Amministrativo

Covid e "zone rosse": la circolare del Viminale fa chiarezza sul ruolo dei sindaci

Dove tace il nuovo Dpcm ci pensano le istruzioni ministero dell'Interno. Le scelte fatta sono in linea con il sistema

di Aldo Natalini

Dove il nuovo Dpcm tace, sopperisce la circolare del Viminale del 20 ottobre. Saranno i sindaci, quali ufficiali di governo e autorità sanitarie locali, ad individuare le vie e le piazze da interdire per evitare assembramenti, con il coinvolgimento delle Prefetture, in sede di comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, eventualmente esteso anche alla presenza dei responsabili delle strutture sanitarie territoriali. Ai questori spetterà il compito di predisporre la forza pubblica, con l’ausilio dell’esercito nell’ambito dell’operazione “Strade sicure”, per assicurare i controlli sulle chiusure “anti-movida”.

 

La circolare del Viminale che fa chiarezza sui ruoli

Come noto, dopo le proteste dell’Anci, la parola “sindaci” era stata cancellata, nottetempo, nel testo ufficiale del Dpcm del 18 ottobre pubblicato dopo la conferenza stampa del premier: al suo posto, compare una anodina formula impersonale («può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le 21…» delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento: articolo 1, comma 1, lettera a, Dpcm 18 ottobre 2020) che, com’era facile prevedere, ha dato subito adito a dubbi applicativi, a proteste e forti polemiche (vedi A. Orioli, «Un Dpcm scaricabarile e il rischio di perdere contro il coronavirus», ne «ll Sole 24 ore» del 19 ottobre 2020). Tanto più quella di disporre la chiusura di zone “anti-movida” dove si possono creare situazioni di assembramento è indubbiamente la misura più stringente prevista nel nuovo Dpcm.

Era dunque necessario un chiarimento immediato in punto di competenza a provvedere: la circolare del Ministero dell’intero del 20 ottobre la ricostruisce traendola, anzitutto, dall’ordinamento degli enti locali: è l’articolo 50 del testo Unico di cui al Dlgs 267/2000, che «soccorre anche dal punto di vista della risposta a fenomeni di aggregazione notturna, quali sono appunto quelli che si intendono affrontare con la nuova misura, destinata infatti ad operare dopo le 21,00, e che pure legittimano l’intervento del Sindaco quale rappresentante della comunità locale». In secondo luogo, una conferma viene tratta dal Viminale dalla legislazione sull’emergenza sanitaria e, in particolare:

- dall’articolo 1, comma 2, lettera b), del Dl n. 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 35/2020) a mente del quale, fra le diverse misure, può essere introdotta quella della “chiusura al pubblico di strade urbane”;

-  l’articolo 1, comma 9, del Dl n. 33/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 74/2020, che attribuisce al Sindaco il potere di disporre la chiusura temporanea di specifiche aree pubbliche o aperte al pubblico in cui sia impossibile assicurare adeguatamente il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.

 

Chiusura di strade o piazze nei centri urbani: competenza ai sindaci

L’articolo 1, comma 1, lettera a), del Dpcm 18 ottobre 2020 - novellando il precedenteDpcm del 13 ottobre 2020 - consente l’interdizione di specifici ambiti urbani in cui si determinino fenomeni di addensamento, allo scopo di limitare quelle occasioni di concentrazione e aggregazione di persone che - come già evidenziato nella precedente circolare del Viminale del 16 ottobre 2020 - possono favorire, per la loro naturale dinamicità, un’attenuazione, anche involontaria, del grado di osservanza sia delle misure riguardanti il distanziamento interpersonale, sia del divieto di assembramento.

Tenuto conto che questo nuovo intervento mira a mitigare il rischio di contagio interpersonale e che, pertanto, la sua finalità ispiratrice risiede nella tutela della salute pubblica, il relativo strumento di declinazione è da individuarsi - secondo il Viminale - nelle ordinanze del Sindaco, quale autorità sanitaria locale, ai sensi dell’articolo 32, comma 3, della legge n. 833/1978 e dell’articolo 50 del Dlgs n. 267/2000 (Testo unico sull’ordinamento degli enti locali), nonché, in qualità di ufficiale di governo, ai sensi del successivo articolo 54 in tema di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, allo scopo di fronteggiare, in tali contesti, situazioni potenzialmente lesive anche della sicurezza primaria(nel senso che il potere di ordinanza del sindaco di cui al citato articolo 32 della legge n. 833/1978 in materia di igiene sanità pubblica fino all’introduzione della legge n. 142/1990 e, poi, del Dlgs n. 267/2000 competeva al sindaco quale ufficiale di governo e, quindi, come organo dello Stato e non come capo dell’Amministrazione comunale ed organo del Comune, vedi: Cassazione, sezione III civile, n. 12746/2005, Ced 582513, che, conseguentemente, in relazione a pretesa risarcitoria fatta valere da un soggetto destinatario di ordinanza sindacale emessa anteriormente alla legge n. 142/1990, ha escluso che legittimazione passiva competa al Comune e non allo Stato).

L’odierna soluzione è in linea con il sistema. In effetti in generale l’articolo 54, comma 4, del Dlgs n. 267/2000 attribuisce al sindaco, per fronteggiare situazioni impreviste e non altrimenti fronteggiabili con gli strumenti ordinari, il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. In questo caso si tratta, però, di misura tipizzata dal Dpcm (e non extra ordinem) precipuamente improntata a finalità di tutela e salvaguardia della salute pubblica sicché la necessità di istruttoria adeguata e di congrua motivazione richiesta in generale dalla giurisprudenza di legittimità (avuto riguardo, soprattutto, all’impossibilità di utilizzare i rimedi di carattere ordinario apprestati dall'ordinamento: vedi Cassazione, sezioni Unite civili, n. 20680/2018, Ced 650273), viene declinata nella circolare del Viminale sulla base della necessità di una previa «ricognizione degli spazi urbani nei quali, per comportamenti consuetudinari, possa ritenersi più elevato il rischio di assembramenti e, quindi, di propagazione del contagio». Per questo è ritenuto «opportuno che la suddetta valutazione venga compiuta anche con l’ausilio delle competenti strutture di prevenzione sanitaria».

 

Il coinvolgimento delle Prefetture

L’attuazione di tale intervento da parte dei Comuni - puntualizza ancora il Ministero dell’interno - «richiederà la più ampia concertazione e collaborazione tra Sindaco e Prefetto, anche nel più generale quadro delle funzioni attribuite ai Prefetti dall’articolo 4, comma 9, del Dl n. 19/2020 e, da ultimo, dall’articolo 11 del Dpcm 13 ottobre 2020, da esplicare in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, eventualmente esteso anche alla presenza dei responsabili delle suddette strutture sanitarie territoriali»: l’esame collegiale in seno a detto comitato «consentirà di valutare gli aspetti connessi all’individuazione delle aree interessate, anche in relazione alla sostenibilità dell’impegno attuativo e all’estensione temporale della misura. Ciò in quanto, per un principio di proporzionalità e adeguatezza, potrà essere valutata l’opportunità di applicare le restrizioni provvedimentali solo in determinati giorni della settimana, limitandole a quelli caratterizzati da un più intenso afflusso di persone».

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