Civile

Danni da Talidomide, la prescrizione decorre dalla domanda di indennizzo

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, ordinanza n. 2375 depositata oggi, affermando che vanno applicati i medesimi principi affermati in materia di sangue infetto

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di Francesco Machina Grifeo

Al risarcimento per i danni prenatali derivanti dall’assunzione del farmaco Talidomide da parte della madre, si applica lo stesso regime di prescrizione relativo ai danni da emotrasfusione di sangue infetto. Il termine dunque inizia a decorrere dal momento della presentazione della domanda di indennizzo, a meno della dimostrazione, da parte della amministrazione interessata, di una consapevolezza precedente del nesso causale. La Corte di cassazione, ordinanza n. 2375 depositata oggi, ha così accolto il ricorso di un uomo nato focomelico contro la sentenza della Corte di appello che invece aveva dichiarato prescritto il suo diritto al risarcimento del danno.

In primo grado invece il Tribunale, accogliendo la domanda, aveva liquidato circa 320mila euro in suo favore. Il giudice di secondo grado, accogliendo il ricorso del ministero della Salute, invece, ha ritenuto che fosse “inverosimile o estremamente improbabile che nessun pediatra o medico di base” avesse indicato ai familiari – nonché, successivamente, “al medesimo paziente divenuto maggiorenne” – la “possibile causa della sua peculiare infermità”. In considerazione del fatto che tre anni dopo la nascita, il Ministero, con una serie di decreti, aveva ritirato il farmaco dal commercio. Affermando che il “dies a quo” doveva farsi decorrere “dal compimento della maggiore età”.

In questo modo, però, la sentenza impugnata ha formulato “mere ipotesi congetturali, sfornite di qualsivoglia base fattuale” e ha così disatteso il principio secondo cui la prova presuntiva, proprio perché destinata a contraddire un fatto storico obiettivo (la presentazione della domanda di indennizzo), “si deve fondare su fatti certi”, ovvero, “si deve dedurre da questi sulla base di massime d’esperienza o dell’«id quod plerumque accidit»”, non potendo tale presunzione consistere in una congettura, o meglio in “una mera supposizione”.

In altri termini occorre che “il fatto noto dal quale risalire a quello ignoto sia circostanza obiettivamente certa e non mera ipotesi o congettura, pena la violazione del divieto del ricorso alle «praesumptiones de praesumpto»”.

“Il termine di prescrizione del credito risarcitorio relativo ai danni, subiti nella fase di vita prenatale a causa dell’assunzione di farmaci ad effetti teratogeni da parte della gestante – chiarisce la Cassazione affermando un principio di diritto -, decorre, di regola, dalla presentazione della domanda amministrativa di erogazione dell’indennizzo di cui all’art. 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, salvo prova, di cui è onerato il convenuto, da fornirsi anche in via presuntiva, che la consapevolezza, in capo al danneggiato, del nesso causale tra l’assunzione del farmaco e la propria condizione di disabilità e/o menomazione non sia maturata in epoca anteriore”.

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