Civile

“Eredità digitale”, a che punto siamo? Il decalogo del Notariato

Le password e le indicazioni su cosa fare in caso di decesso si possono affidare a una persona di fiducia attraverso il mandato post mortem o tramite testamento.

di Francesco Machina Grifeo

Cosa accade della nostra “identità digitale”, quella che abbiamo costruito per esempio sui social o sui siti web e blog, al momento della dipartita. A chiarire alcuni passaggi è il decalogo dell’ “eredità digitale” stilato dal Consiglio Nazionale del Notariato che tiene conto ultime novità normative.

“Le moderne tecnologie – si legge nello Studio n. 1 -, sovrapponendo il mondo reale a quello virtuale, hanno progressivamente e nel tempo generato una forma di identità parallela rispetto a quella tradizionalmente conosciuta, e che ne è – per certi versi – un derivato: l’identità digitale”. Ma mettono in guardia i notai “se si tenta di concepire la morte digitale come fatto naturalistico, sovrapponibile a quanto accade in rerum natura, si rischia di essere fuorviati”.

Il quadro giuridico resta incerto: in Italia come in Europa, non c’è una legislazione specifica. E allora il testamento, allo stato attuale, resta lo strumento più adatto alla gestione e alla disposizione di entità e sostanze, anche digitali. In assenza di valide disposizioni, infatti, la sorte dei beni digitali “sarebbe retta dalle regole della successione legittima, il che – prosegue lo Studio - potrebbe forse significare di dover affidare ad un’azione giudiziaria (condotta secondo la legge regolatrice del rapporto) la possibilità di accesso, recupero, sfruttamento e/o distruzione di dati personali riguardanti una persona defunta nell’esercizio di un interesse (meritevole) proprio o del de cuius stesso”. È importante, quindi, raccomanda il Notariato, pianificare il passaggio dell’eredità digitale.

La disposizione attorno cui attualmente ruota il sistema di tutela post mortem e dell’accesso ai dati è l’articolo 2-terdecies Dlgs 10 agosto 2018 n. 101, rubricato “Diritti riguardanti le persone decedute”. Vi si stabilisce (al comma 1) che tali diritti possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione. Il Legislatore nazionale non prende invece posizione sulla vicenda acquisitiva dei diritti, e non chiarisce se si tratti di un acquisto mortis causa o di una legittimazione iure proprio, ma si limita a prevedere la “persistenza” dei diritti di contenuto digitale oltre la vita della persona fisica, che si concretano nei diritti di accesso (art. 15), di rettifica e cancellazione (artt. 16 e 17), di limitazione di trattamento (art. 18), di opposizione (art. 21), di portabilità dei dati (art. 20).

Ma da cosa è composta l’eredità digitale? È un insieme di risorse offline e online. Della prima categoria fanno parte i file, i software e i documenti informatici creati o acquistati dalla persona defunta, ma anche nomi a dominio associati a siti internet. Le risorse online invece ricomprendono i vari tipi di account, siano essi di posta elettronica, di social network, account di natura finanziaria, di e-commerce o di pagamento elettronico. Anche le criptovalute (ad esempio Bitcoin, Ethereum, Tether, Litecoin, Monero, Ripple, Stellar ecc.) fanno parte dell’eredità digitale, data la loro natura di beni digitali.

Sono esclusi dalla successione i beni digitali piratati, i contenuti concessi in licenza (ad esempio tutti quelli per cui si paga un canone, come il pacchetto Office365, Netflix, Spotify ecc.), gli account di firma elettronica (ovvero quelli forniti da Aruba, Namirial, Infocert ecc.) e gli account di identità digitale (SPID fornito da PosteItaliane, Aruba, Infocert, Namirial ecc.). Attenzione anche ai dati nella disponibilità del defunto, ma che appartengono a terzi, come datori di lavoro o clienti, perché di regola vanno loro restituiti.

Neppure le password rientrano nella eredità digitale e affidarle a qualcuno non significa attribuire automaticamente le risorse cui esse danno accesso. Questo non vuol dire però che non si possa affidare ad una persona di fiducia le credenziali d’accesso, con istruzioni chiare su cosa fare in caso di decesso, come ad esempio distruggere i dati in tutto o in parte, o consegnarli a soggetti opportunamente indicati. Il mandato post mortem è ammesso dal nostro diritto per dati e risorse digitali con valore affettivo, familiare e morale.

Ecco il decalogo in pillole:

1. Non esiste una legislazione specifica, quindi è importante pianificare il passaggio dell’eredità digitale.
2
. Le password non fanno parte dell’eredità digitale, ma sono chiavi di accesso che vanno custodite ed aggiornate.
3. Le password e le indicazioni su cosa fare in caso di decesso si possono affidare a una persona di fiducia attraverso il mandato post mortem o tramite testamento.
4. Affidare la password a qualcuno non vuol dire attribuire la risorsa cui essa dà accesso.
5. Sono esclusi dalla successione i beni piratati, quelli concessi in licenza, gli account di firma elettronica e quelli dell’identità digitale.
6. Le criptovalute sono beni digitali con valore economico.
7. Un conto online è l’estensione virtuale di un conto reale, e gli eredi possono quindi reclamare quanto spetta loro attraverso i canali tradizionali.
8. Spesso le società che danno accesso ai servizi online risiedono all’estero, quindi si rischiano controversie internazionali se non si esprimono disposizioni sull’eredità digitale.
9. Alcuni servizi permettono di indicare un “contatto erede”, altri invece in caso di morte prevedono l’eliminazione di tutti i dati.
10. In caso di dubbio, affidatevi al vostro notaio di fiducia.

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