Lavoro

Compensi avvocati, più tempo per produrre le prove in giudizio

La Corte di cassazione con l'ordinanza 23677 depositata oggi chiarisce i tempi a disposizione del legale<br/>

di Francesco Machina Grifeo

In caso di contestazione degli onorari, il legale ha tempo di produrre la documentazione fino alla prima udienza di comparizione delle parti davanti al Tribunale in composizione collegiale. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l'ordinanza 23677 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un legale.

Secondo la società cliente invece l'avvocato, con riferimento a quattro cause civili patrocinate davanti al Tribunale di Busto Arsizio, non aveva tempestivamente prodotto la documentazione attestante l'espletamento dell'attività, "relativa in alcuni casi, alla fase istruttoria e, per tutti, alla fase decisoria", con la conseguenza che, per tali attività, il Tribunale non aveva liquidato alcun compenso.

Nello specifico, era accaduto che il Giudice monocratico, con ordinanza del 29 dicembre 2015 aveva rimesso gli atti al Presidente di Sezione, per la designazione del Collegio. Il Presidente di Sezione, il 16 marzo 2016, aveva disposto la conversione del rito nelle forme di cui all'art. 14 Dlgs n. 150/2011, fissando udienza avanti al Giudice relatore per il 5 aprile 2016. "Tale udienza – spiega la Suprema corte - deve essere considerata quale prima udienza, con la conseguenza che, in quella data, potevano legittimamente essere prodotti documenti da parte del ricorrente".

«Al pari che nel rito ordinario – prosegue la decisione -, ove non è prevista nessuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi del giudizio, stante le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase della trattazione, nemmeno l'art. 702-bis c.p.c. sancisce, infatti, alcuna preclusione istruttoria, dovendosi al più argomentare sul piano logico che una compiuta articolazione probatoria, operata già in sede di ricorso e di comparsa di risposta, occorra perché il giudice possa consapevolmente adoperare in udienza l'eventuale potere di conversione del rito e di fissazione dell'udienza ex art. 183-c.p.c. ".

"Questa scansione – argomenta la Corte -, collegata alla ponderazione dell'eventuale non sommarietà dell'istruzione, ai fini dell'art. 702-ter, comma 3, c.p.c., porta ad individuare (in maniera da non accedere alla tesi estrema, secondo cui attore e convenuto sono liberi di svolgere nuove attività, istanze e produzioni per l'intero corso del procedimento e sino a che la causa non passi in decisione) proprio nella pronuncia della relativa ordinanza la barriera processuale che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie".

Ancor meno agevolmente allora è ravvisabile "un momento preclusivo per le deduzioni probatorie con riguardo alle controversie trattate con il rito sommario elencate nel Capo III del Dlgs n. 150/2011, in quanto ad esse neppure si applica il comma terzo dell'articolo 702-ter c.p.c. (Cass. n. 25547 del 2015)".

In definitiva, conclude la Cassazione, iI Tribunale avrebbe dovuto ritenere ammissibili le produzioni effettuate nell'udienza del 5.4.2016 (e, più precisamente, i documenti da 24 a 29; tra i quali il doc. 24, già depositato in occasione della prima udienza del 19.6.2015, tenutasi avanti al giudice monocratico che avrebbe costituito ricognizione di debito).

Infine la Seconda sezione chiarisce che erroneamente il Tribunale di Busto Arsizio "attesa la ridotta utilità della prestazione resa da difensore in virtù della pronunzia di rigetto della domanda", ha ritenuto di potere applicare (senza specificamente superarlo) il minimo tabellare previsto dal D.M. n. 140/2012, anziché quello di cui al D.M. 55/2014 che trova applicazione (secondo quanto previsto dall'articolo 28) alle liquidazioni successive al 3 aprile 2014, giorno della sua entrata in vigore.

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