Famiglia

Foto di minori sulla “piazza virtuale” dei social? È atto di straordinaria amministrazione

Il Garante privacy si allinea alla giurisprudenza di merito che da anni considera, in tale ambito, il consenso di entrambi i genitori come necessario ed elemento imprescindibile

Conceptual photo of communication

di Elisa Chizzola

Il Garante privacy è recentemente tornato sul tema della pubblicazione di fotografie di minori sui social network da parte dei genitori ed ha evidenziato come la diffusione di immagini e video di minori di quattordici anni, ritraenti i figli, rappresenti un atto di straordinaria amministrazione e, come tale, richieda l’accordo di entrambi i genitori.

Statuendo tale principio, il Garante privacy si allinea alla giurisprudenza di merito che da anni considera, in tale ambito, il consenso di entrambi i genitori come necessario ed elemento imprescindibile.

Il caso

Con un provvedimento di metà novembre scorso, il Garante per la protezione dei dati personali ha ammonito un padre in esito ad un procedimento che si era aperto a seguito di un reclamo della madre, la quale lamentava la pubblicazione di una foto del figlio, minore di quattordici anni, da parte del padre sul profilo Facebook di quest’ultimo. La donna, ritenendo la foto in questione lesiva della riservatezza e della reputazione del figlio, aveva chiesto all’uomo la rimozione dell’immagine, senza ottenere risultato.

Ecco che, con riferimento a questa fattispecie concreta, il Garante ha ribadito un concetto importante: per postare sui social network immagini e fotografie ritraenti soggetti minori di quattordici anni è necessario il preventivo ed esplicito consenso di entrambi i genitori, ai sensi dell’art. 320 Codice civile. L’attività di pubblicazione di fotografie di figli (sotto i quattordici anni) viene espressamente descritta come “atto che eccede l’ordinaria amministrazione” avente ad oggetto il trattamento di dati personali, rientrante, quindi, negli atti di straordinaria amministrazione comportante la necessità di un comune accordo tra i genitori medesimi (sul punto si veda il Tribunale di Rieti, 15 ottobre 2022, n. 443).

Il consenso di entrambi gli esercenti la responsabilità genitoriale è richiesto anche laddove ai genitori, benché non più conviventi, sia stato riconosciuto l’affidamento condiviso della prole.

Ricordiamo, che se il minore ha compiuto quattordici anni la normativa italiana gli riconosce la facoltà di decidere autonomamente sulla pubblicazione.

Nello specifico, ha concluso il Garante, la pubblicazione della foto del minore di quattordici anni sulla “piazza virtuale” dei social senza il consenso di entrambi i genitori è da considerarsi illecita. In particolare, la pubblicazione di immagini di minori in rete – costituendo quest’ultima una “piazza telematica” aperta a tutti ed idonea a diffondere i contenuti in essa condivisi – configura un’attività suscettibile di poter ledere gli interessi dei minori, tanto da esonerare la necessità di valutazione del concreto pericolo, nel momento in cui il materiale, appunto, è inserito entro un frequentatissimo social network.

L’Autorità ha perciò ammonito il padre, tenendo conto del fatto che non avesse precedenti analoghi, ed ha disposto il divieto di pubblicazione dell’immagine del figlio senza il consenso di entrambi i genitori. Inoltre, il padre è tenuto a comunicare, entro 30 giorni dalla data di ricezione del provvedimento, quali iniziative abbia intrapreso per adempiere alle prescrizioni del Garante.

Non solo. La pubblicazione sul social network da parte del padre della foto del minore, a fronte del dissenso esplicito della madre, ad avviso del Garante privacy, integra la violazione dell’articolo 10 del Codice civile (rubricato “Abuso dell’immagine altrui”), della normativa in materia di protezione dei dati personali e della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, costituendo altresì grave comportamento pregiudizievole all’interesse del minore, espressione di carenza di capacità genitoriale del padre medesimo (Tribunale di Trani, Ordinanza, 30 agosto 2021; Tribunale di Mantova 19 settembre 2017).

Il ragionamento giuridico seguito dal Garante privacy si conforma a pieno, quindi, con l’orientamento della giurisprudenza di merito in tale ambito come si vedrà di seguito.

Il Garante privacy disincentiva lo “sharenting”

Il Garante per la protezione dei dati personali ha da sempre ribadito la necessità di proteggere, con un alto livello di tutela e garanzia, l’immagine del minore, in quanto “dato personale” particolarmente delicato.

La divulgazione di immagini di minori sul web è intrinsecamente pregiudizievole per la personalità dei soggetti minori, in ragione delle caratteristiche insite nella rete.

In questo ambito, l’Autorità di controllo ha da tempo diffuso un’interessante informativa riguardante il fenomeno dello “sharenting”, termine con cui si indica la condivisione online costante da parte dei genitori di contenuti che riguardano i propri figli/e (foto, video, ecografie, storie). Tale nuova parola rappresenta un neologismo, coniato negli Stati Uniti, e deriva dalle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità).

Su questa linea, il Garante privacy ha da sempre caldamente suggerito ai genitori di non pubblicare video e foto dei propri figli e, in generale, di bambini su canali web e su social network.

