Compensi e spese dei componenti del Cnf da comunicare su richiesta
Il Consiglio di Stato, rovesciando la pronuncia del Tar, ha accolto la richiesta di "accesso civico" promossa da un avvocato
Piena disclosure su emolumenti e spese dei componenti del Consiglio nazionale forense. Con la sentenza n. 990 del 10 febbraio, il Consiglio di Stato ha infatti stabilito che a fronte di una istanza di "accesso civico", il Cnf è tenuto, entro 30 giorni, a comunicare i compensi percepiti dai propri consiglieri, le spese per "viaggi di servizio" e "missioni" (pagate sia con fondi del Consiglio che delle Fondazioni collegate) ed anche i dati relativi alla assunzione di altre cariche, all'interno del Cnf, delle Fondazioni ad esso collegate o presso altri enti pubblici o privati.
I giudici di Palazzo Spada rovesciando la precedente decisione del Tar Lazio (del 14 dicembre 2020, n. 13446) che aveva ritenuto legittimo il diniego di ostensione, hanno dunque accolto il ricorso di un avvocato contro il Cnf ed i nove consiglieri poi dichiarati decaduti per superamento del vincolo del doppio mandato. Secondo il giudice di primo grado, siccome ai componenti del Cnf possono essere corrisposti solamente i rimborsi spesa e i gettoni di presenza indicati nel Regolamento dell'11 dicembre 2015 che sono riportati ogni anno nel bilancio di previsione e nel conto consuntivo i principi di trasparenza erano comunque rispettati.
Diverso il ragionamento del Supremo consesso amministrativo secondo cui, "a prescindere dagli obblighi di pubblicazione che fanno capo al Cnf", l'accesso civico è stato esercitato ai sensi dei commi 1 e 2 dell'art. 5, Dlgs n. 33 del 2013. E tale norma prevede che "chiunque", senza alcun onere motivazionale, abbia il diritto di accedere ai dati ed ai documenti detenuti dalla Pubblica amministrazione, che siano, "ulteriori" rispetto a quelli oggetto di "obbligo di pubblicazione".
La PA, dunque, è tenuta a fornire al richiedente i documenti, fuori dei casi in cui è opponibile il diniego. Si tratta delle "eccezioni assolute" al diritto di accesso generalizzato (indicate all'art. 5 bis, comma 3, del Dlgs n. 33 del 2013), un esempio per tutti: il segreto di Stato. Vi sono poi le "eccezioni relative" (commi 1 e 2 del medesimo articolo): la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico; le questioni militari; la stabilità finanziaria ed economica dello Stato ecc. In questi casi però, l'Anac ha chiarito che il legislatore "rinvia ad una attività valutativa" che deve essere effettuata dalle amministrazioni con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l'interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanti validi interessi presi in considerazione dall'ordinamento.
Ma, conclude la decisione, nel caso in esame "il Cnf non ha opposto alcuna ragione di riservatezza ex art. 5 bis, d.lgs. n. 33". Legittimamente, quindi, l'avvocato ricorrente ha esercitato il diritto di accesso civico, "facendosi carico di sostenere, ove necessario, il costo del diritto di copia dei documenti richiesti". Mentre il contenzioso riguardante l'annullamento dell'elezione dei 9 Consiglieri dinanzi al Tribunale Civile di Roma per violazione del limite del doppio mandato consecutivo - conclusosi con il riconoscimento della illegittimità dell'elezione contestata – "supporta l'interesse dell'avvocato ad ottenere tutti i documenti richiesti che devono dunque essere ostesi, se esistenti, essendo noto che i documenti sono ostensibili solo se esistenti, non potendosi predicare l'esibizione di atti che non risultano formati, spettando al Consiglio Nazionale Forense indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti che non è in grado di esibire".