Il Patto per l'Avvocatura boccia la riforma Cartabia: la riduzione dei tempi non può diventare il criterio unico
"La difesa dei diritti non può essere sacrificata sull'altare dell'efficientismo e delle sanzioni indiscriminate"
Il "Patto per l'Avvocatura", la nuova iniziativa che raccoglie diverse associazioni forensi, in vista del Congresso straordinario del 23 e 24 luglio prossimi, esprime "profonda e meditata contrarietà rispetto all'impianto generale della riforma della giustizia civile, che emerge dagli emendamenti governativi al Ddl AS 1662".
"Il manifestato intento di ottenere la riduzione dei tempi processuali nell'ordine del 40%, secondo quanto previsto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – si legge in una nota -, sembra aver acquisito definitivamente la natura di parametro unico (e incontestabile) di valutazione dell'attività normativa in fieri, lasciando nelle retrovie il principio costituzionale della piena difesa dei diritti".
Per i legali però "professare esclusivamente il dogma della celerità dei giudizi significa venir meno a uno dei doveri fondamentali che reggono gli ordinamenti democratici: garantire l'effettività della Giurisdizione per tutti i cittadini".
Per questa ragione, e nonostante "l'apprezzabile" rafforzamento degli incentivi per gli strumenti di giustizia complementare, il Patto ritiene che non possano essere condivise molte delle proposte governative. Esse infatti, "ripercorrendo una tecnica legislativa non più accettabile, denotano l'evidente finalità di disseminare, ovunque nel giudizio, inutili barriere all'esercizio della difesa soltanto per le parti e i loro avvocati, ben guardandosi dal prevedere termini perentori per i magistrati".
"In questo quadro di consapevole e chirurgica devitalizzazione dell'anima stessa del processo – proseguono gli avvocati -, risulta addirittura aberrante l'intenzione di ampliare l'ambito di applicazione dell'art. 96 c.p.c., imponendo significative sanzioni economiche a chi abbia avuto perfino l'ardire di resistere in giudizio ‘senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell'infondatezza della propria posizione': siamo ormai al vero e proprio processo alle intenzioni, di per sé intollerabile - diremmo: inconcepibile - in uno Stato di diritto".
"Se queste sono le fondamenta della riforma in atto – concludono -, va da sé che l'Avvocatura - mai coinvolta nei tavoli della discussione - non potrà rimanere inerte di fronte allo smantellamento scientifico del giudizio civile in nome della celerità fine a se stessa: l'obiettivo delle istituzioni non dev'essere perseguire - ad ogni costo - la causa "veloce", ma garantire sempre la causa "giusta".