Danno da deprivazione del rapporto genitoriale e decorrenza del termine di prescrizione
Risarcimento del danno - Patrimoniale e non patrimoniale (danni morali) risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale - Illecito permanente - Decorrenza del termine prescrizionale - Cessazione della permanenza - Determinazione - Condotta positiva o impossibilità non imputabile di porre fine al comportamento omissivo - "Dies a quo" - Individuazione - Condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio - Necessità.
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale, conseguente all'illecito, di natura permanente, di abbandono parentale, decorre solo dalla cessazione della permanenza, che si verifica dal giorno in cui il comportamento abbandonico viene meno, per effetto di una condotta positiva volta all'adempimento dei doveri morali e materiali di genitore, ovvero dal giorno in cui questi dimostri di non essere stato in grado, per causa a lui non imputabile, di porre fine al comportamento omissivo; al fine di individuare il "dies a quo" della prescrizione, peraltro, in ragione della peculiare natura dell'illecito (che provoca nella parte lesa una condizione di sofferenza personale e morale idonea a segnarne il futuro sviluppo psico-fisico e ad incidere sulla sua capacità di percepire la situazione abbandonica) è necessario verificare se la vittima della condotta di abbandono genitoriale sia pervenuta ad una reale condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio.
• Corte di Cassazione, civ., sez. III, sentenza del 13 aprile 2023, n. 9930
Risarcimento del danno - Patrimoniale e non patrimoniale (danni morali) illecito endofamiliare - Violazione dei doveri genitoriali - Natura istantanea o permanente - Configurabilità - Presupposti - Decorrenza del termine prescrizionale - Individuazione - Fondamento - Fattispecie
L'illecito endofamiliare commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole può essere sia istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente dell'agente, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, sia permanente, se detta condotta perdura oltre tale momento e continua a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente per un periodo significativo dalla vita dei figli; ne consegue che la natura dell'illecito incide sul termine di prescrizione che decorre, nel primo caso, dal giorno in cui il terzo provoca il danno e, nel secondo, da quello nel quale, in assenza di impedimenti giuridici all'esercizio dell'azione risarcitoria, l'illecito viene percepito o può essere percepito, come danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, con l'ordinaria diligenza e tenendo una condotta non anomala. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione dei giudici di merito i quali, nel rigettare la domanda risarcitoria rivolta dal figlio verso il padre per i danni cagionati dal protratto disinteresse da questi mostrato nei suoi confronti, avevano qualificato erroneamente l'illecito come "istantaneo ad effetti permanenti" e ritenuto maturata la prescrizione del diritto, facendo decorrere il relativo termine dal momento nel quale si era configurata la condotta di abbandono del genitore, ovvero dalla nascita del figlio, anziché da quello in cui il medesimo figlio ne aveva percepito l'intrinseca ingiustizia).
• Corte di Cassazione, sez. III, civ., ordinanza 10 giugno 2020 n. 11097
Risarcimento del danno - Patrimoniale e non patrimoniale (danni morali) - Disinteresse del genitore verso la prole naturale - Violazione degli obblighi genitoriali e lesione dei diritti della prole nascenti dal rapporto di filiazione - Configurabilità - Azione di risarcimento del danno non patrimoniale - Ammissibilità - Fondamento.
Il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di una figlia naturale integra la violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione - oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento - un elevato grado di riconoscimento e tutela, sicché tale condotta è suscettibile di integrare gli estremi dell'illecito civile e legittima l'esercizio, ai sensi dell'art. 2059 cod. civ., di un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole.
• Corte di Cassazione, sez. VI, civ., sentenza 16 febbraio 2015 n. 3079
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