Contrabbando, e-cigarette come le «bionde»
Norme sul contrabbando di sigarette tradizionali estese al liquido per le e-cigarette.
La Cassazione (sentenza 3465) respinge il ricorso contro il sequestro probatorio dei flaconi con il liquido per le sigarette elettroniche, trovati dal personale dell’agenzia delle Dogane in quantità superiore a quella dichiarata e eccedente la franchigia prevista per diritti doganali e Iva.
La misura era giustificata dagli indizi del reato di tentato contrabbando di prodotti liquidi da inalazione per 4.500 ml, corrispondenti a 25,335 chili di tabacco estero lavorato.
Il ricorrente contestava l’equiparazione dei liquidi ai tabacchi lavorati esteri, fatta dal Tribunale, applicando l’articolo 291-bis del testo unico delle legislazione doganale (Dpr 43/1973), quello appunto sul contrabbando di tabacco. Ad avviso della difesa l’articolo da applicare era il 295-bis sui diritti di confine per beni diversi che prevede solo una sanzione amministrativa pecuniaria.
Ma i giudici ricordano che la norma punisce con la multa e con la reclusione l’importazione di tabacco di contrabbando oltre i dieci chili. Al tabacco lavorato estero sono equiparati i liquidi da inalazione per sigarette elettroniche, con o senza nicotina (Dpr 504/1995, articolo 62-quater).
Quanto ai criteri di equivalenza, sono individuati sulla base di apposite procedure tecniche definite con un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Una determinazione contenuta nella direttiva doganale 11038/Ru del 25 gennaio 2018 con la quale è stata prevista l’equivalenza di 1 ml di liquido con 5,63 grammi di sigarette convenzionale.
Né si può sostenere, come voleva la difesa, che nell’individuare il criterio di equivalenza, le direttive dell’agenzia delle Dogane volessero solo fornire i parametri utili a quantificare l’imposta di consumo perché richiamano il Dpr 504/95 (articolo 62-quater, commi 1-bis e 7-bis) proprio allo scopo di estendere ai liquidi la disciplina penale dei tabacchi.
Si tratta, di fatto, di norme in bianco, integrate dai provvedimenti direttoriali che si basano sul raffronto fra i tempi medi per il consumo di sigarette tradizionali, scelte tra le cinque marche più vendute, e quelli per consumare una e-cigarette, calcolati su un campione di dieci marche in commercio.
Per la Cassazione è una tecnica normativa da considerare consentita. Le norme penali possono essere rivestite di contenuti in base a norme extra-penali, a integrazione del concetto. E queste ultime possono essere emanate da autorità amministrative o sovranazionali che dettano «disposizioni regolatrici o impongono divieti anche in base ad accertamenti scientifici relativi a situazioni storiche determinate». Come avvenuto, appunto, nel confronto tra le sigarette elettroniche e le “bionde” tradizionali.
Corte di cassazione - Sezione III - sentenza 28 gennaio 2020