Famiglia

Il peso della Pas va oltre la validità scientifica

Il superamento definitivo di ogni incertezza interpretativa in ordine alla gravità di un comportamento genitoriale lo si deve alla sentenza della prima sezione civile della Cassazione la n. 6919/2016

di Giorgio Vaccaro

Il tema della difficoltà a consentire l’accesso del figlio comune all’altro genitore è, in buona sostanza, il punto dirimente della competenza genitoriale; questo perché la legge vigente assicura al figlio - all’articolo 337 ter 1° comma del codice civile - «il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione istruzione ed assistenza morale da entrambi». Il fare genitoriale che sia di impedimento a questo vero e proprio diritto, non può che essere contrastato dal giudice, nell’interesse di quel figlio minore. La psicologia giuridica ha, da sempre ed in questi anni maggiormente, trattato della difficoltà di “accettare” il diverso “sentirsi” una volta cessato il legame con l’altro, con la conseguente necessità di archiviare quel “rapporto” pur mantenendo, con l’ex partner, un legame “genitoriale” nell’interesse del figlio comune. Le difficoltà di mettere in pratica, in modo funzionale, questa modalità relazionale – separazione personale/mantenimento del piano genitoriale – sono l’ambito di studio di innumerevoli contributi che, nel tradursi in “contributi all’attività di analisi del Giudice”, si sono estremizzati sulla maggiore o minore attendibilità della cosiddetta teoria di Gardner sulla Sindrome di alienazione genitoriale (Pas). Le critiche prevalenti rivolte alla Pas come fenomeno comportamentale, non negano la realtà di questi meccanismi relazionali ma, si incentrano sulla atecnicità del termine “sindrome” preferendo definirla Alienazione parentale (Ap): nessuna critica può però negare come le caratteristiche distruttive - del rapporto tra un figlio ed il suo genitore, tipiche del sistema familiare che si instaura a seguito della dinamica di immotivata alienazione di un genitore - non esistano e non siano di grave danno alla crescita del minore.

L’analisi dell’esistenza di un “modo di fare” di un genitore che, al termine di una relazione con l’altro, non riesca a vivere l’aspetto genitoriale come un «collaborare con il padre o la madre del figlio comune», costituisce, con certezza, il punto di caduta del corretto esercizio della responsabilità genitoriale, tanto da poter portare il giudice del processo separativo, una volta accertatala, a disporre l’affidamento esclusivo in capo al genitore - non ostativo - della figura dell’altro, prevedendo poi delle modalità di esercizio delle visite e degli incontri tra il genitore “non adeguato” ed il minore che tutelino, quest’ultimo, da ogni ulteriore attività di “disturbo”.

Il superamento definitivo di ogni incertezza interpretativa in ordine alla gravità di un comportamento genitoriale - che sia di oggettivo ostacolo alla libera e serena fruizione della figura dell’altro genitore da parte del figlio in comune - lo si deve alla sentenza della prima sezione civile della Cassazione la n. 6919 (Relatore Lamorgese) del 8 aprile 2016 che, nell’affrontare l’analisi degli aspetti rilevanti della alienazione genitoriale, ha dettato un principio di diritto che è ormai pacifico e condiviso. Con la sentenza richiamata, infatti, l’alienazione genitoriale viene riconosciuta dalla giurisdizione come vero e proprio elemento ostativo alla “piena idoneità genitoriale” per mancanza della capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali, con l’altro genitore.

Più semplicemente, «l’assenza di collaborazione tra i genitori in conflitto e, talora, l’atteggiamento ostile (da dimostrare nel caso concreto) del genitore collocatario, nei confronti dell’altro genitore, che impedisca di fatto al minore di frequentarlo comporta» - ed è questo il profilo di diritto che più chiaramente ed in modo assorbente mette la parola fine alla commistione, con il tema processuale, di tutte le controversie scientifiche circa il ruolo del termine “sindrome” come malattia riconosciuta o meno - «una grave violazione del diritto del figlio al rispetto della vita familiare e non dispensa le autorità nazionali, dall’obbligo di ricercare ogni mezzo efficace al fine di garantire il diritto del minore di frequentare, adeguatamente e tempestivamente, entrambi i genitori».

La Corte, nel chiarire l’importanza della responsabilità genitoriale che impone ad entrambi i genitori un “fare” costruttivo per il figlio, si spinge a sancire espressamente il seguente principio di diritto . «in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale o materiale del figlio da se - indicanti come significativi di una Pas (sindrome di alienazione parentale) ai fini della modifica delle modalità di affidamento - il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità, in fatto, dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, e a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto di validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale, rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità ed alla crescita equilibrata e serena».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©