Civile

Concordato preventivo, l'attestazione vincola il Fisco

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di Giulio Andreani

Una funzione essenziale, ai fini dell’approvazione della proposta di transazione fiscale da parte del Fisco, sia nell’ambito di un concordato preventivo sia in quello di un accordo di ristrutturazione dei debiti, è assolta dall’attestazione resa da un professionista, munito dei requisiti previsti dall’articolo 67 della legge fallimentare, al quale è demandato l’accertamento dell’esistenza del presupposto sostanziale cui l’articolo 182 ter della medesima legge subordina l’attuabilità della transazione.

Infatti, con riferimento al concordato preventivo, il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari è consentito solo se il piano ne prevede «la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione» indicata nella relazione di attestazione; con riferimento, invece, all’accordo di ristrutturazione dei debiti l’attestazione deve inerire anche alla convenienza del trattamento (dei crediti tributari) proposto «rispetto alle alternative concretamente praticabili».

Si tratta di due attestazioni che, pur assolvendo la medesima funzione, sono assai diverse, poiché la seconda è caratterizzata da un’ampiezza maggiore della prima.

In caso di concordato preventivo (con riguardo all’accordo di ristrutturazione dei debiti si veda l’articolo a lato), la speciale attestazione richiesta dal comma 1, articolo 182 ter, legge fallimentare riecheggia la relazione prevista dal comma 2, articolo 160 della medesima legge, al fine di consentire il pagamento parziale di creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, attraverso la verifica dell’insufficienza dell’attivo dell’impresa debitrice, avuto riguardo al valore di mercato – in caso di liquidazione - dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione espresso da un professionista all’uopo incaricato, a soddisfare in misura più elevata tali creditori.

Ne discende che il pagamento parziale dei crediti fiscali è consentito solo se l’attivo non è sufficiente a garantire, in un’ipotesi liquidatoria, il pagamento integrale di tutti i creditori muniti di una causa di prelazione e quindi solo in una situazione in cui si rende generalmente necessaria la redazione della relazione di stima prevista dal citato articolo 160; conseguentemente è del tutto naturale che l’attestazione richiesta ai fini della transazione fiscale sia resa dal medesimo professionista che esegue la relazione di stima prescritta da tale norma per uno scopo più generale. L’articolo 182-ter non precisa se essa deve essere redatta distintamente dall’attestazione inerente al piano ex articolo 161 e dalla relazione giurata di cui all’articolo 160 o può costituirne parte, ma ciò è irrilevante, perché quel che importa è che essa sia resa, assolvendo la funzione cui è preposta. Del resto i principi di attestazione approvati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (delibera del 3 settembre 2014, paragrafo 2.7.4.) statuiscono che non sussistono limitazioni all’affidamento all’attestatore del piano sui cui si fonda il concordato anche dell’incarico avente a oggetto la stima prevista dall’articolo 160, comma 2, legge fallimentare.

Lo scopo delle attestazioni previste dall’articolo 182-ter è evidente: assicurare in entrambe le ipotesi all’amministrazione finanziaria (e al tribunale) che il pagamento offerto dall’impresa debitrice rappresenta per il Fisco il miglior risultato conseguibile, tenuto conto dello stato di crisi in cui versa il debitore. Dalla natura di tale accertamento discende un ulteriore rilevante effetto, che è quello di vincolare l’agenzia delle Entrate, una volta che l’indicato presupposto sia stato accertato, all’accettazione della proposta di transazione fiscale, poiché è da escludere che, verificata la convenienza della proposta per l’erario ed esclusa la possibilità di un’alternativa a essa preferibile, ne sia consentita la reiezione, cui conseguirebbe un danno per le pubbliche finanze, in violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione stabilito dall’articolo 97 della Costituzione.

La norma di cui si tratta, nella sostanza, rende più oggettive, rispetto al passato, le analisi e la valutazione che devono essere compiute dall’agenzia delle Entrate ai fini dell’assunzione della decisione che le compete circa l’approvazione della proposta, riducendone i margini di discrezionalità: se il predetto presupposto non è stato accertato, la domanda di transazione fiscale deve essere respinta, ma, se lo è stato, la proposta non solo può, ma anche deve, essere approvata, in quanto conveniente per il creditore erario.

Le transazioni caso per caso

Principi di attestazione dei piani di risanamento ‎- Delibera Cndcec 3 settembre 2014

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