Il principio della ragione più liquida
Non prevale sulle regole poste dalla Costituzione il principio della «ragione più liquida»; il principio, cioè, che consente al giudice di decidere la causa in base alla questione assorbente di più agevole e rapido esame, anche se logicamente subordinata alle altre. È quanto emerge da un'ordinanza del Tribunale di Vercelli (giudice Carlo Bianconi) dello scorso 9 maggio.
Le parti in lite si erano separate nel 2015 in base a conclusioni congiunte. L'accordo prevedeva che il marito avrebbe versato al coniuge tutte le spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli. Successivamente la donna aveva notificato al marito un precetto, con cui chiedeva il rimborso degli importi pagati per bisogni straordinari. L'uomo ha quindi presentato opposizione a precetto (articolo 615 del Codice di proceduta civile), eccependo di aver già pagato quanto dovuto.
Nel decidere la controversia, il Tribunale osserva che la competenza spetta al giudice di pace nelle opposizioni all'esecuzione con richieste inferiori a 5.000 euro, quando il titolo esecutivo è costituito da provvedimento pronunciato in materia di separazione dei coniugi. Nel caso in esame, la moglie aveva chiesto 1.700 euro; di conseguenza - così conclude l'ordinanza -, la competenza spetta al giudice di pace, davanti al quale le parti dovranno riassumere la causa.
Il Tribunale afferma che, comunque, emergono «perplessità sulla legittimità del precetto». Secondo la Cassazione, infatti, se il coniuge separato non paga le spese straordinarie, l'altro deve iniziare un giudizio di cognizione che accerti il diritto al rimborso e quindi determini l'entità dei suoi esborsi. Il che non è avvenuto nel caso in esame, giacché la moglie ha notificato il precetto in mancanza di una pronuncia di cognizione. Questo rilievo potrebbe giustificare il superamento della questione di competenza e quindi l'accoglimento del merito dell'opposizione. Ciò «costituirebbe - si legge nell'ordinanza - massimo ossequio al principio della ragione più liquida»; infatti, si sceglierebbe la soluzione più idonea «sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello tradizionale della coerenza logico-sistematica», preferendosi il «profilo dell'evidenza a quello dell'ordine di trattazione delle questioni di cui all'articolo 276 del Codice di procedura civile».
Tuttavia, il principio in questione non può essere applicato quando sono in gioco «indefettibili presìdi processuali» di rilievo costituzionale. Come quello del giudice naturale, da cui nessuno può essere distolto (articolo 25 della Costituzione). Infatti, l'interesse di ogni cittadino a essere giudicato dal giudice precostituito per legge, «a monte e indipendentemente dall'esito del relativo giudizio», è «ancora oggi da ritenersi evidentemente sovraordinato rispetto a ogni esigenza di “velocizzazione” del processo civile».
Peraltro, nel caso in esame, la ragione più liquida (quella di merito, relativa alla fondatezza dell'opposizione) «militerebbe a sostegno di una parte processuale diversa e soprattutto contrapposta a quella che ha interesse all'eccezione pregiudiziale di rito». Il che determinerebbe «l'inammissibile pregiudizio del diritto di difesa dell'opposta (articolo 24 Costituzione)», che non potrebbe beneficiare delle particolarità del rito innanzi al giudice di pace.
Tribunale di Vercelli - Ordinanza 9 maggio 2016