Civile

I prodotti del tabacco di nuova generazione al vaglio del Giurì

Il caso sottoposto al Giurì riguarda la presunta violazione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale in merito ad alcune comunicazioni pubblicitarie di un prodotto scalda tabacco

di Giulia Iozzia *


Il caso sottoposto al Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria. Il 16 luglio 2020, il Comitato di Controllo dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha emesso un'ingiunzione di desistenza nei confronti di alcune comunicazioni commerciali relative ad un prodotto scalda tabacco (costituito da un dispositivo elettronico e da stick di tabacco, ove solo il primo è raffigurato nelle comunicazioni in questione), sostenendo che le stesse fossero in violazione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale (di seguito, il "Codice") e segnatamente degli Articoli 1 (Lealtà della comunicazione commerciale) e 11 (Bambini e adolescenti).

Il punto di interesse risiede nella valutazione di applicabilità (o meno) dell'Articolo 1 del Codice, che costituisce il raccordo tra disciplina autodisciplinare e statale (ponendosi in violazione dell'Articolo 1 una comunicazione commerciale che viola una norma statale). Per una conclusione in senso positivo è necessaria (i) l'individuazione di un divieto statale di pubblicizzare il prodotto in questione oppure, secondo la posizione del Comitato di Controllo, (ii) la qualificazione di tale Articolo come fonte autonoma di divieti.

Con decisione del 29 settembre 2020, n. 41/2020, il Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria si discosta dall'ingiunzione del Comitato di Controllo, ritenendo che non vi sia alcuna violazione di normative statali, in quanto "[…] è pacifico che il prodotto reclamizzato non rientri nella categoria dei prodotti da fumo rispetto ai quali vige da tempo il divieto legale di promozione pubblicitaria" e che, in ossequio al principio di legalità, non si possano creare nuovi divieti in virtù di una generica esigenza di tutela dei consumatori. Pertanto, viene esclusa la violazione dell'Articolo 1 del Codice e, successivamente, anche dell'Articolo 11 (non essendovi elementi sufficienti a supporto di un pregiudizio ai minori).

Al fine di comprendere la ratio e rilevanza della decisione del Giurì (per quanto riferita, naturalmente, al sistema autodisciplinare), è utile un breve inquadramento normativo della pubblicità dei prodotti del tabacco, rectius a base di nicotina.

Excursus normativo
1. Legge 165/1962. Come accennato, con questa legge è stato introdotto in Italia il divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da fumo. L'applicazione giurisprudenziale ha portato ad un'interpretazione estensiva del concetto di "propaganda pubblicitaria" (cfr. ex multis, la decisione della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 10508/1995), idoneo a racchiudere qualsiasi forma di comunicazione che abbia l'intento o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere il consumo di prodotti da fumo (ivi inclusi, a titolo esemplificativo, i casi di pubblicità c.d. "indiretta", quali sponsorizzazione e merchandising).

2. La Direttiva 2003/33/CE (recepita dal D.Lgs. 300/2004). Con l'intervento europeo la pubblicità dei prodotti del tabacco viene vietata

(a) attraverso la stampa e le altre pubblicazioni stampate;

(b) nelle trasmissioni radiofoniche;

(c) e nei servizi della società dell'informazione. Il divieto di comunicazioni commerciali relative ai prodotti del tabacco nei servizi media audiovisivi è stato invece disciplinato dalla Direttiva 2010/13/UE (recepita dal D.lgs. 177/2005).

3. I "prodotti del tabacco di nuova generazione" e le sigarette elettroniche della Direttiva 2014/40/UE (recepita dal D.Lgs. 6/2016). La disciplina applicabile alla pubblicità diretta ed indiretta delle sigarette elettroniche (e delle relative ricariche contenenti nicotina) è delineata dall'art. 21 del D.Lgs. 6/2016, che, al comma 10, stabilisce divieti pubblicitari assimilabili a quelli previsti dal D.Lgs. 300/2004. Difatti, nonostante l'inquadramento iniziale del legislatore italiano fosse improntato ad un favor per questi nuovi dispositivi (secondo alcuni meno dannosi dei prodotti da fumo in quanto privi del processo di combustione), consentendone la pubblicità alle condizioni di cui all'art. 51 della Legge n. 3/2003, il legislatore comunitario stabilisce chiaramente che, in virtù del principio di precauzione, non vi è spazio per un trattamento differenziato (cfr., ex multis, Corte di Giustizia UE sez. I, 22/11/2018, n. 151, punto 38).

Discorso diverso merita la categoria dei "prodotti del tabacco di nuova generazione" (in cui si inquadra il dispositivo scalda tabacco oggetto di decisione da parte del Giurì), che, ai sensi dell'Articolo 2, lett.p) del D.Lgs. 6/2016, si riferisce ad un'ampia gamma di prodotti che soddisfino congiuntamente due condizioni: 1) non rientrare nelle categorie seguenti: sigarette, tabacco da arrotolare, tabacco da pipa, tabacco per pipa ad acqua, sigari, sigaretti, tabacco da masticare, tabacco da fiuto o tabacco per uso orale; 2) essere immessi sul mercato dopo il 19 maggio 2014.

Il D.Lgs. 6/2016 non contiene disposizioni in merito alla pubblicità di tali prodotti (a differenza di quanto previsto per le sigarette elettroniche), ma si limita a regolare, all'art. 20, la loro procedura di notifica al Ministero della Salute. Nel corso degli ultimi anni ed anche di recente, non sono pertanto mancate richieste, soprattutto da parte delle associazioni dei consumatori, di estensione del divieto pubblicitario chiaramente sancito per le sigarette elettroniche anche ai prodotti del tabacco di nuova generazione. Ad esempio, su esortazione dell'Unione Nazionale Consumatori, il Ministero della Salute, a gennaio 2020, ha emanato una nota che include, inter alia, un invito al vertice politico ad un'equiparazione normativa tra sigarette tradizionali, sigarette elettroniche e prodotti del tabacco di nuova generazione.

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*Orsingher Ortu - Avvocati Associati

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