Civile

Concordato preventivo, il debitore può sciogliersi solamente dai contratti a prestazione corrispettive non ancora eseguiti da entrambe le parti

Disciplina dei contratti pendenti al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, regolata dall'art. 169 bis del R.D. n. 267/1942 (c.d. legge fallimentare)

di Angela Currarini e Giovanni Torielli*


Con la pronuncia n. 26568 del 23 novembre 2020 la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sulla disciplina dei contratti pendenti al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, regolata dall'art. 169 bis del R.D. n. 267/1942 (c.d. legge fallimentare).

In virtù della richiamata normativa, il debitore che avanza con ricorso domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo può domandare al Tribunale, o al Giudice Delegato, l'autorizzazione a sciogliersi da, o a sospendere temporaneamente i, contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti alla data di presentazione del ricorso medesimo; in caso di provvedimento autorizzativo, il Legislatore riconosce al contraente in bonis il diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno subito dall'inadempimento contrattuale del debitore.

La Corte Suprema si è pronunciata con la sentenza in commento a seguito del ricorso proposto dal promissario acquirente di un immobile che lamentava, in particolare, l'illegittimità dello scioglimento del contratto preliminare ottenuto dal debitore ai sensi dell'art. 169 bis l.fall., atteso che al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato da parte dell'altro contraente il promissario acquirente aveva già integralmente adempiuto la propria obbligazione contrattuale, consistente principalmente nel pagamento del prezzo di vendita, era già stato immesso nel possesso dell'immobile stesso ed aveva proposto domanda di esecuzione specifica del contratto ex art. 2932 cod. civ..

Il ricorrente riteneva, in particolare, che tale contratto non potesse essere soggetto alla disciplina in esame, in quanto già integralmente eseguito quanto meno da parte sua e che comunque la condotta del debitore fosse contraria a buona fede.

La Suprema Corte finisce con l'accogliere il ricorso, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello, la quale è dunque chiamata a valutare l'ammissibilità della domanda di concordato alla luce degli importanti principi affermati nella sentenza in oggetto, che verranno qui illustrati e approfonditi.

La Corte Suprema, nell'esaminare i primi due motivi del ricorso, si è soffermata sull'analisi della natura e dell'ammontare dell'indennizzo spettante al contraente in bonis che subisce lo scioglimento contrattuale, ribadendo, in primo luogo, che la facoltà riconosciuta al debitore di sciogliersi dai contratti pendenti al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo (o in un momento successivo) costituisce una deroga al diritto comune, consentita al fine unico di perseguire il miglior soddisfacimento del ceto creditorio e che trova il proprio controbilanciamento nel diritto dell'altro contraente ad un indennizzo per il pregiudizio subito in conseguenza del venir meno del vincolo negoziale.

Secondo la Corte Suprema, dunque, seppur tale diritto patrimoniale abbia natura dichiaratamente indennitaria, il ristoro da attribuire al contraente in bonis deve avere ad oggetto l'intero pregiudizio subito da quest'ultimo, in conformità a quanto disposto dall'art. 1223 cod. civ. in materia e pertanto, nel caso di specie, deve essere individuato in una somma maggiore rispetto al prezzo versato dal promissario acquirente.

Compiuta questa precisazione, la Corte di legittimità non può peraltro che dichiarare inammissibile il primo motivo di ricorso.

Nel concordato preventivo non vi è, infatti, una fase di accertamento dei crediti vera e propria, a differenza di quanto avviene in altre procedure concorsuali (in primis il fallimento), in quanto l'eventuale accertamento in esso previsto è funzionale esclusivamente all'individuazione dei creditori aventi diritto di voto e dei crediti da computare ai fini del calcolo delle maggioranze richieste per l'approvazione della proposta concordataria; pertanto, attesa la natura meramente incidentale dell'eventuale accertamento effettuato con il decreto di omologa del concordato preventivo, le domande aventi ad oggetto l'accertamento dell'esistenza, dell'entità e del rango dei crediti concorsuali devono essere effettuate esclusivamente e unicamente nelle forme della cognizione ordinaria.

Dunque, il contraente in bonis che si è visto sciogliere o sospendere il contratto e riconoscere il conseguente indennizzo, può contestare la sussistenza (o insussistenza) dei presupposti per la pronuncia del Tribunale, la ritualità del procedimento, gli effetti negoziali nonché il trattamento da riservare al credito derivante dallo scioglimento del contratto stesso unicamente attraverso una domanda da proporsi nell'ambito di un giudizio a cognizione piena, dal che deriva che i provvedimenti assunti, come detto a fini diversi dal riconoscimento del diritto sostanziale, nell'ambito della procedura concorsuale non sono ricorribili per Cassazione con conseguente inammissibilità del relativo motivo di ricorso.

