Civile

Esenzione Ici prima casa, alla Consulta il requisito della dimora abituale dei “familiari”

La Corte di cassazione a Sezioni unite ha rimesso la questione dopo la sentenza n. 209/2022 della Corte costituzionale che aveva eliminato il riferimento al “nucleo familiare” per l’Imu

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di Francesco Machina Grifeo

Ai fini del godimento dell’agevolazione prima casa, il requisito della dimora abituale non solo del proprietario ma anche dei suoi familiari, già abrogato dalla Corte costituzionale nel 2022 per quanto concerne l’Imu, torna davanti al giudice delle leggi per l’Ici. La questione di costituzionalità è stata posta dalle Sezioni unite, ordinanza n. 26774/2024 (e 26776/2024) chiamate a decidere una controversia relativa a tre avvisi di accertamento Ici per il 2009, 2010 e 2011, con i quali il comune di Desenzano aveva disconosciuto il diritto di una donna a beneficiare dell’agevolazione per un appartamento di cui era comproprietaria al 50% con il coniuge, non legalmente separato, che aveva trasferito la propria residenza, che si presumeva quindi costituire sua dimora abituale, in diverso comune.

La questione posta dalla Sezione tributaria è al Massimo consesso è dunque quella se, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 209/2022 in tema di IMU, possa ritenersi giuridicamente corretta e costituzionalmente orientata l’interpretazione dell’articolo 8, comma 2, del Dlgs n. 504/1992, (come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b), della l. n. 296/2006), nel senso che l’agevolazione debba essere riconosciuta anche nel caso di abitazione principale «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente senza i suoi familiari. In tale decisione, la Consulta aveva infatti stabilito che l’esenzione spetta sempre al possessore che vi risieda e dimori abitualmente indipendentemente dal nucleo familiare; la soluzione contraria determinava una discriminazione rispetto ai conviventi di fatto, che, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun immobile, il beneficio.

Per le Sezioni Unite tuttavia non si può procedere alla “interpretazione” richiesta in quanto le norme fiscali di agevolazione sono norme di “stretta interpretazione”. Se dunque si traportassero i principi affermati dalla Consulta in tema di esenzione IMU, alla diversa norma in tema di ICI, si “finirebbe con il travalicare la lettera della norma”, secondo la quale invece l’abitazione principale si identifica in quella nella quale il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente, presumendosi tale, salvo prova contraria, quella della residenza anagrafica.

Se questo è vero, prosegue l’ordinanza, non può tuttavia non dubitarsi della legittimità delle citate norme. L’ICI, d’altronde, al pari dell’IMU, è imposta “reale”, rendendo irragionevole il rilievo accordato alle «relazioni del soggetto con il nucleo familiare», laddove dovrebbe attribuirsi rilievo solo ad elementi come «la natura, la destinazione o lo stato dell’immobile» (come fatto dalla Consulta per l’Imu). La norma, del resto, suscita dubbi di legittimità costituzionale anche in relazione all’articolo 29 Cost., discriminando in modo arbitrario non solo la persona unita in matrimonio rispetto a quella non coniugata, ma soprattutto, riservando un diverso trattamento tra i coniugi che convivono e quelli non conviventi, nonché in relazione all’articolo 31 Cost.

Per tutte queste ragioni le Sezioni Unite, visti gli articoli 134 Cost. e 23 della l. n. 87/1953, hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8, comma 2, del Dlgs 30 dicembre 1992 n. 504, come modificato dall’articolo 1 comma 173, lett. b) della l. 27 dicembre 2006, n. 296, per contrasto con gli articoli 3, 29, 31 e 53, primo comma Cost., nella parte in cui, nel subordinare il godimento da parte del soggetto passivo dell’agevolazione all’essere l’immobile adibito ad abitazione principale «intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica», stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari, dimorano abitualmente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà usufrutto o altro diritto reale, dimora abitualmente».

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