Lavoro

Corruzione, il dipendente infedele resta incompatibile anche se la pena è sospesa

Un Comune ha formulato richiesta di parere all'Anac sull'eventuale applicazione del divieto

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di Pietro Alessio Palumbo

La disciplina sul pubblico impiego stabilisce che coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per delitti dei pubblici ufficiali contro la Pa non possono far parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

La posizione dell'Anac
Nella vicenda trattata dall'Autorità nazionale anticorruzione nel Fascicolo n. 1307/2023 un Comune aveva formulato richiesta di parere in merito all'eventuale applicazione del suddetto divieto anche in caso di sospensione condizionale della pena.
Ebbene per l'Anac deve ritenersi vietata sine die l'assegnazione dei compiti e delle funzioni descritte al dipendente condannato per i reati ivi previsti; anche se la pena risulti sospesa.
L'Autority anticorruzione ha evidenziato che la condanna non esclude l'assunzione in servizio presso una Pa, ma soltanto eventualmente l'assegnazione di specifiche funzioni incompatibili con la condanna penale; spettando all'amministrazione valutare, nel caso specifico, i presupposti per l‘assunzione e l'eventuale assegnazione di mansioni non incompatibili, in conformità con il quadro normativo di riferimento ed il proprio ordinamento.

L'istituto dell'inconferibilità
L'Autorità ha chiarito i rapporti intercorrenti tra tale disciplina e l'istituto delle inconferibilità, individuando elementi comuni e differenze. In particolare, la disciplina sui divieti di assegnazione a determinati incarichi in caso di condanna penale rappresenta una nuova e diversa fattispecie di inconferibilità, come tale atta a prevenire il "discredito", altrimenti derivante all'Amministrazione, dovuto all'affidamento di funzioni sensibili a dipendenti che, a vario titolo, abbiano commesso o siano anche solo sospettati di "infedeltà".
In questo senso la disciplina dei divieti preclude il conferimento di alcuni uffici o lo svolgimento di specifiche attività ed incarichi particolarmente esposti al rischio corruzione non solo a coloro che esercitano funzioni dirigenziali, ma anche a quanti vengano affidati meri compiti di segreteria ovvero funzioni direttive e non dirigenziali.
Quanto, invece, alla durata delle preclusioni i divieti continuano ad operare fino a che non sia intervenuta, per il medesimo reato, una sentenza di assoluzione anche non definitiva, che abbia fatto venir meno la situazione impeditiva.

La sospensione condizionale della pena
Con specifico riferimento alla questione relativa alla sospensione condizionale della pena l'Anac ha specificato la piena operatività del divieto anche nell'ipotesi in cui la sentenza di condanna che ne costituisce il presupposto sospenda la pena. L'Autorità nazionale anticorruzione ha evidenziato come l'inconferibilità non rientri nella categoria delle misure sanzionatorie penali o amministrative, ma attiene ad uno status soggettivo in cui viene a trovarsi colui che è stato condannato, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal codice penale al capo del titolo II dedicato ai delitti dei pubblici ufficiali contro la Pa. Essa assolve ad una funzione di prevenzione della corruzione e di garanzia dell'imparzialità dell'amministrazione; e per conseguenza non subisce gli effetti della sospensione condizionale della pena. In tal caso l'attribuzione o il mantenimento degli incarichi sono vietati per carenza di un requisito soggettivo, dovendosi rintracciare nella sentenza di condanna una prova manifesta dell'inidoneità alla spendita di poteri pubblici nel rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento prescritti nella Carta costituzionale. Detta circostanza è stata valutata ex ante dal legislatore in riferimento non solo alla disciplina dell'inconferibilità ma anche all'istituto della sospensione dalle cariche per gli amministratori di enti locali. La ricostruzione sopra svolta trova inoltre ulteriore conferma nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n.27297/2019 e prima ancora sentenza .n.34297/2007) laddove è stata riconosciuta l'inoperatività della sospensione condizionale della pena con riguardo alle conseguenze extra-penali della condanna, ai cui effetti, pertanto, sono sottratte tutte le sanzioni amministrative: sia principali che accessorie. Da ultimo, anche il Consiglio di Stato (sentenza n.6538 del 25 luglio 2022) ha espressamente rilevato l'applicazione dei divieti nei confronti di un dirigente esterno condannato, con pena sospesa, per uno dei reati previsti dal capo I, titolo II, libro II del codice penale.

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