Relativamente, invece, alla natura prededucibile piuttosto che chirografaria del credito in questione, e alla questione di legittimità costituzionale al riguardo posta con il secondo motivo di ricorso, la Corte di Cassazione, pur rilevando l'inammissibilità della censura in quanto sollevata per la prima volta in sede di legittimità e della correlativa irrilevanza della suddetta questione di legittimità costituzionale, ritiene opportuno esaminare la questione, vista l'importanza della stessa, al fine di enunciare, ai sensi dell'art. 363, comma 1, cod. proc. civ., il conseguente principio di diritto nell'interesse della legge.

La Suprema Corte sottolinea dunque che la natura chirografaria dell'indennizzo viene ora espressamente prevista dal novellato (ex D.L. n. 83 del 2015, convertito dalla L. n. 132 del 2015) art. 169 bis l. fall. per cui "tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato […]", mentre il rango prededucibile è riconosciuto al solo credito da prestazioni contrattuali eseguite "legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali" dopo la pubblicazione del ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fall.; viene chiarito altresì che la riconosciuta natura chirografaria resta immutata anche qualora il debitore richieda lo scioglimento dal contratto in un momento successivo rispetto al decreto di ammissione alla procedura concordataria.

Nell'esaminare il terzo motivo di ricorso, la Corte di Cassazione ritorna poi sull'inquadramento dei contratti "pendenti" ai sensi dell'art. 169 bis l. fall., e, avallando la tesi sostenuta dalla dottrina maggioritaria, finisce con l'affermare il principio in forza del quale "l'autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dal contratto pendente, ai sensi dell'art. 169 bis l. fall., presuppone che, al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo, esso non abbia avuto compiuta esecuzione da entrambe le parti, avuto riguardo alle prestazioni principali del sinallagma contrattuale; ne consegue che l'istituto non è applicabile ai contratti a prestazioni corrispettive in cui una delle parti abbia già compiutamente eseguito la propria prestazione".

La Corte Suprema conferma al riguardo argomenti già addottati, tra l'altro, con la propria recente pronuncia n. 11524/2020 e di tipo:

- normativo: il Legislatore, avendo sostituito con il D.L. n. 83/2015 la locuzione "contratti in corso di esecuzione", presente nella precedente rubrica dell'art. 169 bis l. fall., con "contratti pendenti", ha voluto in modo inequivocabile ricondurre tale nozione a quella di "rapporti pendenti" di cui all'art. 72 l. fall., talchè deve farsi riferimento a fattispecie negoziali che non abbiano avuto compiuta esecuzione da entrambe le parti al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo;

- storico: a un enunciato normativo deve essere attribuito lo stesso significato tradizionalmente e costantemente attribuito in passato agli analoghi enunciati regolatori della stessa materia, a tal fine constatandosi che con l'espressione "contratti pendenti" (e relative varianti lessicali) sono stati sempre designati i rapporti contrattuali bilaterali, in tutto o in parte ineseguiti da entrambe le parti al tempo del fallimento di una di esse;

- sistematico: se un rapporto contrattuale pendente con obbligazioni ineseguite da una sola delle parti è assoggettato alle disposizioni di cui agli artt. 42 e 52 l. fall., quello stesso rapporto non può essere ricompreso tra quelli bilaterali, cui si applicano le regole di cui all'art. 72 l. fall.;

- prospettico: il Legislatore della riforma organica delle procedure concorsuali ha disciplinato i contratti pendenti nel concordato preventivo come "contratti non eseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambi i contraenti alla data del deposito della domanda di concordato" (art. 97, Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, destinato ad entrare in vigore, allo stato, il 1 settembre 2021);

- comparatistico: la normativa nazionale va interpretata in conformità alla normativa europea (i.e., in materia, la Direttiva UE n. 1023/2019); pertanto, atteso che il Legislatore europeo non ha previsto alcuna disposizione analoga a quella richiamata all'art. 169 bis l. fall., occorre interpretare restrittivamente e rigorosamente tale disposizione, pervenendo alla conclusione che non possa trovare applicazione l'art. 169 bis l. fall. ove uno dei contraenti abbia adempiuto la propria prestazione o, quanto meno, quella da ritenersi principale.