Eventualmente, nel caso in cui madri, padri ed adulti in generale non riuscissero a far a meno di allinearsi alla tendenza ormai diffusissima di pubblicare immagini di bambini e ragazzi, il Garante privacy consiglia di utilizzare almeno alcune accortezze, come:

  • rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online);
  • coprire semplicemente i volti con una “faccinaemoticon;
  • limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono.

Infatti, partendo dalla considerazione che la pubblicazione delle foto/video attraverso internet ed i social network implica sostanzialmente una perdita di controllo” dell’immagine, la diffusione di tali contenuti rappresenta un comportamento rischioso e presenta criticità almeno sotto due profili.

Innanzitutto, la pubblicazione di foto/video, anche se apparentemente innocua, potrebbe rivelarsi potenzialmente dannosa in quanto le immagini dei minori pubblicate on line potrebbero finire nelle mani di malintenzionati.

In secondo luogo, la tendenza a rendere pubblico il privato e la consueta condivisione del quotidiano portano le persone a mettersi a nudo in rete, rivelando informazioni anche strettamente personali che potrebbe ledere l’immagine, la dignità e la personalità della persona ritratta, in questo caso del minore, soggetto che peraltro potrebbe non essere d’accordo alla pubblicazione stessa.

In aumento i contenziosi tra genitori in disaccordo

Negli ultimi anni sono in aumento i contenziosi che approdano in Tribunale e che affrontano il delicato e attuale tema della protezione dei diritti della personalità del minore nello spazio virtuale, quando il minore stesso non è d’accordo alla pubblicazione di sue immagini attraverso i canali dei genitori oppure a non essere d’accordo con tale pratica è l’altro genitore, vale a dire l’altro soggetto che esercita la responsabilità genitoriale sul minore stesso, come nel caso, appunto, descritto in apertura dell’intervento.

Considerata la delicatezza, in ragione dei rischi suddetti per l’integrità personale del minore, della decisione di postare foto e diffondere informazioni relative ai figli in rete, la giurisprudenza di merito ha da anni considerato necessario ed elemento imprescindibile il consenso di entrambi i genitori ai fini della pubblicazione delle immagini relative ai figli, escludendo che tale consenso possa desumersi, implicitamente, dal fatto che l’altro genitore (vale a dire, il genitore che non pubblica) abbia la possibilità di visionare i profili social del consorte e quindi di essere a conoscenza delle condivisioni effettuate in rete. Come visto, la necessità del consenso di entrambi i genitori è oggi stato stigmatizzato anche dal Garante privacy stesso con il provvedimento analizzato in premessa.

Infatti, accanto a decisioni che ciascun genitore può assumere disgiuntamente in via autonoma nell’interesse della prole, l’accordo di entrambi è previsto dall’ordinamento giuridico per un nucleo di situazioni, in ragione della particolare rilevanza e potenziale pericolosità per il minore, tra cui viene ricompresa la pratica della divulgazione delle foto dei figli in rete in esame, in virtù dei rischi insiti e connessi al web.

In particolare, la giurisprudenza di merito (tra cui Tribunale di Trani 30 agosto 2021, Tribunale di Roma, 23 dicembre 2017, Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017) sul punto ha ritenuto che l’inserimento delle foto dei figli minori sui social network, in mancanza di consenso di entrambi i genitori, integri la violazione dell’articolo 10 del Codice civile, concernente la tutela dell’immagine, nonché della normativa in materia di protezione dei dati personali e, sotto il profilo delle fonti sovranazionali, degli artt. 1 e 16 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 (ratificata in Italia con Legge 27 marzo 1991, n. 176).

Secondo il ragionamento dei Giudici, quindi, quando sono i genitori a divulgare le immagini e i dati dei loro figli su internet, esponendoli alle ingerenze di terzi e a rischi concreti per la loro persona, la sfera privata dei minori, la loro riservatezza e la loro identità personale sono violate dagli stessi soggetti chiamati a proteggerli e a rivestire un ruolo fondamentale nella loro educazione.

I Giudici affermano a chiare lettere che “l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini (…)” o possono trarne materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di Polizia.” (Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017).

Tra i pericoli insiti in un utilizzo non consapevole e poco accorto del web, occorre infatti ricordare il crescente fenomeno del cybercrime a sfondo sessuale, con il rischio per il fanciullo di rimanere vittima di reati di sfruttamento sessuale.

Non solo. È anche successo che l’esposizione della vita privata del minore sui social abbia alimentato episodi di cyberbullismo tra i giovani.

La pericolosità intrinseca e fisiologica dei nuovi media è data dalla globalizzazione della rete, che, come ribadito dalla giurisprudenza, consente agli utenti con estrema rapidità e facilità di entrare in contatto con chiunque, in qualsiasi parte del pianeta, anche attraverso immagini e conversazioni istantanee.

Con i nuovi strumenti tecnologici, il cui utilizzo è in esponenziale e costante aumento, è possibile condividere dati e informazioni con un pubblico numericamente indeterminato e per un tempo non definibile, tendenzialmente infinito.

È evidente come, in un contesto così complesso e potenzialmente ad altissima rischiosità, se non ci si adegua ad un utilizzo responsabile dei social e dei mezzi di informazione, i minori potrebbero veder compromessa non solo la loro riservatezza, ma anche il pieno e sano sviluppo della loro personalità, nonché della loro integrità psico-fisica.

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