Società

Concordato in continuità, per la vendita di beni serve il liquidatore

Secondo il tribunale di Perugia non può essere condotta dall’imprenditore in autonomia

di Michele D’Apolito

L’esecuzione di un concordato in continuità può essere condotta dall'imprenditore in autonomia, a meno che il piano non preveda un'importante, seppur non prevalente, dismissione di beni non più funzionali; in quel caso, è necessaria la nomina di un liquidatore giudiziale.

Questo è quanto stabilito da una recente sentenza del 1° aprile scorso del Tribunale di Perugia, chiamato a pronunciarsi in merito all’omologazione di una procedura in continuità diretta, per la quale la nomina del liquidatore - organo esecutivo della proposta concordataria - era rappresentata dal debitore come superflua ed eventuale, dunque non necessaria.

La necessità del liquidatore

Nello specifico, il piano proposto prevedeva di soddisfare i creditori, per una parte quantitativamente consistente, con la vendita di alcuni immobili, ma non definiva in modo specifico le modalità di liquidazione di tali beni, demandate all’iniziativa degli amministratori successivamente all'omologa.

I giudici perugini hanno colto tale fattore di incertezza, che reca potenzialmente un danno al miglior soddisfacimento dei creditori, e si sono inoltre concentrati sugli effetti di tale impostazione sulla vendita degli immobili: in assenza del liquidatore, questa avverrebbe mediante trattativa privata, non consentendo l'effetto liberatorio di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli (cosiddetto effetto purgativo), ottenibile solo con le vendite a mezzo di procedura competitiva ad evidenza pubblica.

Sul punto, il Tribunale umbro richiama la recente Cassazione (23139/2020), che ha affermato che la condizione per la purgazione prevista dall’articolo 108, secondo comma, della legge fallimentare, non può avere le stesse garanzie optando per cessioni a trattativa privata, necessariamente soggette al consenso del creditore ipotecario.

Ciò è ancor più vero - secondo i magistrati di Perugia - se si considera che la liquidazione immobiliare è un'attività che non riguarda la gestione aziendale in continuità e il focus previsto dall’articolo 186-bis rimane quello del miglior soddisfacimento dei creditori, ottenibile solo – come sostenuto da Cassazione – mediante modalità che assolvano alla funzione corrispondente a quella della liquidazione fallimentare, come rende esplicito il rinvio fatto dall’articolo 182, comma 5 agli articoli da 105 a 108-ter della legge fallimentare.

I precedenti

Il tema della necessità o meno di nomina del liquidatore giudiziale è stato oggetto di discussione, anche se nel concordato in continuità diretta la tesi negativa ha finora assolutamente prevalso. D’altra parte, l’articolo 182 della legge fallimenatre prevede la nomina specifica di tale figura solo per i concordati liquidatori, non già per le procedure in continuità ai sensi dell'articolo 186-bis. Proprio l’assenza nel concordato “puro” di risanamento di un’esplicita disciplina normativa delle modalità di liquidazione dei beni non più funzionali, ha creato lo spazio per un dibattito giurisprudenziale.

Da più parti, si è infatti stigmatizzata la sovrapposizione di competenze che si creerebbe tra imprenditore e organo giudiziale, con potenziale ingerenza di quest’ultimo nella dinamica aziendale, tornata in bonis e già soggetta al controllo del Commissario giudiziale.

Qualche spiraglio possibilista si è aperto in giurisprudenza in caso di concordato misto, dove si ammette un liquidatore, seppure con funzioni circoscritte e finalizzate (Tribunale di Roma 31 luglio 2015), applicando la disciplina di volta in volta più confacente con la porzione di piano che viene in esame, a seconda della causa concreta perseguita dal debitore (Tribunale di Ravenna 28 aprile 2015). Successivamente, diverse pronunce (Corte d’appello di Roma, 23 maggio 2016 e Tribunale di Mantova, 20 aprile 2017) hanno affermato invece il contrario, attenendosi al dato letterale della legge, con l’imprenditore unico motore del risanamento, pur con il vincolo di destinazione impresso dal concordato ed il controllo del Commissario.

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