempio, il divieto di avvicinamento alla vittima. In questi casi, l’ordinanza del Gip è assimilabile, negli effetti, agli ordini di protezione ex articolo 342bis del Codice civile, con i quali il giudice civile ordina al convivente la cessazione della condotta e l’allontanamento dalla casa familiare. Per alcuni reati come i maltrattamenti e gli atti persecutori è previsto l’arresto e l’allontanamento urgente dalla casa familiare dell’autore del reato, in modo che la vittima possa restare nella propria abitazione. In casi di urgenza può accadere che la misura cautelare richiesta venga disposta anche lo stesso giorno. L’articolo 378 bis del Codice penale, introdotto dal Codice rosso, per rafforzare la tutela della vittima, sanziona con la reclusione da sei mesi a tre anni, la violazione degli obblighi e dei divieti stabiliti nell’ordinanza applicativa di misure cautelari dell’allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima. Inoltre è sempre previsto il raccordo con il giudice civile che in caso di separazioni, divorzi, cause di affidamento di minori o relative alla responsabilità genitoriale dovrà essere avvisato dal pubblico ministero degli atti di indagine in corso.

Le criticità del Codice rosso

Non sono mancate, però, in questo primo anno di applicazione le criticità, segnalate dalle stesse procure. Oltre al numero ancora insufficiente dei centri antiviolenza che accolgano e accompagnino le vittime durante l’intera fase processuale, resta ancora alta la cifra oscura legata a questo tipo di reati. La paura induce spesso la vittima e i suoi familiari a non segnalare i fatti, oltre a ridimensionare o ritrattare l’accaduto durante i processi.

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