Statuito il criterio generale volto ad individuare i contratti pendenti ai sensi dell'art. 169 bis l. fall., la Corte di Cassazione fa rientrare "indubitabilmente" in tale categoria il contratto oggetto del caso di specie, evidenziando che il promissario acquirente al momento della presentazione della domanda di ammissione al concordato da parte della società promissaria venditrice non solo aveva già integralmente adempiuto la propria obbligazione principale di versare integralmente il prezzo dell'immobile promesso in vendita, ma si era anche attivato formalmente per conseguire la controprestazione, sino a promuovere un giudizio contro la società promissaria venditrice ex art. 2932 cod. civ., poiché questa, pur avendogli già consegnato l'immobile (con rilascio di ampia liberatoria) non aveva adempiuto l'obbligazione di formalizzare il trasferimento mediante la stipula del contratto definitivo.

La Corte di legittimità ha enunciato anche il sopra riportato principio nell'interesse della legge ex art. 363 comma 1 cod. proc. civ., attesa la non impugnabilità con ricorso straordinario in Cassazione del provvedimento con il quale il Tribunale ha concesso l'autorizzazione allo scioglimento del contratto ex art. 169 bis l. fall.; è, infatti, - solamente – la fondatezza dell'ulteriore censura mossa nell'ambito del terzo motivo di ricorso che porta alla cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito per il riesame delle condizioni di ammissibilità del concordato, avuto riguardo degli importanti profili dell'abuso del diritto nel concordato e della fattibilità del piano.

A tale fine, la Suprema Corte sottolinea il comportamento contrario a buona fede tenuto nel caso di specie dal promittente venditore che, nonostante l'avvenuto pagamento del prezzo e l'immissione del possesso del promissario acquirente, ha dolosamente procrastinato la stipula del definitivo, costringendo quest'ultimo ad agire per l'esecuzione specifica del contratto ex art. 2932 cod. civ., per poi presentare, a soli due mesi di distanza, una domanda di concordato preventivo il cui piano prevedeva l'immobile oggetto del compromesso tra le principali componenti dell'attivo e il riconoscimento a favore del promissario acquirente di un indennizzo pari al solo ammontare del prezzo versato (senza alcuna componente risarcitoria) e destinato ad essere soddisfatto in misura pari al solo 15 % in quanto chirografario.

La richiesta del debitore (in questo caso formulata quasi un anno dopo la domanda di concordato) di essere autorizzato allo scioglimento del compromesso di vendita, deve anch'essa essere valutata dall'autorità giudiziaria alla luce dei principi di correttezza e buona fede, con una verifica che abbia ad oggetto le condizioni di ammissibilità del piano, e in particolare, la fattibilità dello stesso (condizionata, all'evidenza, dallo scioglimento o dalla prosecuzione del contratto rappresentante una tra le principali componenti della massa attiva) e l'esistenza di eventuali profili di abuso dello strumento concordatario in relazione al trattamento riservato all'altro contraente (che non deve essere ingiustamente pregiudicato dalla procedura).

Correttamente gli Ermellini sottolineano che sia la già citata Direttiva (UE) 2019/1023 sia il Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza contengono disposizioni finalizzate a scongiurare l'abuso del concordato (o delle procedure concorsuali e di regolazione della crisi in generale) rendendo per la prima volta espliciti i doveri di informazione, correttezza e buona fede cui deve essere improntata la condotta del debitore, ma anche dei creditori, nell'esecuzione degli accordi e nelle procedure, già a partire dalla fase delle trattative che li precedono, con particolare risalto agli obblighi di trasparenza, tempestività e prudenza quanto al debitore (al fine di evitare pregiudizio ai creditori) e di collaborazione, riservatezza e lealtà quanto ai creditori, in vista dell'obiettivo comune di perseguire le migliori soluzioni della crisi e regolazione dell'insolvenza possibili (art. 4 CCII).

*a cura dell'avv. Angela Currarini e del dott. Giovanni Torielli, Studio Legale De Andre'

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Patrizia Maciocchi

Il Sole 24 Ore

Concordato preventivo - Contratto preliminare di compravendita - Scioglimento ex art. 169 bis, co. 2 l. fall. - Diritto del terzo pregiudicato ad un indennizzo - Accertamento del credito - Natura concorsuale - Cognizione ordinaria - Inapplicabilità dell'autorizzazione allo scioglimento in caso di contratti a prestazioni corrispettive parzialmente eseguiti - Onere del giudice di verificare la correttezza e la buona fede nell'esecuzione - Annullamento con rinvio

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