Famiglia

Divorzio: a rischio l'assegno ai figli disoccupati, ci sono gli strumenti di sostegno al reddito

Lo ha stabilito la prima Sezione civile della Suprema corte, ordinanza 29264 depositata oggi, accogliendo il ricorso di un padre nei confronti della figlia trentenne, a sua volta madre

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di Francesco Machina Grifeo

Il reddito di cittadinanza potrebbe entrare nelle cause di divorzio sollevando i genitori dal pagamento dell'assegno di mantenimento ai figli ormai largamente maggiorenni ma comunque perennemente disoccupati. Per la Prima Sezione civile della Cassazione, ordinanza 29264 depositata oggi, che ha accolto il ricorso di un padre (in amministrazione di sostegno), la figlia trentenne (a sua volta madre, benché ancora residente nella casa familiare, così come il padre del bambino) "deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito".

Benché dunque la Corte non nomini esplicitamente la misura introdotta dal governo "giallo verde" col decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, sembra fare ad essa riferimento. Del resto, l'Inps qualifica il RdC come misura sostegno di economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all'inclusione sociale (ma nel caso specifico, per esempio, ci sarebbe anche il "bonus bebè").

La ragazza, ventiduenne al momento del divorzio, e munita di semplice licenzia media, nei passati sette anni aveva iniziato e poi abbandonato un corso di estetista, aveva lavorato in nero presso l'impresa di pulizie dei nonni materni e poi nell'esercizio commerciale della madre, con compensi settimanali di 50,00 euro. Neppure il compagno pizzaiolo era in grado di far fronte al menage, tant'è che era rimasto a casa dei suoi genitori.

Per i giudici, il figlio di genitori divorziati, "che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre".

Né può continuare a trincerarsi, come invece riconosciuto dalla Corte di appello di Napoli che aveva confermato l'assegno, dietro "considerazioni di ordine sociologico, a proposito delle condizioni nel mercato del lavoro del meridione d'Italia", che si rivelano del tutto insufficienti "nel motivare la persistenza di un obbligo di mantenimento da parte del genitore", peraltro sottoposto ad amministrazione di sostegno per disabilità. Tali condizioni, prosegue la decisione, "sarebbero indicative, semmai, della necessità della figlia di far ricorso, con un minimo di responsabilità, agli strumenti di sostegno sociale, in aggiunta alla dedotta condizione di persona non stabilmente occupata in un'attività di lavoro".

Qui la Cassazione indica nuovamente alla giovane donna di perseguire una strada autonoma anche attraverso i sussidi messi a disposizione dallo Stato per i giovani nelle sue medesime condizioni. Diversamente, aggiunge, "un atteggiamento inerziale da questo punto di vista non può essere – neppure astrattamente - riversato sulla persistenza di un diritto al mantenimento di durata indeterminata". Resta ferma invece "l'obbligazione alimentare, da azionarsi nell'ambito familiare per supplire a ogni più essenziale esigenza di vita dell'individuo bisognoso".

Fino ad oggi dunque la Cassazione aveva elaborato il principio secondo il quale, in caso di figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l'esclusione del diritto al mantenimento, che debbono costituire oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: (a) dall'età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento; (b) dall'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro.

A cui, d'ora in poi, sembra di poter aggiungere un terzo punto (c), l'essersi attivato per chiedere le prestazioni sociali o comunque di sostegno al reddito messe in campo dallo Stato.

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