Nel difficile percorso di transizione digitale del processo penale, la Suprema Corte è stata di recente chiamata a pronunciarsi su alcune questioni attinenti al deposito telematico degli atti del procedimento da parte del pubblico ministero: se nessun dubbio il giudice nomofilattico ha manifestato nell'escludere la possibilità per la parte pubblica di depositare le impugnazioni a mezzo Pec, più controversa è la questione sulle conseguenze dell'atto, in caso di malfunzionamento dei sistemi informatici (abnormità o meno), con cui erroneamente il giudice entra nel sindacarne le cause.
Con le due recenti pronunce nn. 2815 e 3824 del 2025, la Suprema corte ha delineato l'ambito di applicazione del deposito degli atti da parte del Pm con modalità telematiche e non (quindi cartaceo e a mezzo Pec), dettando delle soluzioni interpretative che, se da un lato confermano l'impossibilità per la parte pubblica di depositare col canale Pec, dall'altro mostra incertezze nel vaglio, da parte del giudice penale, delle cause del malfunzionamento dei sistemi informatici.
Il pubblico ministero non può depositare l'atto di impugnazione a mezzo Pec: inammissibilità
Il caso portato all'attenzione...
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di Gualtiero Roveda, Avvocato, giornalista pubblicista e Andrea Sirotti Gaudenzi - Membro del Senato Accademico dell'Accademia Universitaria degli Studi Giuridici Europei