Il Tribunale di Milano, contrariamente a quanto prevede la Cassazione, esclude la prorogatio dei sindaci in caso di dimissioni
Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale milanese ha ad oggetto l'efficacia delle dimissioni del Sindaco Unico di società a responsabilità limitata.
Il provvedimento del Tribunale milanese
Con ordinanza in data 14 gennaio 2021 il Tribunale di Milano, Sezione specializzata in materia di impresa rileva che "(d)eve condividersi l'orientamento per il quale l'istituto della prorogatio non opera per i Sindaci, non essendo prevista da alcuna specifica norma, orientamento costantemente seguito dal Registro delle imprese di Milano con conseguente iscrizione d'ufficio ex art. 2190 cc della cessazione dei Sindaci dalla carica per dimissioni una volta che le stesse siano state comunicate alla società e che questa sia rimasta inerte quanto alla loro sostituzione".
Alcune premesse di inquadramento della questione giuridica
Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale milanese ha ad oggetto l'efficacia delle dimissioni del Sindaco Unico di società a responsabilità limitata.
Giova in primis svolgere una premessa metodologiche per una corretta lettura di questo breve intervento. Le considerazioni che seguono sono principalmente riferite al Collegio Sindacale con esplicito riferimento a società per azioni, anche aperte, che adottano un modello tradizionale. Consapevoli però delle ulteriori riflessioni da approntare mutatis mutandis – non certamente in questa sede - per i sistemi alternativi di gestione, per le S.r.l. e per le società in cui vi sono membri dell'organo di controllo di nomina diretta dello Stato o di ente pubblico.
Il problema giuridico a monte si pone rispetto alla corretta individuazione del periodo temporale in cui uno o più membri dell'organo possano essere considerati ‘in carica'; il che con le ovvie ricadute sia in termini di responsabilità degli uscenti o dei subentranti (laddove in tale lasso temporale si verificasse un evento dannoso foriero di responsabilità per l'organo di controllo), sia in termini organizzativi. Nello specifico la questione riguarda la modalità di sostituzione dei sindaci nel caso di dimissioni, se del caso attraverso l'applicabilità dell'istituto della prorogatio, a seguito della rinunzia di alcuni (o tutti) membri del collegio sindacale (o meglio dell'organo di controllo).
La tematica, sebbene in misura (almeno temporalmente) ridotta, si potrebbe porre non solo nell'ipotesi in cui il numero di dimissionari non rende possibile la completabilità del collegio (art. 2401, ultimo comma, c.c.), ma anche nel diverso caso di completabilità del collegio con i supplenti, anche perchè non è da sottovalutare che anche questi ultimi potrebbero a loro volta rassegnare le proprie dimissioni.
Supplenza, tra l'altro, da escludersi nel caso di Sindaco Unico, come meglio si dirà infra.
Gli orientamenti pre e post riforma della giurisprudenza
L'attenzione della giurisprudenza pre-riforma delle società di capitali del 2003 si era sostanzialmente divisa su due contrapposti filoni interpretativi.
Parte della giurisprudenza aveva, infatti, ritenuto applicabile analogicamente per i sindaci l'istituto della prorogatio a seguito della rinunzia da parte degli stessi (Trib. Roma, 27 aprile 1998), talvolta anche ritenendo il regime di prorogatio come un regime di carattere generale (Trib. Verona, 5 maggio 1988; Trib. Milano, 2 febbraio 2000), a volte ipotizzando una sorta di prorogatio in re ipsa (Cass. Civ., 18 gennaio 2005, n. 941; Cass. Civ., 9 ottobre 1986, n. 5928).
Anche la giurisprudenza contraria si connotava per sfumature diverse.
Vi era giurisprudenza che negava tout court l'applicabilità dell'istituto (App. Bologna, 18 maggio 19880), altra che negava l'applicabilità dell'istituto per i sindaci dimissionari per giusta causa (Trib. Milano, 26 aprile 1983) ed altra ancora che escludeva l'applicazione analogica sulla base della sostanziale differenza tra organo amministrativo e di controllo (Trib. Monza, 26 aprile 2001; nel medesimo senso anche: App. Bologna, 15 aprile 1988; Pret. Milano, 15 febbraio 1978 e Trib. Palermo, 6 giugno 1962).
La riforma interveniva soltanto sull'art. 2400 c.c. in tema di cessazione dei sindaci per scadenza del termine, aggiungendo al comma 1, ultima parte, la locuzione "ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito", ovvero estendendo per tale ipotesi l'istituto della prorogatio ai sindaci, analogamente a quanto previsto per gli amministratori dall'art. 2385, comma 2, c.c. Tanto non veniva previsto, invece, per le ipotesi di morte, rinunzia e decadenza disciplinate dall'art. 2401 c.c.
