Civile

Il docente che dà ripetizione ai suoi studenti può incappare in sanzioni come la censura

Il dirigente scolastico non può infliggere la sospensione

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di Giampaolo Piagnerelli

Andare a ripetizioni dallo stesso insegnante scolastico può costare caro al docente e legittimare la censura. Lo precisa la Cassazione con l'ordinanza n. 27581/20.

La Corte d'appello di Brescia ha dichiarato l'illegittimità della sospensione di un giorno inflitta a un'insegnate alla quale era stato contestato di aver chiesto a una delle proprie studentesse di smentire, col dirigente scolastico, la circostanza di tenere lezioni private ad alunni ove la stessa prestava servizio.

La Corte d'appello ha rilevato che l'articolo 492 del Dlgs 297/1994 prevede che la durata massima della sospensione dall'insegnamento possa raggiungere i 30 giorni e questo fa sì che lo stop anche di un solo giorno non possa annoverarsi fra le sanzioni cosiddette "minori" affidate al potere disciplinare del dirigente scolastico.

Il ministero dell'Istruzione nel contestare integralmente la decisione dei giudici di appello ha anche sottolineato come sia stato erroneamente ritenuto soddisfatto l'obbligo di pubblicità del codice regolamentare, pur in assenza di affissione.

Ma la Cassazione, ha ritenuto che i giudici di secondo grado abbiano dato corretta applicazione al principio di diritto secondo cui "nel rapporto di lavoro degli insegnanti nella scuola pubblica, ai fini dell'osservanza dell'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori che prescrive l'affissione delle norme disciplinari vigenti all'interno dell'impresa per rendere conoscibili a tutti i lavoratori, le fattispecie di illecito e le relative sanzioni, il tutto applicabile al rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti per il combinato disposto dagli articoli 55 e 59 del Dlgs 29/1993 – deve ritenersi che, tanto i comportamenti per i quali è prevista la sanzione espulsiva, quanto per quelli per i quali è prevista la sanzione confermativa, l'affissione non sia necessaria ove il comportamento vietato e la sanzione applicabile siano previsti da disposizioni contenute in fonte normativa avente forza di legge, come tale ufficialmente conosciuta dalla generalità".

Il ricorso del Miur viene dunque respinto in funzione del verdetto della Cassazione che conferma la misura sanzionatoria della censura e non della sospensione. L'appello, poi, è bocciato anche sotto il profilo dell'assenza nella scuola di un codice regolamentare visto che l'irregolarità commessa è ampliamente prevista dalla normativa di settore e che, quindi, l'affisione profilerebbe un bis in idem.

dal monento che nonsttrante la macata pubblicaziok e affissioe fosse il regolamento disciplinare nella scuola che potesse costituire un deterrente per il personale scolastico a intraprendere azioni poi variamente sanzionate.

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