Il marito deve il mantenimento alla ex anche in base alla "redditività" delle quote societarie che detiene
La distinzione tra società giuridica e persona fisica non impedisce di imputare a quest'ultima come reddito gli utili non distribuiti
Il coniuge separato obbligato a versare l'assegno di mantenimento all'ex non può pretendere l'esclusione dai propri redditi degli utili non distribuiti della società di cui è socio. Quindi i risultati positivi realizzati dalla società, anche se non distribuiti come dividendi, rientrano legittimamente nella valutazione comparativa che fa il giudice della separazione chiamato a fissare l'obbligo di corrispondere il mantenimento all'altro coniuge e a stabilirne l'esatta entità. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 6103/2022.
Nel caso concreto il giudice civile aveva attribuito come fonte di reddito al ricorrente, obbligato al mantenimento, gli utili non distribuiti di società da lui interamente possedute, come risorse di cui effettivamente disponeva ai fini della quantificazione monetaria del suo obbligo. In appello il giudice aveva ridotto il mantenimento, ma il ricorrente pretendeva che i risultati positivi delle "proprie" società non fossero presi in considerazione in quanto materialmente non erano transitati nelle proprie tasche.
La qualità di socio unico rende ancor più incontrovertibile il giudizio di merito sul punto, ora confermato in sede di legittimità: l'imputazione alla persona fisica del socio degli utili non distribuiti dalla persona giuridica sono a egli riferibili come fonte dei propri redditi.
Per cui non sbaglia - secondo la Suprema corte - il giudice che, nell'accertamento delle condizioni economiche dei due coniugi, tenga conto anche di tale voce reddituale nella comparazione delle rispettive situazioni in cui si trovano gli ex.