Compravendita del terreno, l'errore sulla edificabilità rileva solo se riconoscibile
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 639 depositata oggi, ha così parzialmente accolto il ricorso del venditore
No all'annullamento della compravendita perché il terreno, contrariamente a quanto ritenuto dal promissario acquirente, non era edificabile. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 639 depositata oggi, ha così parzialmente accolto il ricorso del venditore contro la decisione della Corte territoriale.
Il giudice di secondo grado aveva ritenuto che, a prescindere dal fatto che il primo giudice avesse dichiarato la nullità del preliminare in luogo dell'annullamento per vizio del consenso, nella sostanza era stata correttamente interpretata la domanda attorea con la quale era stata richiesta la invalidità del negozio per vizio del consenso, in particolare per errore sulla qualità dell'oggetto del negozio, ossia sulla natura del terreno quanto alla destinazione urbanistica.
Per la Suprema corte, invece, nel caso specifico, "in assenza di diversi indici, desumibili dall'esame del titolo negoziale o da altri elementi, quali le condizioni ed il valore del terreno, anche in relazione al corrispettivo concretamente pattuito dalle parti, oltre alla destinazione dell'area e di quelle limitrofe, risultando indicata nella sentenza impugnata solo la vocazione del suolo, non può ritenersi che l'oggetto del negozio, il terreno e l'operazione economica concretamente perseguita, ricomprendesse anche la ragione dell'acquisizione dell'area per soddisfare la finalità abitativa perseguita dalla promissaria acquirente, che di per sé costituisce solo motivo dell'acquisto".
In altri termini, la sentenza impugnata ha errato laddove ha fondato l'annullamento del contratto per errore soltanto sulla circostanza che non era possibile edificare il terreno a causa della destinazione urbanistica dello stesso. Dunque "un errore caduto sulla concreta ed effettiva edificabilità del bene, che interessava la promissaria acquirente, in vista di un concreto sfruttamento edilizio, ma non anche sulla riconoscibilità dell'errore sulla qualità del bene immobile".
La riconoscibilità dell'errore, chiarisce la Suprema corte, deve essere affermata o sulla base di una pattuizione esplicita ovvero, in assenza, dal fatto che l'effettiva finalità di edificazione risulti anche dalla natura dei terreni circostanti. In difetto di tale accertamento, non può affermarsi che il motivo posto a fondamento della conclusione del negozio, l'esigenza abitativa, integri un elemento incidente sulla "qualità" del bene oggetto del contratto costituita dalla "edificabilità" come qualità della res.
Va pertanto ribadito il principio, già affermato dalla Corte, secondo cui "l'errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto non incide sull'identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell'ambito dell'autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull'utilità economica dell'affare" (Cass. n.20148 del 2013).
La Corte territoriale, dunque, ha fondato l'esistenza dell'errore "su un unico elemento che da solo risulta privo di decisività". Mentre, in assenza di specifiche indicazioni sulla riconoscibilità in concreto delle ragioni abitative manifestate dalla promissaria acquirente - e conosciute dai prominenti venditori - la sola circostanza che il terreno pacificamente non è edificabile non costituisce elemento univoco, né decisivo da cui desumere che l'effettivo interesse perseguito dalla stessa riguardava il terreno per la sua capacità edificatoria.
Del resto, neppure dalla formulazione letterale dell'oggetto del contratto, "risulta alcuna clausola o pattuizione accessoria, né alcun elemento estrinseco, quale la particolare destinazione urbanistica della zona in cui si trovava il terreno de quo, o una valutazione comparativa del corrispettivo pattuito rispetto all'effettivo valore del suolo, anche in relazione al minor valore rispetto alle aree edificabili circostanti, sintomatici della riconoscibilità dell'errore e della rilevanza essenziale attribuita dalla promissaria acquirente alla capacità edificatoria dell'area".