E così il tema dell'applicabilità della prorogatio per tali ipotesi sembrava superato.
Tuttavia, anche il post-riforma si continua a connotare per una giurisprudenza quanto mai ondivaga.
Secondo certa giurisprudenza, basata su diversi percorsi motivazionali, la prorogatio non è applicabile in caso di dimissioni dei sindaci (Trib. Napoli, 27 maggio 2019; Trib. Firenze, 14 luglio 2018, n. 20170; Trib. Milano, 22 dicembre 2016, n. 14062 che rimanda ad altro provvedimento del Giudice del Registro in data 27 settembre 2011; Trib. Bari, 2 febbraio 2013; Trib. Latina, 4 ottobre 2012, n. 779; Trib. Milano, 2 agosto 2010 (decr.); Trib. Napoli, 15 ottobre 2009; Cass. Civ., 18 gennaio 2005, n. 941).
Secondo altra giurisprudenza, e soprattutto secondo gli ultimi approdi della Corte di Cassazione, si applicherebbe l'istituto della prorogatio alle dimissioni dei sindaci (Cass. Civ., 15 novembre 2019, n. 29719; Cass. Civ. 12 aprile 2017, n. 9416; Trib. Roma, Giudice del Registro, 4 luglio 2016, n. 5492 (decr.); Trib. Catania, 13 novembre 2014 (ord.); Trib. Roma, 21 luglio 2014; Trib. Napoli, 4 dicembre 2013; Cass. civ., 4 maggio 2012, n. 6788; Trib. Milano, 3 febbraio 2010, n. 1385; Trib. Mantova, 25 luglio 2009, (ord.)).
Brevi riflessioni
Il Tribunale di Milano, ora, con soluzione che condividiamo, nega l'applicazione della prorogatio sulla base in primis di un'interpretazione squisitamente testuale della norma.
Ricordiamo infatti che l'intervento normativo della riforma delle società del 2003 è stato limitato all'art. 2400 c.c. in tema di cessazione dei sindaci per scadenza del termine, aggiungendo al comma 1, ultima parte, la locuzione "ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito", ovvero estendendo, solo per tale ipotesi, l'istituto della prorogatio ai sindaci, analogamente a quanto previsto per gli amministratori dall'art. 2385, comma 2, c.c.
E' noto inoltre che il superamento dell'interpretazione letterale surriferita è stato principalmente sostenuto, sulla scorta della teorizzazione di una sorta di principio generale di continuità dell'organo di controllo e che proprio l'istituto della supplenza sarebbe un elemento che renderebbe evidenza di una siffatta esigenza di continuità.
Orbene, tale argomentazione, a nostro avviso, cade dinanzi già all'evidenza che nel caso di Sindaco Unico – come nella fattispecie de qua - non è previsa la figura del supplente, come emerge dall'art. 2477, comma 1, c.c. e come conferma il Ministero dello Sviluppo Economico (Parere n. 0180772, 28 agosto 2012, nel quale si esclude che il Registro delle imprese possa iscrivere la nomina di un supplente in caso di adozione da parte della S.r.l. del sistema di controllo interno monocratico).
Inoltre, sempre a nostro sommesso avviso, non pare sostenibile – seppure vi siano opinioni di segno contrario anche in giurisprudenza (si veda ex multis Cass. Civ., 15 novembre 2019, n. 29719) – un principio generale di continuità dell'organo di controllo posto che, come argomentato dalla sentenza in commento, il Registro delle imprese ritenendo iscrivibile le dimissioni del Sindaco Unico dalla data di comunicazione alla società, implicitamente riconosce la possibilità che l'organo possa andare incontro ad un periodo di vacatio.
Inoltre, sempre a nostro sommesso avviso, non pare sostenibile – seppure vi siano opinioni di segno contrario anche in giurisprudenza (si veda ex multis Cass. Civ., 15 novembre 2019, n. 29719) – un principio generale di continuità dell'organo di controllo posto che, come argomentato dalla sentenza in commento, il Registro delle imprese ritenendo iscrivibile le dimissioni del Sindaco Unico dalla data di comunicazione alla società, implicitamente riconosce la possibilità che l'organo possa andare incontro ad un periodo di vacatio.
L'invalidità potrebbe comunque comportare un effetto per certi versi equipollente con un'estensione della responsabilità del dimissionario anche per quelle condotte che, in mancanza di dimissioni abusive, avrebbe potuto limitare o mitigare. Il tutto con l'ulteriore vantaggio di poter anche tutelare gli eventuali supplenti in buona fede che, ‘catapultati' in situazioni patologiche in itinere, ben difficilmente potrebbero rimediare ad esse.
*a cura dell'avv. Daniele Iorio Partner, Cdra Comandè Di Nola Restuccia & Associati